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![](/images/2014/12_dicembre/strada_fine_luna_resized.jpg)
"Poiché siamo viaggiatori e pellegrini nel mondo,
meditiamo sempre sulla fine della strada,
che è quella della nostra vita.
Perché la fine della nostra strada
è la nostra casa".
san Colombano, VII sermone
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![](/images/2014/12_dicembre/laghetto_specchio_Rob_Gonsalves_resized.jpg)
Le cose sembrano andare in un certo modo che procura diffidenza, disfattismo, sfiducia, senso di inutilità: non ci si deve fermare qui, Dio è capace di rovesciare la situazione della tua vita così come ha rovesciato la situazione, il giudizio umano della vita di Gesù. Notate l'importanza di questo principio se applichiamo a tante pagine del Vangelo di Luca: "Beati i poveri... beati voi perseguitati... beati voi che piangete...". Il Signore viene per rovesciare le apparenze umane, per rovesciare realtà di ingiustizia, di sofferenza e per creare una nuova possibilità di esistenza nelle cose che apparentemente ci schiacciano. Viene per donare lo spazio di un mondo nuovo in queste realtà la cui considerazione ci sembrerebbe soffocante e rivoltante, viene per creare nel mio interno, a partire da me, dalla mia comunità un rovesciamento di valori che dà una nuova speranza di esistenza.
Carlo Maria Martini, L'evangelizzatore in San Luca, 57-58
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"Chi ha visto me ha visto il Padre"
(vangelo di Giovanni, 12,45)
![](/images/2014/12_dicembre/Ges_selfie_resized.jpg)
traduzione del testo dell'immagine:
Gesù è il "selfie" di Dio
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![](/images/2014/12_dicembre/Presepe di pietra-38_resized.jpg)
il Grande dell'universo:
è avvolto tutto in fasce, ben protetto.
Dorme nel caldo abbraccio di Suo Padre trattenuto dalle mani di Sua Madre;
Gesù ha, come i suoi genitori, solo le manine scoperte, mani di neonato;
lungo tutti i giorni della sua vita,
saranno mani di benedizioni, di guarigioni, anche trapassate dai chiodi.
![](/images/2014/12_dicembre/Presepe di pietra-36_resized.jpg)
Verbo della vita
renditi visibile e tangibile nella nostra vita quotidiana;
fatti riconoscere nel prossimo che ci sta accanto;
accogli la nostra semplice preghiera;
accoglici con tutte le nostre fragilità
perché possiamo sperimentare che Tu
ti sei fatto Dono
per noi.
Gruppo Famiglie - Lurago Marinone
foto di Fabrizio Pisoni
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![](/images/2014/12_dicembre/sacra famiglia_resized.jpg)
è seduta;
con queste vesti tra il semplice e il regale quale donna è,
molto curata e ordinata;
un viso estremamente dolce, disteso;
un viso estremamente dolce, disteso;
ha le mani appoggiate sulle ginocchia,
sembra stia ringraziando Dio Padre,
quasi a prendere coscienza del Grande Dono che si è compiuto in lei;
con i palmi e le braccia rivolti verso l'alto,
tutta accoglienza.
![](/images/2014/12_dicembre/sacra famiglia-4_resized.jpg)
Maria,
insegnaci a riconoscere e ad accettare
il primato dell’iniziativa di Dio sul nostro essere e fare;
aiutaci ad ascoltare con fede e docilità la Parola di Dio;
diventa per noi veicolo di comunione e unità;
sostieni la speranza nel Regno possibile.
![](/images/2014/12_dicembre/sacra famiglia-3_resized.jpg)
dona anche a noi la capacità di sentirci amati da Dio
per poter amare con la stessa intensità i nostri fratelli.
Gruppo Famiglie - Lurago Marinone
foto di Fabrizio Pisoni
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![](/images/2014/12_dicembre/DSC_3800_piccola_resized.jpg)
che è corso a vedere da dove proveniva quella luce:
lo hanno chiamato in francese "le ravi", "il rapito", estasiato.
Che grandi pupille!
Che mani immobili e adoranti!
Non ha occhi che per questa scena,
non ha altre energie che per stare lì,
allo stesso tempo fermo e fremente di energia.
![](/images/2014/12_dicembre/DSC_3802_piccola_resized.jpg)
Lasciamo un po' di posto
anche al piccolo pastorello che contempla.
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![](/images/2014/12_dicembre/Presepe di pietra-31_resized.jpg)
Inginocchiato, con una postura usata più in oriente che in occidente;
E' ordinato in questa veste verde oliva, è il colore della terra a cui si sente legato, nella sua dimensione completamente umana.
Tiene le mani in grembo, sono mani grandi, mani che lavorano;
Sembra quasi stia facendo yoga. E' un orante davanti a Gesù.
Ha lo sguardo abbassato, gli occhi chiusi: è un uomo che docilmente ha accolto nella sua famiglia tutta la Grazia del Padre, prima incarnata nel corpo della sua sposa, poi fatta carne in suo figlio;
Non dorme, sta vegliando.
![](/images/2014/12_dicembre/Presepe di pietra-18_resized.jpg)
![](/images/2014/12_dicembre/Presepe di pietra-18_resized.jpg)
Giuseppe,
sul tuo esempio vogliamo anche noi fidarci di Dio per godere di una gioia piena.
Tu, che con semplicità hai creduto,
aiutaci a non essere scettici e indifferenti.
Fai in modo che tutte le complicazioni che talora ci confondono,
non ci facciano dimenticare che credere
è in fondo un gesto semplice, un gesto del cuore.
Ricordaci in ogni istante che iI Signore è di tutti,
è ricco di amore verso tutti quelli che lo cercano,
anche verso coloro che non sanno di cercarlo».
Gruppo Famiglie - Lurago Marinone
foto di Fabrizio Pisoni
![](/images/2014/12_dicembre/Presepe di pietra-33_resized.jpg)
foto di Fabrizio Pisoni
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![](/images/2014/12_dicembre/bambina_attesa_resized.jpg)
(da "Il KolbeVole", giornalino dell'oratorio-CAG della parrocchia Kolbe di Varese)
Di solito sbagliavo la data del Natale
Quando ero piccolo (perché anch’io sono stato piccolo!) quasi ogni anno sbagliavo la data del Natale.
In che senso?!
Io sapevo bene che Natale è il 25 dicembre e che ogni anno cambia il giorno della settimana (il lunedì o il mercoledì o il venerdì…). Ma l’attesa nella mente e nel cuore era talmente grande che in una delle notti che precedevano il Natale io sognavo che era arrivato Gesù Bambino a portarmi i regali; il sogno era così “reale” che quando mi svegliavo correvo in salotto a cercare i miei regali vicino al presepe… ma non era il giorno giusto!
E che giorno era?!
Magari era il 24 o il 23 dicembre!
E cosa dicevano i tuoi genitori?
Beh, mi conoscevano e ormai lo sapevano che facevo così! E quel mattino dovevano occupare un bel po’ di tempo per convincermi che non era ancora Natale e che avrei dovuto aspettare ancora uno o più giorni, una o più notti. Io - testone! - mi arrabbiavo perché pensavo che mi prendessero in giro e facevo la faccia scura dicendo che non era giusto che mancassero ancora tante ore a Natale… ecc. ecc. Ero un bel “rompino” e lo sono ancora!
Spiegaci perché eri così agitato nell’attesa del 25 dicembre.
Devo essere sincero sincero?! Era perché aspettavo dei regaloni a Natale! Nella mia famiglia i regali si facevano solo in occasione dei compleanni o degli onomastici; oppure la calza della Befana con le caramelle e il carbone di zucchero; anche la mattina del 7 dicembre trovavamo un regalino portato da sant’Ambrogio. Ma i regali grandi erano proprio a Natale! E io li desideravo talmente tanto, che me li sognavo di notte! Oppure svegliavo i miei la mattina di Natale prestissimo: non ce la facevo a restare nel letto ad aspettare fino al mattino!
E tuo fratello cosa faceva quando tu ti svegliavi?
Lui era meno agitato di me e avrebbe dormito un po’ di più, ma quando vedeva i regali era felicissimo anche lui e giocavamo insieme!
Ma a voi due di Gesù Bambino non importava nulla?!
Certo che sì! La notte del 24 dicembre preparavamo la tazza del latte caldo coi biscotti morbidi, così Gesù Bambino poteva scaldarsi un po’ nel giro notturno nelle case di tutti! Poi al mattino, rigorosamente prima di aprire i regali, dicevamo
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di Tomaso Montanari
«Nella prima cappella della chiesa di Sant’Agostino, alla man manca, [Caravaggio] fece una Madonna di Loreto, ritratta dal naturale con due pellegrini, uno co’ piedi fangosi, e l’altra con una cuffia sdrucita e sudicia. E per queste leggierezze in riguardo delle parti che una gran pittura aver deve, da’ popolani ne fu fatto estremo schiamazzo».
(...) Apprendiamo che si tratta di una Madonna di Loreto. Cioè di una Madonna rappresentata nella casa di Nazareth, che una leggenda vuole sia stata portata a Loreto, nelle Marche, da un volo d'angeli.
Caravaggio fa una scelta rivoluzionaria: Maria abita in una vera casa. Una povera casa senza tempo.
E si finge che il muro comune e attuale, con i mattoni bene in vista sotto l’intonaco cadente, sia proprio quello che accolse Gesù al ritorno dalla fuga in Egitto.
I due poveracci in abiti moderni sono invece due contemporanei di Caravaggio: due che arrivano a Loreto a piedi scalzi e in ginocchio, trascinandosi fino alla veneratissima soglia. La realtà e la visione si confondono. La Vergine stessa – che i fedeli hanno sempre chiamato ianua coeli, porta del cielo – è la porta che mette in contatto il Cielo e la Terra, il divino e l’umano, il passato e il presente. (...)
Baglione ci dice che Caravaggio aveva ritratto la Vergine «dal naturale», cioè che aveva impiegato una modella in carne ed ossa (una giovane vicina di casa, secondo un altro biografo; probabilmente una donna di cui era innamorato), abbattendo, in modo inaudito, il confine tra una storia sacra e un ritratto. E infatti tutti riconoscevano la modella, il che provocò un certo scandalo: anzi un «estremo schiamazzo».
Ma lo stile realistico è messo al servizio di una potente illusione: guardando il quadro è fortissima la sensazione che questa Mamma speciale stia uscendo proprio ora, venga incontro proprio a me. (...)
[Michelangelo Merisi da Caravaggio, Madonna dei Pellegrini, 1603-05. Roma, Chiesa di Sant’Agostino, Cappella Cavalletti]
in “il Fatto Quotidiano” del 11 agosto 2014
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... e con esso l'annuncio di BUONE NOTIZIE inattese!
don Chisciotte Mc
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2014/12/17/0968/02096.html
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... e con esso le stragi degli innocenti,
di ogni tempo e di ogni latitudine.
don Chisciotte Mc
![](/images/2014/12_dicembre/141216_strage_studenti_Repubblica_resized.JPG)
![](/images/2014/12_dicembre/141216_madri_pianto_resized.JPG)
![](/images/2014/12_dicembre/141216_madri_pianto_morto_resized.jpg)
![](/images/2014/12_dicembre/141216_madri_pianto_morto_resized.jpg)
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Mi hanno rubato l'idea del regalo per il compleanno di papa Francesco!
Auguri e preghiere!
don Chisciotte
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![](/images/2014/12_dicembre/mondo_abbraccio_resized.png)
«O Signore, da’ a questi tuoi ministri un cuore puro, capace di amare Te solo con la pienezza, con la gioia, con la profondità che Tu solo puoi dare […]; un cuore puro, che non conosca il male, se non per definirlo, combatterlo e fuggirlo; un cuore puro, come quello di un fanciullo, capace di entusiasmarsi e di trepidare.
O Signore, da’ a questi tuoi ministri un cuore grande, aperto ai tuoi pensieri e chiuso ad ogni meschina ambizione, ad ogni miserabile competizione umana; un cuore grande, capace di uguagliarsi al tuo e di contenere le proporzioni della Chiesa, le proporzioni del mondo, capace di tutti amare, di tutti servire, di tutti essere interprete. Un cuore forte, pronto e disposto a sostenere ogni difficoltà, ogni tentazione, ogni debolezza, ogni noia, ogni stanchezza, e che sappia con costanza, con assiduità, con eroismo servire il ministero che Tu affidi a questi tuoi figli fatti identici a Te. Un cuore, insomma, o Signore, capace veramente di amare, cioè di comprendere, di accogliere, di servire, di sacrificarsi, di essere beato nel palpitare dei tuoi sentimenti e dei tuoi pensieri. […] Perché di questo ha bisogno il mondo: di chi, per salvarli, ami come Cristo li ami».
card. Giovanni Battista Montini, omelia alle ordinazioni presbiterali, 28.06.1957
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di Giovannino Guareschi
«La verità non si insegna; bisogna scoprirla, conquistarla.
Pensare, farsi una coscienza. Non cercare uno che pensi per voi, che vi insegni come-dovete essere liberi.
Qui si vedono gli effetti: dagli effetti risalire alle cause, individuare il male.
Strapparsi dalla massa, dal pensiero collettivo, come una pietra dall'acciottolato,
ritrovare in se stessi l'individuo, la coscienza personale.
Impostare il problema morale.
Domani, appena toccherete col piede la vostra terra
troverete uno che vi insegnerà la verità,
poi un secondo che vorrà insegnarvela,
poi un terzo, un quarto, un quinto
che vorranno tutti insegnarvi la verità in termini diversi, spesso contrastanti.
Bisogna prepararsi qui, "liberarsi" qui in prigionia,
per non rimanere prigionieri del primo che v'aspetta alla stazione, o del secondo o del terzo.
Ma passare ogni parola loro al vaglio della propria coscienza e, dalle individuate falsità d'ognuno, scoprire la verità».
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![](/images/2014/12_dicembre/Lego_incrociati_resized.jpg)
"Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta». Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose»".
Vangelo secondo Matteo 21,23-27 - messa ambrosiana di oggi
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«Non poche donne moderne criticano la Chiesa in quanto potere maschile, le parole chiave sono: invisibilità delle donne e legame tra donna e peccato. Cosa ne pensa lei, che ha lavorato e vissuto per tutta la vita con la Bibbia?
In questo discorso la Bibbia può essere d'aiuto, per quanto alcune colleghe e colleghi fondino il rimprovero femminista anche sul testo biblico. Essendo stato scritto da uomini, affermano, il racconto pone gli uomini in primo piano, le donne sullo sfondo. È vero, erano altri tempi. Eppure nella Bibbia le donne meritano più attenzione che in passato: occorre una grande e scrupolosa attenzione per apprezzarne le tracce. In effetti sono stati commessi errori, probabilmente da uomini, per esempio quando Maria di Magdala viene degradata a peccatrice o prostituta, sebbene nel testo non figuri nulla di tutto questo. Una peccatrice di cui non conosciamo il nome bagna i piedi di Gesù con le sue lacrime, li bacia e li cosparge di olio profumato. Non è Maria di Magdala. Farne una peccatrice non è giustificato. Era senz'altro affetta da un male o da un disturbo psichico, posseduta da sette demoni, si diceva nel linguaggio biblico. Gesù l'ha guarita e ne è nato un rapporto profondo tra loro.
Incontriamo Maria di Magdala nella più ristretta cerchia delle donne intorno a Gesù. Lei gli resta fedele sotto la croce insieme a sua madre; è la prima persona a incontrare Gesù risuscitato, che le si rivolge chiamandola per nome, Miriam, e lei gli risponde con affetto e riverenza: «Rabbunì». Un appellativo ancora più confidenziale di rabbi, maestro. È un rapporto di amore, pieno di bellezza e di fedeltà, una relazione che guarisce e rafforza, che illumina ed è aperta alla comunità, in cui Maria di Magdala divenne una figura centrale dopo l'ascensione in cielo di Gesù. Posso comprendere che
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![](/images/2014/12_dicembre/panorama_due_insieme_resized.jpg)
"Non c'è gioia più grande
che conoscere qualcuno che vede lo stesso mondo che vediamo noi».
Christian Bobin, La dame blanche, 108
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![](/images/2014/12_dicembre/volto_facce_resized.jpg)
Un Vescovo giunto alla pensione, si congedava dai suoi fedeli.
Vedendoli piangere a dirotto, cercava di consolarli:
«Non piangete! State tranquilli, sicuramente il mio successore sarà migliore di me».
Ma quelli continuavano a disperarsi.
«Smettetela di piangere! Vi ho detto che chi verrà farà meglio».
E quelli, singhiozzando: «Anche il vescovo prima di lei, andandosene, ci aveva detto la stessa cosa!».
grazie a don Luigi Pisoni
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![](/images/2014/12_dicembre/pistola_mano_anonima_resized.jpg)
alla denuncia contro la mafia.
Facciamo in modo che nessuno resti solo:
chi è solo può essere colpito.
Che ci ammazzino tutti:
preti, suore, Azione Cattolica...
Ma credete davvero che la mafia abbia tanto piombo?!».
padre Bartolomeo Sorge, Locri, marzo 1990
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![](/images/2014/12_dicembre/casa_albero_Rob_Gonsalves_resized.jpg)
altrimenti le nostre comunità saranno soltanto le notaie dello status quo
e non le sentinelle profetiche che annunciano cieli nuovi e terra nuova».
mons. Tonino Bello
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![](/images/2014/12_dicembre/cotta_pizzo_resized.jpg)
di Roberto Beretta
Recenti cronache, anche legate a «fattacci» relativi alla Chiesa, mi danno l'occasione di notare un curioso fenomeno di «collezionismo ecclesiastico», che a mio parere mostra qualche implicazione sospetta.
Mi riferisco ai prelati - ahimé, quasi tutti di provenienza assai conservatrice - che fanno sfoggio di preziosità d'abbigliamento liturgico o anche solo canonico a dir poco desuete. Apprendo appunto dai giornali del cardinale che fa collezione di tricorni e del presule che per i suoi seminaristi pretende scarpe con fibbia d'argento, e le fa confezionare da un apposito calzolaio romano. Vedo foto di chierici piuttosto adulti addobbati con cotte riccamente ricamate, tutti pizzi e merletti (e con le mani devotamente giunte come nelle immaginette della prima comunione di qualche decennio fa). Leggo di un vescovo che si presenta all'altare con soffici babbucce ricamate d'ori, in studiato accostamento con preziosi guanti ante-concilio. Mi ha colpito soprattutto l'immagine di un vescovo che - oggi, Italia, 2014 - distribuisce la comunione sovrastato da un ombrello-baldacchino retto da una sorta di «cameriere liturgico» (non saprei come altro chiamarlo...) in marsina nera e farfallino bianco (sic!).
Non ho nulla contro il recupero e la valorizzazione degli oggetti del passato, anzi sono io stesso un perverso cultore di anticaglie. Però non posso fare a meno di chiedermi se e quanto, nell'atteggiamento tradizionalista di tanti integralissimi difensori dello status quo dogmatico e anche liturgico, giochi un certo estetismo, una nostalgia un po' feticista per oggetti e indumenti che permettono inconsciamente di regredire verso il passato di un'infanzia felice: anche ecclesialmente parlando.
Mi concentro infatti non tanto sulla predilezione per oggetti cultuali antichi che conservano un oggettivo valore artistico in sé e testimoniano il perseguimento di una bellezza davvero ad maiorem Dei gloriam, solida e consona coi gusti del tempo. Mi riferisco piuttosto agli accessori, agli ammennicoli come quelli sopra citati - manipoli, bizzarri berretti, trine, pantofole... -, che testimoniano di una leziosità appunto estetizzante e non di rado (mi perdonino le signore, ma credo capiscano cosa voglio intendere) molto «femminile». (...)
Come è ovvio quando si fanno discorsi generali, ciò non significa che l'ipotesi vada applicata genericamente sempre e dovunque. Però la teoria mi sembra sufficientemente testimoniata da fatti concreti per almeno metterci in guardia dal rischio: quello che, dietro al recupero (persino meritorio) di gloriose e significative realtà del passato, si nasconda la tentazione di bamboleggiarsi nel rococò. E ciò tanto più nella liturgia, dove il linguaggio dell'immagine è sempre pronto a scivolare dalla dignità profonda del simbolo alla superficialità solo esteriore dell'apparenza.
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«Noi siamo fatti di questo:
siamo fatti di quelli che amiamo».
Christian Bobin, L'inespéré, 52
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![](/images/2014/12_dicembre/gatto_volpe_cieco_zoppo.jpg)
Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi.
E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!».
Mt 15,13-14
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BHOPAL - Era il 1984. La mezzanotte del 3 dicembre era appena passata, quando quaranta tonnellate di isoscianato di metile - utilizzato per produrre antiparassitari, annoverato tra i prodotti più tossici nel mercato chimico - fuoriuscirono dallo stabilimento della multinazionale statunitense che produceva un potente pesticida. Una nube urticante avvolse la città mentre dormiva. Oltre 3700 persone morirono all'istante, altre 16mila nelle settimane e negli anni successivi. Come poté accadere? Questioni di budget, probabilmente una decisa sforbiciata ai costi di manutenzione aveva abbassato i livelli di sicurezza. Le cause della fuga di gas non sono tuttora chiarissime, fatto sta che il disastro di Bhopal non è ancora finito. Ancora miete vittime, di seconda generazione. Bambini come Aadite, che quel maledetto giorno neanche erano stati concepiti, ma che hanno madri che quando li avevano in grembo bevevano acqua contaminata dalle scorie dello stabilimento distrutto.
Mai in tribunale: il risarcimento? 400 dollari. In tutto, le 500mila persone che nel 1984 respirarono i fumi hanno ricevuto una compensazione di 400 dollari dal colosso chimico Union Carbide. Ma sono migliaia quelli che hanno subito gli effetti successivi del disastro e non hanno visto un soldo. Alla vigilia di questo trentesimo anniversario cittadini e attivisti di Bhopal sono tornati a chiedere altri 1600 dollari per ogni sopravvissuto. Ma difficilmente verranno accontentati e avranno giustizia.
Mai nessuna bonifica. Così, mentre continua, senza troppo fervore, la disputa su chi dovrebbe smantellare i rifiuti tossici, lo scheletro della fabbrica è ancora lì come un cimelio minaccioso di una tragedia inconclusa.
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![](/images/2014/12_dicembre/frecce_bersaglio_resized.jpg)
Meglio così.
Non catturare nessuna preda.
Non far danno a nessuno
perché ciò che importa è il volo, la traiettoria, l'impulso,
il tratto d'aria percorso nel salire,
l'oscurità che si sgombra al conficcarsi vibrante».
José Emilio Pacheco