Comunità. Un dono reciproco e condiviso
di Nunzio Galantino
In maniera decisa, D. Bonhoeffer afferma che la comunità non è il «sanatorio dello spirito» (La vita comune). ll teologo luterano sta parlando della comunità religiosa. Ma quanto egli afferma vale per qualsiasi forma di comunità; anche morale, politica o culturale. È sempre un organismo molto complesso, come testimonia la derivazione etimologica della parola comunità; dal latino communitas, composta da cum (insieme) e da munus, che è obbligo, ma anche dono, favore, offerta.
Si può dire allora che, in un primo senso, la comunità è un insieme di persone che si raccolgono intorno a un onere/compito, vissuto come dono reciproco e condiviso. In essa, il singolo gode di una rete di protezione e di una serie di aiuti per sviluppare la propria identità; senza un eccesso di vicinanza che ritarda o annulla il diritto alla distanza. A questo proposito, l’antropologo Helmutt Plessner afferma che «La comunità deve seguire il ritmo della danza, che è l’ethos della grazia, in cui tutto si gioca sul delicato equilibrio tra l’avvicinamento discreto e l’allontanamento sensibile».
La comunità vive quindi di un delicatissimo equilibrio tra le esigenze della persona e quelle della comunità. Vi sono infatti momenti in cui il carattere generativo che caratterizza ogni vera comunità deve farle accettare la migrazione delle persone che la compongono verso nuove esperienze ed altre identità. Per evitare che la comunità si trasformi in luogo-rifugio e firmi la propria rovina, certificata dall’appiattimento di aspirazioni, qualità, emozioni e intoccabili interiorità. (…)
in “Il Sole 24 Ore” del 8 agosto 2021
Avvicinamento discreto e allontanamento sensibile
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