Un bel giro sulla tomba di san Colombano e al santuario del motociclista sul Monte Penice.

«Quando si è riusciti a dare un'unità alla propria giornata, questa acquista ordine e disciplina. E nella preghiera del mattino che bisogna cercare e trovare questa unità, e così potrà essere conservata nel lavoro. La preghiera del mattino decide della giornata. Il tempo sprecato, le tentazioni alle quali soccombiamo, la pigrizia e la mancanza di coraggio nel lavoro, il disordine e l'indisciplina dei nostri pensieri e delle nostre relazioni con gli altri, hanno molto spesso la loro origine nel fatto che si è negligenti nella preghiera del mattino».

Dietrich Bonhoeffer, Pregare i Salmi con Cristo, 114


Vacanza:

tempo in cui il tempo ha i suoi tempi;

luoghi contemplati nella loro sorprendente bellezza;

cibi mangiati col loro gusto;

parole assaporate nel loro senso;

affetti risollevati alla loro dolce dignità;

materia benedetta attraverso la sua santità;

lavoro riposante grondante il suo sudore.

Vita divina in terra,

sicut erat in principio, et nunc et semper.


don Chisciotte


«È significativo che nell'ebraico biblico le parole che designano le varie parti del corpo abbiano un primo significato letterale, cui se ne accompagna un secondo, latente, di carattere etico e spirituale. 'Ezem, "osso", è espresso attraverso una radice che indica anche "ciò che è proprio", "personale", e designa dunque l'autonomia del singolo, la sua indipendenza; rechem, "utero", indica anche la misericordia, la capacità di con-soffrire e di accogliere in sé la vita e la sofferenza di un altro; , "bocca", è utilizzato anche per designare il "comandamento", a dire che la bocca dell'uomo deve essere ispirata dalla parola di Dio. Insomma, secondo la visione biblica il corpo è il luogo di culto e di preghiera, il luogo in cui si vive appieno la relazione con Dio. Se l'ebreo prega dondolando il corpo, è per esprimere la sua partecipazione totale alla lode divina: "tutte le mie ossa fremono" (Sal 6,3). D'altra parte, è a questa stessa realtà che Paolo allude quando, rivolgendosi ai cristiani di Corinto, dice loro: "Non sapete che siete tempio di Dio?" (1Cor 3,16) e: "Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito santo?" (1Cor 6,19). Il corpo è un tabernacolo e ogni mattina l'ebreo, alzandosi, inizia le sue preghiere ringraziando Dio per il suo corpo, per la salute, per la buona disposizione degli orifizi del suo corpo4 e solo dopo rende grazie per l'anima che il Signore ha insufflato in lui e confessa la sua fede nel Dio che risuscita i corpi. Così ogni mattino viene ripetuto ritualmente il processo della creazione in Genesi: prima viene costituito il corpo (ecco dunque la benedizione per il corpo), quindi viene insufflato nel corpo il soffio di vita (ecco il ringraziamento per l'anima)».

Luciano Manicardi, Il corpo, 32-33

Gates, Schmidt e il tempo risucchiato in rete

Quando l'accesso diventa eccesso

Il troppo è troppo, anche per il mago dei computer: assillato dalle richieste di sconosciuti che volevano diventare suoi amici, Bill Gates si è ritirato da 'Facebook', la rete sociale più popolare, che pochi giorni fa ha superato i 250 milioni di iscritti. Ormai sono molte le persone che si sentono 'iper-irretiti', cioè ostaggi di Internet, in particolare dei social network. A questo punto conviene fare alcune considerazioni. In primo luogo la tecnologia della comunicazione penetra in profondità nelle nostre abitudini e nel modo stesso in cui vediamo il mondo. Ma la cosa più importante è che l'uso degli strumenti informatici comporta un investimento di tempo e poiché il tempo è una risorsa limitata e irrecuperabile dobbiamo decidere se vivere una vita reale, intessuta di rapporti umani, con tutti i problemi e le gioie che ciò comporta, oppure se rifugiarci nella virtualità facile e accattivante della Rete, che, moltiplicando le nostre identità possibili, ci dà l'illusione di essere uno e centomila. Poi la facilitazione dei rapporti comunicativi offerta dalla Rete comporta una sorta di assuefazione e una spinta compulsiva alla sfrenatezza cui è difficile sottrarsi. Basta pensare alle piccole crisi di astinenza che sperimentiamo quando per qualche ora non possiamo controllare la posta elettronica... Non voglio certo negare gli enormi vantaggi della comunicazione elettronica: immediatezza dello scambio, costo praticamente nullo, allargamento senza limiti del numero dei corrispondenti, per non parlare dell'accesso istantaneo al Web, la più vasta enciclopedia concepibile. Ma proprio questi benefici possono trasformarsi in svantaggi: la perdita dei filtri tradizionali, dovuti essenzialmente al costo, fa sì che chiunque possa esprimere qualunque cosa, dai pensieri più raffinati ai borborigmi mentali più inconsistenti: in rete il rumore di fondo è elevatissimo. In terzo luogo, le innovazioni si susseguono incalzanti e l'offerta supera di gran lunga la domanda, inducendo bisogni artificiali che subito diventano essenziali per poi, spesso, rivelarsi illusori e delusori, ma lasciando comunque una traccia e magari una nostalgia nelle abitudini quotidiane di vaste moltitudini. Ma gli entusiasmi che le innovazioni accendono sono sempre più marginali e, con l'uso prolungato, si trasformano in fiacche spinte gregarie e imitative. Vige infatti una sorta di legge di Weber e Fechner psicologica: per produrre lo stesso effetto lo stimolo deve crescere e quindi per appassionare i dispositivi devono essere sempre più mirabolanti, mentre le grandi invenzioni sono rare anche perché si susseguono piccoli miglioramenti incrementali e modeste variazioni sul tema che impediscono i grandi salti. Insomma se è vero che le reti sociali rappresentano un'importante conquista democratica e liberatoria, è anche vero che quando l'accesso si trasforma in eccesso esse diventano rapidamente tossiche. Anche Eric Schmidt, amministratore delegato di Google, esorta a spegnere computer e cellulari rinunciando alla comunicazione virtuale e dis­locata per riscoprire le persone che ci stanno accanto. Non bisogna tuttavia dimenticare che prima di convertirsi Bill Gates ed Eric Schmidt si sono immersi nella Rete fino al midollo. Secondo lo psicologo di Harvard George Vaillant, ciò che conta nella vita sono i rapporti con gli altri; ma spesso tali rapporti sono velenosi se non assenti: allora forse è meglio crearsi un'identità appagante e presentarsi (su Facebook) a una marea di 'amici' sconosciuti. Fino a capire, e a ricambiare orizzonte.

Avvenire, 29.07.09, p. 2

«Sento di poter osare, di dover osare, prima ancora di sapere se vi riuscirò. Non è giusto che m'impoverisca, tagliandomi fuori dalla realtà col pretesto di star meglio. Non son quaggiù per star bene, ma per crescere e divenire uomo. E se altri, con la scusa di darmi agi e tranquillità, mi rinchiude nella stretta prigione dei sensi e m'impedisce di pensare che c'è spazio oltre il mio passo breve, orizzonti oltre il mio sguardo, che la vita continua anche quando qualche cosa di mio si dissolve, che ci sto a fare quaggiù così addomesticato, anche se l'addomesticamento mi viene lautamente pagato? Che povera moneta di cambio! Ora, nella nostra religione (e questo mi par di capirlo proprio oggi, festa del Pane) oltre la dottrina, c'è qualcosa di afferrabile e di ineffabilmente sensibile che ci salva dalla tentazione di chiuderci nel materiale, con la scusa che, limitandoci, si conosce e si domina meglio la natura. L'eucaristia è il momento più efficace di questa educazione salutare dell'uomo, nei riguardi del mistero che ci circonda e ci preme. (...) Io non sono contento né di quello che faccio né di quello che vedo fare nel mondo. Vorrei mutarmi e mutare. Se mi ci provo, se mi metto contro per una ragione non d'interesse, ma di coscienza, quasi tutti mi giudicano un pazzo e mi suggeriscono di scavarmi una trincea per ripararmi dal fuoco divoratore dell'egoismo altrui».

Primo Mazzolari, Dietro la croce, 24-25

Un mito che non tramonta. Icona del pacifismo e della non violenza. Sessanta foto originali provenienti dal museo di Nuova Dehli. Per la prima volta in Italia, a Parma da mercoledì 29 luglio (fino al 31 agosto) alla biblioteca internazionale "Ilaria Alpi", la mostra sul Mahatma Gandhi organizzata dal console generale dell'India Sarvajit Chakravarti. "La mia vita è il mio messaggio" questo il titolo della rassegna.

Se un mezzo di comunicazione ha bisogno di tornare più volte sull'argomento per farsi capire dai suoi affezionati lettori, mi sa che non si è espresso molto bene. E visto che non siamo in pochi a non aver trovato sul quotidiano quanto era lecito aspettarsi (e che anche il direttore conferma)... non sottolineando abbastanza che oltre a trattare l'argomento, bisogna anche vedere come lo si è trattato!) credo che qualcosa di vero nelle nostre critiche ci sia. Se - alla luce di quanto scrive il direttore - quella era la volontà di Avvenire, ne sono contento. Ma la ricostruzione non mi pare completa. Comunque spero serva per essere più espliciti da oggi in avanti. E circa lo "spirito comunitario", non possiamo dimenticare ben altro stile da crociata (senza gioco di parole) su altre questioni. Non mi convince, direttore.


don Chisciotte


 Niente «silenzi di convenienza», parole appropriate

Caro Direttore,

è da un po' di giorni che sento tanta amarezza nel mio animo, amarezza che a volte sfocia in rabbia. Sono un sacerdote e vostro abbonato da tanti anni, ma da sempre compero quotidianamente il giornale Avvenire. Vi ringrazio di tutto quello che fate perché si combatta e non ci si adatti alla cultura corrente, di massa, di profondo egoismo e di banalità sconcertante che si estende e domina cuori e menti di tanti giovani. Vi ringrazio delle vostre battaglie su tantissimi temi. Ma sono deluso dal vostro atteggiamento circa quello che da settimane riempie alcuni giornali: la vita privata del presidente del Consiglio. Quale spazzatura, quale disgusto, quale miseria. Aveva ragione la moglie dicendo «Aiutatelo, è ammalato». E lui ora non nega lo squallore, ma lo indica come performance, come capacità, come virtù

La Parola di Dio di oggi: dal Vangelo secondo Luca (10, 13-14)

Gesù disse: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!».


L'osservazione di Gesù è valida in ogni tempo e per diverse situazioni: dalla bontà provvidente di Dio Padre abbiamo ricevuto tanto, tutto... e siamo stati resi consapevoli di questa grazia. Spesso, comunque, abbiamo risposto senza gratitudine, senza entusiasmo, senza gesti di conversione; con più grave responsabilità rispetto a coloro che non hanno fatto esperienza del Dio di Gesù Cristo.

Guai a te, Marco. Guai a voi, cristiani. Guai a te, Chiesa.

don Chisciotte


 

«Molti mi hanno scritto sul tema della menzogna, sottolineandone l'importanza e la complessità. Anche per questo scelgo di rispondere a diverse lettere con un discorso d'insieme. Una società è tale in quanto ha dei valori in comune; quanto più essi sono numerosi e profondi, tanto è più coesa, è più forte la società. Perciò la menzogna diviene particolarmente distruttiva quando a causa di essa si diffondono la sfiducia e la paura di essere ingannati a proposito di tali valori. Sono quei casi in cui, come si esprime un lettore «è d'uopo la verità, o ci si aspetta la verità». Non è necessario che essa sia sempre espressa in modo verbale. La società familiare, che è una delle più forti, sta o cade a misura della lealtà con cui si accettano e si vivono i grandi valori comuni, anche senza verbalizzarli. Su di essi si fondano quel rispetto e quella confidenza reciproca che sono alla base del vivere quotidiano. Alcuni degli interventi sottolineano le grandi diversità che intercorrono tra le diverse modalità del comunicare umano. La favola, l'apologo, la parabola ecc... sono perfettamente legittimi, anche se inventati di sana pianta. C'è poi quella bugia che i moralisti chiamano giocosa e quella detta officiosa . A proposito della bugia officiosa mi ricordo di un professore tedesco di filosofia, che si era fatto costruire nel suo giardino un piccolo chalet di legno, dove si ritirava a studiare, così che la moglie potesse dire tranquillamente ai seccatori: «Il professore non è in casa». «Qualche volta è opportuno arrotondare la verità»? Certamente, non ogni verità va detta tutta subito. C'è un riserbo e una gradualità che sono segno di buona educazione. Sono contento che un politico mi dica, nella prima delle lettere citate, che oggi non approverebbe più questo «arrotondamento della verità». Molti mi scrivono per lamentarsi dei silenzi della Chiesa ufficiale su questioni di moralità politica. È possibile che in vari casi ci sia reticenza o paura a dire ciò che andrebbe detto. Ma è anche vero che ci sono molti pulpiti per le prediche, da quello più alto fino a quelli più riservati, che in certi casi sono più efficaci. La chiesa ufficiale non suole fare nomi di singole persone, perché diventerebbe facilmente una parte politica. Può e deve protestare contro comportamenti rovinosi e immorali, che siano in contrasto col bene comune e deve usare cautela nel ricevere o nell'onorare certi personaggi. Ma ciò non è sempre facile da stabilire e può darsi che in certi periodi si pecchi per difetto e in altri per eccesso».

Carlo Maria Martini, sul Corriere
«Quello che mi interessa è la differenza tra pensanti e non pensanti. Voglio che tutti voi siate pensanti. Poi ascolteremo le ragioni di chi non crede e quelle di chi crede».

Norberto Bobbio
Can che abbaia disturba sempre, anche in "aperta campagna"

Mettergli la "sordina" se supera la normale tollerabilità, pena il pagamento di una multa

La Cassazione, riconoscendo il «danno da latrato», suggerisce ai proprietari di cani particolarmente vivaci di mettere loro la "sordina" se l'abbaiare va oltre la «normale tollerabilità». Forte di questo principio, la Prima sezione penale ha convalidato una multa di 200 euro per disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (ai vicini è stato riconosciuto anche il danno per avere sopportato i latrati) nei confronti di una cinofila di Trento, Germana B., che, in aperta campagna accudiva, dietro autorizzazione e in maniera gratuita, un certo numero di cani. I latrati degli animali, rileva la sentenza 29375, spesso anche in ora notturna, avevano provocato le lamentele di due delle tre famiglie che abitavano nella zona. Da qui la multa di 200 euro (oltre al risarcimento danni) inflitta a Germana B. dalla Corte d'appello di Trento, nel settembre 2008, sulla base del fatto che gli ululati si avvertivano a distanze di 25-100 metri. Contro la condanna, Germana B. ha fatto ricorso in Cassazione, facendo leva sul suo amore per gli animali che la portava ad accudirli gratuitamente e sul fatto che ci si trovava in aperta campagna. La difesa non ha fatto breccia. Infatti piazza Cavour ha respinto il ricorso della cinofila sostenendo che l'amore per gli animali «non discrimina la condotta». Il fatto poi che si trattasse di «zona rurale», dice la Cassazione, «resta irrilevante poichè anche le persone che abitano in campagna hanno diritto al rispetto del riposo e chi vuole tenere dei cani nei pressi di altre abitazioni, sia in città che in campagna, deve usare gli accorgimenti necessari per evitare il disturbo dei vicini, come ha esattamente rilevato la sentenza impugnata». Come fare dunque per sapere quando i latrati del proprio cane superano la 'normale tollerabilità? «Il criterio - spiegano gli "ermellini" - va riferito alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti, mentre è irrilevante la eventuale assuefazione di altre persone che abbiano giudicato non molesti i rumori».

«Il pudore è quel sentimento che difende l'individuo dall'angoscia di naufragare nella genericità animale e, rinunciando a se stesso, percepirsi come semplice funzionario della specie. Non è quindi vero che il pudore limita la sessualità, il pudore la individua, sottraendola a quella genericità in cui si celebra il piacere nel misconoscimento dell'individuo. Per questo c'è un rifiuto a concedersi sessualmente finché l'amore non è certo e provato. E questo soprattutto nella donna, in cui il legame con il corpo e con la pulsione riproduttiva è più forte di quanto non lo sia nell'uomo. E quindi più incerto il confine del riconoscimento di sé come quella certa individualità da non confondere con le altre. Il pudore allora non è una faccenda di vesti, sottovesti o intimo abbigliamento, ma una sorta di vigilanza dove si decide il grado di apertura e di chiusura verso l'altro. Si può infatti essere nudi senza nulla concedere, senza aprire all'altro neppure una fessura della propria anima. La nudità del nostro corpo non dice ancora nulla sulla nostra disponibilità all'altro. Siccome agli altri siamo irrimediabilmente esposti e dallo sguardo degli altri irrimediabilmente oggettivati, il pudore è un tentativo di mantenere la propria soggettività, in modo da essere segretamente se stessi in presenza degli altri. E qui l'intimità si coniuga con la discrezione, nel senso che se «essere in intimità con un altro» significa «essere irrimediabilmente nelle mani dell'altro», nell'intimità occorre essere discreti e non svelare per intero il proprio intimo, affinché non si dissolva quel mistero che, interamente svelato, estingue non solo la fonte della fascinazione, ma anche il recinto della nostra identità che a quel punto non è più disponibile neppure per noi».


Umberto Galimberti, Repubblica, 04.08.2004

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Diversi lettori di Avvenire hanno scritto al direttore con le stesse domande, perplessità, inquietudini che avevamo presentato anche in questo blog. Di seguito riportiamo la risposta del direttore: accanto a espressioni chiare, ha comunque il tono dell'ennesimo tentativo di equilibrismo, ricordando principi generali (dice "ovvio", "evidentemente", "raggirato"... ciò che oggi non è più così) che non riescono mai a trovare la concretezza di una ferma denuncia morale (dice "leggermente" e lascia i punti interrogativi). La riprova è la modalità di riferire le parole del min. Frattini e dell'avv. Ghedini a p. 8 dell'edizione di ieri.



«Forse avrete notato che ieri nella prima pagina di Avvenire non c'era alcun cenno alle ultime spiegazioni avanzate da Silvio Berlusconi. Quelle per intendersi sul «non sono un santo» o «nelle mie dimore passano anche i leader politici del mondo». Ne riferivamo, com'è ovvio, all'interno del giornale, in sede di cronaca, e la notizia era pure presente sul nostro sito; ma «in vetrina» abbiamo preferito sorvolare. Un modo per esprimere disagio rispetto al coinvolgimento di termini di qualche delicatezza per la sensibilità dei nostri lettori. E un modo per prendere le distanze pure dal seguito di una vicenda che non solo non ci convince (com'è ovvio), ma che

Una provocatoria canzone di Bob Geldof (di cui riportiamo la traduzione) nella versione dialettale dei Modena City Ramblers, con la loro grinta e graffiante simpatia!





The Great Song Of Indifference - Bob Geldof

Tradotta: La Magnifica Canzone Dell'indifferenza

Non mi importa se te ne vai / non mi importa se te la prendi con calma

non mi importa se mi dici si o no / non me ne frega proprio niente

Non mi importa se sei vivo o morto / Me ne importa ancor meno se ridi o piangi

non mi importa se cadi o voli / non me ne frega proprio niente

Non mi importa se vai o vieni / non mi importa se mi dici no

Me ne importa ancor meno tesoro lascia perdere / perchè non me ne importa proprio niente

Na na na, ...

Non mi importa se nuoti o affoghi / Chiudimi fuori o fammi entrare

dove sto andando o dove sono stato / non me ne frega proprio niente

Non mi importa se il governo crolla / se approva leggi inutili

non mi importa se lo stato temporeggia / e non me ne importa proprio niente

non importa se abbattono gli aberi / non sento un brivido caldo

annego nella polvere di mari che muoiono / e non me ne importa proprio niente

Na na na, ...

Non mi importa se la cultura si frantuma / non mi importa se la religione inciampa

non riesco a sentire gli oratori mugugnare / e non me ne importa proprio niente

non mi importa se il terzo mondo frigge / fa più caldo qui e non ne sono sorpreso

tesoro non posso restare a guardare tutte le nazioni morire / e non me ne importa proprio niente

Non me ne importa non me ne importa non me ne importa non me ne importa

non me ne importa non me ne importa / non me ne importa proprio niente

Na na na, ...

Non me ne importa delle paure della gente / L'autorità non ci sente a lungo

Mandate un assistente sociale / e non me ne importa proprio niente


Anche dedicarsi a queste situazioni, a queste persone è "difendere la vita" e creare le condizioni affinché nessuno possa desiderare di togliersela.





 

I bambini e il gioco dello spacciatore

L'illusione della droga «buona» che inquina i sogni dei figli

(..) Il gioco infantile non è più tale quando diventa piatta imitazione, riproduzione accu­rata nei dettagli di ciò che si vede, anzi si subisce, nella realtà quotidiana in casa o nel proprio quartiere. Bambini che interpretano papà e mamma che litigano, si insultano, si picchiano non stanno giocando. Bambini che confezionano finte dosi di cocaina non stanno giocando. Piccoli avviati al peggiore degli apprendistati che prevede una precoce uscita dall'infanzia e un altrettanto prematuro ingresso in una infinita adolescenza. Il tutto, a proposito di cocaina, in un periodo in cui è ancora diffusa la ingiustificata illusione che questa droga sia, per così dire, diversa dalle altre. Da droga dei ricchi, come la si riteneva un tempo, è diventata sostanza sempre più facilmente disponibile per quasi tutte le borse. I numeri sono allarmanti ma ancora più allarmante è la percezione di minore pericolosità di questa droga, quasi una supina accettazione della sua normalità. Se la usano in tanti, qualcuno può pensa­re, vuol dire che non è altro che un efficace «aiutino» a supe­rare le difficoltà della vita. Non ci si può meravigliare se, in questa diffusa ignoranza sui gravissimi danni dell'uso di cocaina, prosperino Paesi produttori, intermediari e spacciatori, per non parlare di quei poveri bambini che confezionano finte dosi imitando ciò che vedono in casa o nel quartiere e ai quali non si può chiedere che si rendano conto di cosa stanno imparando da chi, per denaro, è pronto a togliere loro anche l'infanzia.
Stamattina l'emergenza è il fuoco in Sardegna: nei giorni scorsi non c'erano roghi e sono scoppiati tutti ieri?

E oggi dov'è finita l'emergenza pandemica?

Forse l'emergenza vera è un'altra ancora e non ce lo dicono...

don Chisciotte

«Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi».

Gilbert Keith Chesterton

«Il peccato è definibile come “disamore”. Il termine disamore ha il pregio di mantenere il riferimento esplicito all'amore come pure di esplicitarne la sua positiva negazione. Comunicando l'amore di Cristo, lo Spirito infonde nella libertà la sua duplice qualità erotica e agapica, ovvero il desiderio di comunione con gli altri (eros) ricercato mediante il dono di sé (agape). Il disamore del peccato comporta l'opposizione all'amore in quanto intreccio di desiderio dell'altro e dono di sé, sciogliendo l'uno dall'altro. Privo del desiderio dell'altro, il dono di sé scivola nell'autocompiacimento per la propria generosità. Privo del dono sé, il desiderio dell'altro devia verso la brama di possederlo. Nell'uno e nell'altro caso l'Io viene affermato a scapito del Tu. Rispetto all'attrazione dello Spirito, che mira a condurre la libertà nella verità tutta intera dell'amore, il disamore peccaminoso è la distrazione dall'amore integrale del Padre e del Figlio verso forme amorose disintegrate. (

L'articolo che appare oggi su "Avvenire" conferma quanto dicevo nel post precedente: la cosa mi addolora.

Non c'è nessuna osservazione o critica, anzi sembra di ascoltare un giornale di partito che narra - con distacco e simpatia - le vicende del proprio leader.


don Chisciotte


Il premier tenta la difesa: mai nulla di disdicevole

 «A casa mia anche capi di governo» Dopo le registrazioni timori sulle foto

di Massimo Chiari

«Il presidente a vita della Lombardia ha usato per descrivere questo territorio la parola antropizzato... Non è una bella parola... Ci sono un sacco di belle figliole e di solidi imprenditori». All'improvviso la cerimonia di avvio dei lavori della  BreBeMi, l'autostrada che unirà Brescia, Bergamo e Milano, offre al Cavaliere un nuovo spunto per tornare, con il solito gusto per la battuta, sugli scandali di cui l'accusano da settimane. «Sì, ci sono in giro un sacco di belle figliole... Non sono un santo. Lo avete capito tutti, speriamo lo capiscano anche quelli di Repubblica...». Il riferimento alle registrazioni pubblicate dall'Espresso appare palese e arriva proprio nel giorno in cui il gruppo di Carlo De Benedetti formalizza la decisione di passare alle vie legali, depositando l'esposto già annunciato contro il presidente del Consiglio per aver invitato gli imprenditori a non fare pubblicità sui giornali che hanno un atteggiamento 'catastrofista' sulla crisi. Passano le ore e Berlusconi, arrivato a Roma per la direzione del Pdl, torna sull'argomento e, davanti a deputati e senatori riuniti a Montecitorio, ribadisce la sua convinzione: quello che è emerso o che emergerà avrà poca o nessuna influenza sugli elettori. Gli «attacchi personali non mi toccano», quello che invece conta è «l'azione del governo». Il resto sono solo «tentativi di farmi fuori» di chi non ha «altre critiche da fare». Ma vedrete


«Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini» (Mt 5,13).

Il Vangelo della liturgia odierna ha illuminato e messo in ordine un pensiero che mi è venuto ieri.

Visto che la comunità cattolica italiana non è capace di (non vuole) esprimere un giudizio chiaro ed efficace sulla questione morale dei personaggi politici, nel momento in cui sorgerà un'altra questione morale (tipo la vicenda di Eluana, l'eutanasia, la liberalizzazione delle droghe leggere, ecc. - argomenti per i quali sono sorti tra i cattolici fior di comitati che si vantavano della qualifica di "cristiani", "difensori della vita", "paladini della verità") la nostra già residua credibilità sarà spazzata via, perché "non serviamo a null'altro". A quel punto, mi auguro che non ci lamenteremo: siamo noi ora la "causa" del nostro "male" futuro, come altri cattolici prima di noi lo sono stati per l'oggi.


don Chisciotte

p.s. se qualcuno vorrà farsi un'idea degli equilibrismi (in attesa di vedere come si muoverà "Avvenire"), può gauradre questo articolo (senza prenderlo per oro colato).



Riprendiamo quanto pubblicato l'8 luglio; stavolta il personaggio in causa è un altro, ma la mentalità è la stessa. Ormai non solo non si nasconde più la propria immoralità, ma lo si dichiara pubblicamente, con ironia e presunzione, nella certezza che il popolo che mangia brioches e tv non avrà nulla in contrario, anzi si farà una grassa risata e applaudirà.


Il galateo secondo Matteo

di Massimo Gramellini

Un politico della famigerata Prima Repubblica si sarebbe mai fatto beccare su YouTube intento a cantare a squarciagola coretti contro i napoletani? Secondo me no, e per due ragioni. La prima è tecnica: YouTube non esisteva ancora e un razzista poteva andarsene tranquillamente in giro a intonare le sue odi al Vesuvio, correndo al massimo il rischio di ricevere una pizza salutare sul grugno, ma certo non di essere ripreso da un telefonino e poi esposto al pubblico ludibrio della Rete. La seconda ragione è squisitamente estetica: fino a una ventina d'anni fa, i politici desideravano ancora dimostrarsi diversi dalla parte più becera dei loro elettori. E questa diversità imponeva il rispetto di un galateo minimo: ipocrita fin che si vuole, ma tale da tirare una netta linea di confine fra il Parlamento e il bar sport. In seguito è scattata la rivoluzione della sedicente spontaneità: la politica ha smesso di parlare con la gente, ma ha cominciato a parlare come la gente. Vantandosene pure, e spacciandola per evoluzione della democrazia.

Ecco perché il leghista Matteo Salvini, immortalato con un bicchiere di birra in mano e un mare di luoghi comuni sulla bocca, anziché vergognarsi per una caduta di stile ha potuto rispondere scandalizzato che si trattava di un coro cantato in tutti gli stadi. L'idea che un parlamentare non sia un ultrà, e che non possa mai comportarsi come un ultrà, nemmeno nel tempo libero, deve sembrargli piuttosto bizzarra, forse anche classista, ma sicuramente meritevole di un'altra birra e di un'altra canzone.



Asmara (Agenzia Fides)- La Chiesa cattolica dell'Eritrea festeggia l'ordinazione di 12 sacerdoti. Come riferisce all'Agenzia Fides p. Kibrom Tseggai, Direttore dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell'Eritrean Catholic Secretariat, il 18 luglio 2009, Sua Eccellenza Mons. Kidane Yebio, Vescovo dell'Eparchia di Keren, ha ordinato sei sacerdoti che si sono formati nel Seminario maggiore nazionale di Asmara, nella Cattedrale di San Michele. Nel frattempo, altri sei diaconi dello stesso seminario dell'Eparchia di Asmara sono stati ordinati nelle rispettive parrocchie da Sua Eccellenza Mons. Menghisteab Tesfamariam.

L'ordinazione di 12 sacerdoti diocesani, in un Paese dove i cattolici sono una minoranza, è significativa. Si tratta inoltre di un record per il Seminario Maggiore di Asmara, che finora non era mai giunto a formare e ordinare 12 sacerdoti in un anno. Nella sua storia il Seminario ha avuto una vita movimenta fin dalla sua fondazione da parte di S. De Jaccobis a Guala, nel 1845, circa 164 anni fa, in mezzo a persecuzioni e ad altre difficoltà. Nel 1869 il Seminario viene trasferito a Keren per poi ritornare ad Asmara nel 1959. Il secondo più alto numero di ordinazioni di sacerdoti diocesani del seminario (10) risale al 25 dicembre 1889 a Keren; e il terzo più alto numero (8 sacerdoti) viene registrato nel marzo 1936 a Keren . Ad accrescere il significato storico delle ordinazioni del 2009 occorre ricordare che, dopo la strutturazione della Chiesa cattolica in Eritrea in tre diocesi avvenuta nel 1995, è la prima volta che le diocesi di Asmara e Keren ordinano ciascuna sei sacerdoti diocesani, ed è per entrambe le diocesi il numero più elevato di ordinazioni sacerdotali finora registrato.
«Circa gli atteggiamenti di Maria Maddalena è nata, come accade sovente, una diatriba fra gli esegeti.. (...)  A mio avviso, il suo è un comportamento ancora asai imperfetto e, di conseguenza, mi meraviglio e mi rallegro che Gesù non ne tenga conto. Egli tiene conto dell'amore, del pianto, della perseveranza, dell'emozione profonda di affetto per lui, e la premia, senza merito della donna. Ella quindi compie un itinerario, nel quale si delineano i diversi livelli del servizio cristiano. - Maria era stata la servitrice fedele: insieme alle altre donne, aveva seguito Gesù diligentemente, provvedendo al suo sostentamento e al suo benessere, a lavare i vestiti, a preparare la cena. - Ora diviene un'amante estatica, fuori di sé, che non sa nemmeno bene ciò che fa e dice, mossa più dall'affetto che dal ragionamento: il suo ragionamento è certamente sbagliato, la sua teologia è errata, e tuttavia ama moltissimo. Per questo ho ricordato la donna in casa di Simone, che «ha molto amato». Maria non ritiene più se stessa il centro della propria esistenza, perché è totalmente sbilanciata verso Gesù. - E lui, passando sopra tutte le imperfezioni della sua fede, della sua ricerca, le si manifesta, così che ella si sente amata immensamente. E l'eccesso della benevolenza di Gesù, che per primo si presenta a lei, la chiama semplicemente per nome, in qualche maniera apprezza la sua follia. E l'eccesso d'amore di cui si sente oggetto fa di lei una annunciatrice del Vangelo.

In questi tre “volti” della Maddalena - che è passata da servitrice fedele e diligente a essere amante estatica e infine annunciatrice del Risorto, ricolma del suo amore - si nasconde per così dire il messaggio per noi. È il messaggio dell'eccesso».


Carlo Maria Martini, Le tenebre e la luce, 149.

Fai il download dell'intera meditazione nella sezione Testi.


Non sparate sul bancario

di Massimo Gramellini

L'altro ieri, a Settimo Torinese, il signor Giovanni ha gambizzato la signora Silvana, che gli aveva negato un prestito. Ieri diversi lettori hanno telefonato a La Stampa per dire: ha fatto bene. E a me è venuto un brivido. Ho scritto Giovanni e Silvana, invece che un «panettiere indebitato» e «una direttrice di filiale» perché ho l'impressione che si uscirà da questa crisi solo se smetteremo di trattare gli altri come dei simboli e ricominceremo a considerarli delle persone. Il piccolo imprenditore strozzato dalla mancanza di ordini non vede nel bancario la rotellina impotente di un meccanismo anonimo, ma il capro espiatorio perfetto. E il bancario, stritolato dalla gabbia dei regolamenti interni, non dialoga più con Francesco o Maria, con le loro storie e le loro capacità, ma con i clienti X e Y a rischio d'insolvenza. Ho saputo di un artigiano che si è visto rifiutare il pagamento di una bolletta di 8 euro perché il computer negava alla banca il permesso di pagare.

È questa rigidità arida che ci sta sfinendo. La solidarietà è diventata un dentifricio per sbiancarsi la coscienza, invece significa mettersi nei panni degli altri e smetterla di considerarli pedine intercambiabili, singole voci di una lista memorizzata in qualche archivio. Non siamo tutti uguali, al di qua dello sportello come al di là. Ci sono lo scansafatiche e il manigoldo: non meritano aiuto. E ci sono l'artigiano volenteroso e l'imprenditore che si indebita per non licenziare: questi vanno foraggiati strizzando anche un occhio, alla faccia dei regolamenti e delle griglie dei computer. Perché alla fine, porca miseria, siamo ancora esseri umani.
Dal trattato «L'ideale perfetto del cristiano»

di san Gregorio di Nissa, vescovo  (PG 46, 259-262)

«Egli è la nostra pace, colui che ha fatto di due un popolo solo» (Ef 2, 14). Pensando che Cristo è la pace, noi dimostreremo di portare degnamente il nome di cristiani se, per mezzo di quella pace che è in noi, esprimeremo Cristo con la nostra vita. Egli uccise l'inimicizia (cfr. Ef 2, 16), come dice l'Apostolo. Non dobbiamo dunque assolutamente permettere che essa riprenda vita in noi, ma mostrare chiaramente che è del tutto morta. Non risuscitandola di nuovo dopo che è stata uccisa da Dio per la nostra salvezza, non adiriamoci a rovina delle nostre anime e non richiamiamo alla memoria le ingiurie subite, non commettiamo l'errore di riportare all'esistenza colei che è fortunatamente estinta. Siccome possediamo Cristo che è la pace, così uccidiamo l'inimicizia per praticare nella nostra vita la fede in lui.

Egli abbatté in se stesso il muro che divideva i due uomini, ne fece uno solo, ristabilendo la pace non soltanto con quelli che ci combattono dal di fuori, ma anche con quelli che suscitano contese in noi stessi. Così la carne non potrà avere più desideri contrari allo spirito e lo spirito desideri contrari alla carne, ma la prudenza della carne sarà soggetta alla legge divina. Allora, ricostituiti in un uomo nuovo e amante delle pace e, da due, fatti un uomo solo, diventeremo dimora della pace. La pace è la concordia fra due esseri contrastanti. Quindi, ora che è stata eliminata la guerra interna della nostra natura, coltiviamo in noi la pace; allora noi stessi diverremo pace e dimostreremo che questo appellativo di Cristo è vero e autentico anche in noi.
In un libro uscito nel Regno Unito l'esito di una ricerca condotta su mille persone

Al primo posto la salute (207 mila euro), poi il sentirsi dire "ti amo" (188 mila)

Il sesso vale meno di una risata. E' il Borsino delle emozioni

I rapporti intimi a 121 mila, la sensazione che si prova ridendo a 124 mila.

"Un panettiere o un idraulico siano più ricchi di un banchiere o di un politico".

Tutto può avere "un prezzo", persino il sentirsi dire "ti amo". E' la convinzione che ha ispirato gli autori di un libro, pubblicato nel Regno Unito, che ha cercato di calcolare in termini economici il valore di alcune emozioni e stati d'animo. "Sei molto ricco, ma ancora non sai di esserlo" si basa su uno studio commissionato dagli autori, Steve Henry e David Alberts, a una società specializzata nelle ricerche di mercato. Gli esperti della Brainjuicer hanno selezionato mille persone, alle quali è stato chiesto di assegnare un voto a 50 momenti della propria vita, confrontandole poi con la sensazione che si proverebbe nel vincere alla lotteria. A quel punto, si è arrivati ad elaborare un valore monetario per ognuno di quei 50 momenti e a stilare una classifica. Con esiti in qualche caso sorprendenti. Al primo posto, con un valore economico di circa 207mila euro, c'è la sensazione che proviamo quando ci viene detto che godiamo di buona salute e che non soffriamo di nessuna malattia. L'amore, in particolare il sentirsi dire "ti amo", ha un valore stimabile in circa 188mila euro, e si piazza al secondo posto. Segue, a circa diecimila euro di distanza, la sensazione che si prova nel vivere una relazione stabile: poco più di 178mila euro.

"Il nostro libro - hanno spiegato gli autori - è incentrato su un nuovo sistema di valori, alternativo ad un mero sistema finanziario. Con la crisi, le persone stanno sperimentando nuovi stili di vita, e stanno cercando qualcosa con cui sostituire i soldi". Nell'elaborare questa singolare (e contestabilissima) classifica, gli autori "sono partiti dal considerare tutte le cose che sono davvero importanti per la gente", al di là della crisi. "E' stato interessante notare - continuano i due scrittori - che nel condurre la ricerca, poche persone, parlando delle cose realmente importanti, hanno citato i soldi. La maggior parte della gente faceva riferimento a situazioni familiari, come lo stare in compagnia con gli amici, il trascorrere del tempo libero in tranquillità, vedere i propri nipoti: erano questi i momenti davvero importanti. Quindi, da questo punto di vista, è possibile che un panettiere o un idraulico siano più ricchi di un banchiere o di un politico".

Tra le cose più importanti, per gli intervistati, c'è anche il vivere in un Paese sicuro (valore 149mila euro) e l'avere dei figli (142mila euro). Il sesso (121mila euro) vale poco meno di una risata (124 mila euro), mentre leggere un libro (61mila euro) batte nettamente un'uscita al cinema (24mila euro). Anche la felicità sul luogo di lavoro gioca un ruolo importante (stimabile in 42mila euro), ma tuttavia non è paragonabile al piacere che si prova nell'avere un animale da compagnia (90mila euro). Infine, una curiosità gastronomica: mangiare una tavoletta di cioccolata vale molto di più di un pasto tradizionale (47mila euro contro 36mila euro).
Ho avuto qualche titubanza nel pubblicare questo articolo: mi pare che i dati siano confusi, l'interpretazione debole, l'idea-chiave non univoca. Forse - in fondo in fondo - si tratta di un pezzo "obbligato" per questioni di interesse. Però si possono trarre dei dati interessanti, da rileggere e verificare con altre fonti e alla luce di esperienze comuni.

don Chisciotte


Gli adulti sedotti da web e videogiochi

Genitori e fratelli maggiori in Rete come gli under 20. Resistono i media tradizionali: dalla radio a tv e cinema

Giovanissimi smanettoni tutti Internet, iPhone e videogiochi? Un luogo comune. Eppure l'idea dominante è che nell'uso dei media i teenager siano una tribù con propri riti e usanze che sta sempre meno davanti al televisore e sempre più di fronte allo schermo di un personal computer. Che passa ore a navigare su Internet, adora i videogame violenti, ignora i giornali e la radio. Conclusione: un universo alieno, misterioso e insondabile. Questa rappresentazione, secondo una ricerca della Nielsen sul comportamento mediatico dei giovanissimi, è completamente falsa: gli under 20 non sono affatto un «mondo a parte» ma, nella media, tendono a comportarsi come i loro genitori e fratelli maggiori.

Non è vero ad esempio che per l'iPhone e la Playstation stiano abbandonando in massa la tv; al contrario la guardano più che mai. Per l'esattezza, ha calcolato Nielsen, negli ultimi cinque anni negli Stati Uniti le hanno dedicato il 6 per cento del tempo in più. E una sorpresa emerge anche dalle preferenze in materia di programmi televisivi, quando si scopre che in realtà hanno più o meno gli stessi gusti dei «grandi». Un po' diversamente dall'Italia dove, negli ultimi cinque anni, il consumo televisivo è aumentato soprattutto grazie alla popolazione matura e anziana (cioè over 45 e over 65). E dove, nella fascia tra gli 8 e i 19 anni, si osserva invece una lieve contrazione. Giocano con i videogame, sicuramente, ma apprezzano quelli in cui si fa musica o si corre in automobile tanto quanto i giochi più violenti. Il pubblico delle console si è via via esteso alle donne e agli adulti. Nell'ultimo trimestre 2008, i ragazzi tra i 12 e i 17 anni rappresentavano solo il 23 per cento dei videogiocatori americani e in termini di tempo erano una minoranza, il 10 per cento.

È vero che i ragazzi ne vanno matti, ma a navigare spendono meno tempo degli adulti (...): sul web passano infatti 11 ore e mezza al mese, ben al di sotto della media che è di 29 ore. Globalmente, i siti più visitati dai giovanissimi sono gli stessi preferiti da mamme e papà (...). La differenza emerge semmai nella predilezione per i social network come Facebook e MySpace, che per i ragazzi rappresentano un'esperienza iniziatica sempre più importante. (...)

«È senz'altro vero

«"Il corpo è compreso come Dio è compreso" (C. Bruaire) e, più in profondità, il modo di relazionarsi con il proprio corpo esprime e riflette il modo in cui ci si relaziona a Dio. Ciò dice bene come l'esperienza spirituale sia essenzialmente un'esperienza corporea; non solo, dunque, si tratta di non fuggire il corpo, ma occorre imparare ad abitarlo in tutta la sua potenzialità relazionale».

Luciano Manicardi, Il corpo, 24

Quegli imbarazzanti (e pesanti) regali del premier

Quando lo racconti in Transatlantico non ti crede nessuno. «Non è possibile, uno schiaffo alla miseria!». Però l'opera merita. (...) Ma quanto sono costati quei regali? Parecchio, se è vero quel che si dice a Montecitorio. Però l'oggetto vale. Un libro su Antonio Canova per ognuno degli otto del G8. Ventiquattro chili di libro che nemmeno l'atletico Obama si è sentito di sollevare. Un volume di circa 70 centimetri per 45, la cui copertina è un bassorilievo di marmo che riproduce Le Grazie e Venere di Canova e con rilegatura in broccato e fili d'oro. All'interno, su una speciale carta velata di puro cotone e impreziosita dalla filigrana, sono stati impresse al torchio selezioni di testi di autori coevi del Canova. Ogni componente dell'opera è stato rilegato a mano. Insomma uno di quegli oggettini che trovi al primo negozietto sotto casa. (...) Il prezzo, secondo quanto si dice alla Camera, si aggira intorno ai centocinquantamila. A pezzo. Per un totale di un milione e duecentocinquantamila. Lire? No. Euro. Se fosse vero ogni volume sarebbe costato praticamente quanto una casa ricostruita. Il fatto che a pagare siano stati gli sponsor non elimina il dubbio che, forse, quei soldi sarebbe stato possibile spenderli più utilmente, e senza creare imbarazzi.

L'Unità, 18.07.09, p. 3

Un segnale di cessata complicità

Un punto fermo nell'antica e interminabile deplorazione dell'emergenza bevute dei giovanissimi

di Isabella Bossi Fedrigotti


A cosa servirà mai


Qui trovi la mappa.

L'immagine femminile: una tragedia

di Alessandra Comazzi

Donne della tv: o han le tette di fuori o si fanno la pipì addosso e puzzano

Che tragedia, la donna in televisione. Esaltate dall'estate, le donne in tv sono: o giovanissime e seduttive con gambe, sederi e tette di fuori. O, nell'ordine: portano la dentiera; vanno troppo al gabinetto e quindi gli serve qualcosa che freni; ci vanno troppo poco e devono ritrovare la naturale regolarità. Decidono di fare tanta pipì per depurarsi, ma, come cominciano ad avere un po' più di quarant'anni, la pipì se la fanno addossso e urge risolvere il problema dell'odore in ascensore. L'odore perseguita, e piomba sotto le ascelle: se le signore vogliono piacere devono trovare un prodotto che non faccia sudare (quindi contro natura) e non le pianti in asso durante la giornata. Gli uomini possono al massimo patire un gentile mal di testa, ma passa in un moment. Una volta avevano mal di schiena: ora, con l'emancipazione, lo hanno lasciato alle femmine. Di nuovo: che sta succedendo? E' vero che il 60 per cento del pubblico tv è femminile, però è vero nello stesso tempo che le donne sono le maggiori responsabili di acquisto. Se la fanno addosso solo loro? Non pensano alle incontinenze maritali? Ah, già, gli uomini sono sempre virili, l'esempio viene dall'alto. Mentre le ragazze, per apparire emancipate, si devono porre come oggetto del desiderio o come consapevoli impiastri. Anche quelle visibilmente intelligenti, non mostrano al video il vero volto, bensì una maschera, tirati tu che mi tiro anch'io. E' come se le donne vere stessero scomparendo dalla tv, sostituite da una loro rappresentazione grottesca, volgare, grondante fisicità. Una «machera» esuberante, ma pure puzzolente.
Estate con i Buoni

Avete la siepe da tagliare e vi occorre un giardiniere occasionale? Vostro figlio ha un debito in matematica e dovrà prendere lezioni private? Oppure quest'estate sarà lui a lavorare per la prima volta andando a raccogliere frutta nel podere di un conoscente? Per tutti questi lavori
«Un fratello si rivolse ad uno degli Anziani dicendogli: “Ci sono due fratelli. Uno non abbandona mai la propria cella, prega per sei giorni consecutivi e pratica ogni sorta di mortificazione. L'altro cura i malati. Quale dei due si comporta nel modo più gradito a Dio?”. L'Anziano rispose: “Anche se il fratello che digiuna per sei giorni consecutivi dovesse impiccarsi per il naso, non potrebbe mai eguagliare quello che cura i malati”».

Apoftegmi dei Padri del deserto, 224.

Non habet nomen proprium

di Mario Domina

«“Era di quegli uomini che fino alla fine non cessano di meravigliarsi di avere un nome, come chi passando davanti a uno specchio si stupisce d'avere un volto e precisamente quello”. (Opera al nero, M. Yourcenar).

A un di presso la meraviglia e lo stupore

Al di là delle immagini del video (che concentra l'attenzione solo su alcuni personaggi e si schiera da una parte sola... facendo un passo falso) , condivido l'invito alla vigilanza che il testo rivolge a ciascuno di noi, perché la logica del profitto esasperato e inumano inquina i singoli, le istituzioni, i rapporti brevi, le dinamiche mondiali.







«Cos'è che rende schiavi tutti gli esseri umani? Cos'è che rende ignobile la nostra civiltà? Che inaridisce i cuori e poi ci lega le mani, è una cieca avidità! E' la logica del profitto, che affama le popolazioni, che uccide senza pietà, che semina distruzioni: fino a dove arriverà? Soffia sul fuoco della violenza. La guerra è un gioco e un'esigenza, fomenta l'odio tra le nazioni, strumentalizza vecchie faide e religioni. E' La logica del profitto che miete le sue vittime nutrita d'indifferenza; le proteste non sono legittime, non potremmo più vivere senza. Ci siamo tutti nell'ingranaggio, come le ruote di un perfetto meccanismo, ci toglie l'anima, con il coraggio, poi ci ripaga col suo vuoto consumismo. E' la logica del profitto vestita di arroganza; con i suoi paladini ad uccidere la speranza; che lascia piangere i bambini e non da pace a chi è contrario, come un rapace, spietato inquisitore. Sei un eversivo, un rivoluzionario. Perseguitato, come un vile traditore. La logica del profitto. Ora per chi sta scavando la fossa? La vedi l'ipocrisia? Quale sarà la sua prossima mossa? E' sfrenata alla follia! E non c'è pace su questa terra, perché è vorace e non si placa il suo appetito. Non sarà pace mai su questa terra, ma sarà guerra...all'infinito! E' la logica del profitto».


Radici nel cemento

 

«In nome della sicurezza negati i diritti delle persone»


Luca Bettinelli, responsabile area stranieri della Caritas ambrosiana, riflette sulle conseguenze della nuova legge sulla sicurezza. «Le misure adottate come strumento di prevenzione alla criminalità sono eccessive rispetto ai diritti su cui vanno a incidere». Anche perché oggi «l'unico canale che lo straniero ha per venire in Italia è quello irregolare».

L'aspetto che ritengo più grave è che in nome della sicurezza ci sia la negazione dei diritti fondamentali della persona, si calpesta la sua dignità. Si impedisce a chi è senza permesso di soggiorno di potersi sposare, ai genitori stranieri irregolari la possibilità di riconoscere i figli. E se non possono farlo, per la legge italiana vanno in adottabilità e glieli portano via. O che il Comune possa rifiutare l'iscrizione anagrafica qualora l'alloggio non abbia i requisiti di idoneità e certificazione degli impianti. E senza residenza la tessera sanitaria che fine fa? E la possibilità di accedere ai servizi sociali?». Luca Bettinelli è il responsabile area stranieri della Caritas ambrosiana. E riflette sulle conseguenze della nuova legge sulla sicurezza.

Qual è la valutazione?

«Intanto è diffusa la paura come ci segnalano i centri di ascolto e i privati che chiamano. Si chiedono: "Ora cosa devo fare, ho in casa la persona senza permesso di soggiorno, come mi devo comportare?". Il reato di immigrazione clandestina ha l'obiettivo di spingere le persone ad allontanarsi spontaneamente dal territorio italiano: se chi è espulso va via il procedimento viene archiviato e non ha conseguenze. Se viceversa si trattiene allora c'è il pagamento dell'ammenda. Alcuni magistrati hanno già detto quello che potrebbe succedere nel funzionamento degli uffici giudiziari: se le stime parlano di 700 mila immigrati irregolari, in pratica ci sarebbero altrettanti processi in più. Ma la giustizia italiana non può sostenere questo carico di lavoro».

La Caritas gestisce Centri?

«No. Abbiamo un progetto con un'équipe di operatori al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di via Corelli a Milano tre volte alla settimana. L'obiettivo è dare uno spazio di umanità, valorizzare le persone in un luogo di detenzione, dove spesso neanche capiscono il perché sono trattenute. Non è così semplice far capire che sono lì, solo perché si è irregolari».

Continuerete questo lavoro?

«Fino a settembre siamo autorizzati all'ingresso dalla Prefettura. Il cambio della legge renderà ancora più necessaria la nostra presenza. Oggi possono fermarsi 60 giorni, non si ha molto da fare, è una sorta di limbo in attesa dell'espulsione. La nuova legge lo porta a 6 mesi. Sono entrato un paio di volte in via Corelli: è un'esperienza che lascia il segno. Mi sono domandato se fossi io in quella situazione come mi comporterei, cosa farei e come la vivrei».

E le badanti?

«Bisogna fare chiarezza: al momento la badante è giuridicamente un'immigrata irregolare come tutti gli altri. Viene detto che si puniscono i criminali, in realtà con questo provvedimento si punisce tutti indistintamente. La badante senza permesso viene fermata dalle forze dell'ordine e può essere portata al Cie. Una decina di giorni fa una badante è stata fermata mentre accompagnava l'anziana che curava rientrando dalla Messa. L'hanno presa ed è finita nel Centro. Ce ne sono altre 3-4 trattenute. Perciò o fanno un provvedimento per loro come è stato annunciato o altrimenti rientrano nella clandestinità».

L'immigrazione clandestina è considerata uguale a criminalità...

«Le misure adottate come strumento di prevenzione alla criminalità sono eccessive rispetto ai diritti che su cui vanno a incidere e ci sono dubbi sulla reale efficacia come mezzo di contrasto. Molti problemi oggi sono legati ai ritardi nel decreto flussi: la valutazione delle domande del dicembre 2007 non è ancora finita. Milano forse settimana prossima li chiuderà per passare poi al 2008. Occorre tener conto del reale impatto che la normativa avrà sulla vita delle persone. Da dicembre 2007 a oggi sono trascorsi 19 mesi. Il datore di lavoro che aveva bisogno della badante allora ora ne ha ancora bisogno? Cosa è successo nel frattempo?».

Allora la gestione dei flussi costringe alla clandestinità...

«Sì, l'inefficienza di questo sistema costringe alla clandestinità. Inoltre occorre capire le dinamiche del mercato del lavoro: chi è disponibile ad assumere uno straniero che non ha mai visto prima? Di fatto l'unico canale che lo straniero ha per venire in Italia è quello irregolare».
Una nonna, un passeggino

di Massimo Gramellini

C'è un istante da eroi in cui si condensa la vita di un essere umano. Non sappiamo quando arriverà, né come ci comporteremo al suo profilarsi: magari in modo opposto alle nostre previsioni, perché i gesti hanno una sincerità troppo profonda per essere catturati dai pensieri. L'istante di Carla Turchetto la aspettava da oltre settant'anni sulle strisce pedonali del lungomare di Jesolo, dove sabato scorso la signora attraversava la strada trascinando suo nipote dentro un passeggino. C'era un traffico feroce e Carla avanzava a fatica, attenta a districarsi fra i flussi delle auto. All'improvviso un'Audi impazzita ha accelerato e le ha puntato le gomme addosso. Carla ha lanciato in avanti il passeggino, offrendo se stessa al paraurti, che l'ha trascinata per quindici metri prima di abbandonarla sull'asfalto. Intanto il passeggino, come una scialuppa spinta dal vento, andava a infrangersi in salvo contro il bordo del marciapiede. Chiudo gli occhi e provo a immaginare la signora nel momento supremo, mentre lancia il nipote lontano da sé e fa la scoperta più importante della vita: che il coraggio si trova in fondo al panico e nasce sempre dall'amore.

P.S. Il giorno dopo una mamma romena si è presentata alla polizia con suo figlio, accusandosi del delitto. Ma è bastato un breve interrogatorio per scoprire che a bordo dell'auto c'era il ragazzo, non lei. L'amore va capito anche quando protegge il male. Toccherebbe alla legge contenerlo. Perciò comprendo quella madre, ma non i giudici che non hanno messo in galera l'assassino.

«"Non passerai comunque la vita in adorazione d'un filo d'erba", mi diceva colui che passava la vita nell'adorazione del mondo dove nulla cresce, nemmeno un filo d'erba».


Christian Bobin, Il distacco dal mondo, 15

 

Oltre dolore e malattia - La forza dentro di noi

Perché questa malattia a me? È colpa dei miei peccati o è un castigo di Dio per colpe che ignoriamo?

(...)

«Un argomento che non può mancare in una simile corrispondenza è la malattia. Interessa un po' tutti, direttamente o indirettamente, e suscita molte e gravi questioni: perché la malattia, e perché questa malattia a me? è colpa dei miei peccati e/o delle mie trascuratezze (fumo, alcool ecc.) o è un castigo misterioso di Dio per colpe che ignoriamo, oppure è nulla di tutto questo? E poi: non è ingiusto Dio nel mandare malattie, soprattutto a coloro che più devotamente lo hanno servito? perché tanta sofferenza soprattutto con persone innocenti? perché Gesù ha guarito i malati? perché Gesù non ha risanato tutti i malati del suo tempo? E inoltre: possiamo aver fede nei racconti di guarigione di Gesù riferiti dai Vangeli? esistono ancora oggi fenomeni di guarigione «miracolosa»? e come comportarsi per trarre frutto dalla malattia e non lasciarsi prendere dal pessimismo o dalla disperazione? ecc. ecc. Un grave errore sarebbe certamente quello di cercare risposte solo razionali a un fenomeno che razionale non è, oppure trascurare il Maestro interiore. Quanto all'origine della malattia da peccati palesi o nascosti, Gesù ha atteggiamenti diversificati, a seconda delle persone. Ai discepoli che lo interrogano sul cieco nato, se ha peccato lui o i suoi genitori, risponde: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» (Giovanni 9,3). Ma al paralitico guarito a Gerusalemme dice: «Ecco che sei guarito: non peccare più». (Giovanni 5,14). In ogni caso parecchie delle lettere che ricevo mi sono di esempio e di aiuto nel superare le difficoltà dovute al morbo di Parkinson. Citerò, tra le altre, due che mi sono state di vera consolazione. Mostrano che non è tanto «trovando le ragioni» della propria malattia, ma cercando di «farsene una ragione», traendone l'impulso ad aiutare anche altri, che si può superare l'inevitabile depressione che accompagna ogni coscienza di malattia un po' grave. Antonella Di Mario, ti ringrazio per quanto mi scrivi. Sono anch'io convinto che l'amore di Dio è una grande forza soprattutto per il momento della morte. Talvolta mi sveglio di notte con la sensazione della morte vicina, specialmente quando il respiro sembra mancare. Le tue parole mi danno conforto e mi aiutano a guardare con fiducia a ciò che succederà. Fernando Galli, noi non siamo mai abbastanza pronti per morire. Anch'io non so se in quel momento rimarrò in pace o sarò tentato di ribellarmi a Dio e al destino. Ma mi affido al Padre, che guida ogni istante della mia vita, quindi anche quello della morte, e confido in Gesù che morì dicendo: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Vangelo secondo Luca 23,40). Mario Spallicci, partecipo vivamente delle tue grandi sofferenze. Sì, è vero, possiamo anche pregare per una morte subitanea ed improvvisa. Ma l'essenziale è che guardiamo a queste cose con la fiducia di un bambino che si nasconde nel grembo della madre. Perché abbiamo in Dio un padre e una madre, e in Maria madre di Gesù abbiamo anche l'espressione visibile di questo amore».


Carlo Maria Martini, su Il Corriere della sera
Le mamme fanno arrestare un pusher nei giardini dei bimbi

Lo spacciatore in mountain bike è stato smascherato dalle mamme dei bambini che giocano nei giardini dove lui vendeva la droga. (...) Le indicazioni delle mamme erano precise. Il giovane andava tutti i giorni nella zona dei giardini. Di solito, a metà pomeriggio. Ben vestito, arrivava con una mountain bike blu. Si fermava, faceva qualche telefonata e dopo poco tempo incominciavano ad arrivare le auto (molte anche di lusso) dei clienti. Agli agenti è bastato un breve appostamento per capire che la segnalazione era fondata. Così, un paio di motociclisti della «Squadra Volante» sono piombati sul giovane nordafricano e lo hanno bloccato prima che potesse anche soltanto accennare a una fuga. In tasca aveva 500 euro e una dose già confezionata di eroina, altri 25 «ovuli» di droga erano nascosti tra la copertura e il metallo della sella. Nonostante la giovane età... era già conosciuto dalle forze dell'ordine per vicende legate alla droga.




Ambrosianeum, un Manifesto «per ridare un anima alla città»

Presentato il Rapporto 2009, dedicato alla condizione giovanile: «Non si vive di soli grattacieli, c'è bisogno di valori. La città è al bivio rispetto alla scelta di assumere fino in fondo la missione educativa»

«Non si vive di soli grattacieli»: per Marco Garzonio, giornalista e presidente dell'Ambrosianeum, Milano ha bisogno di valori e virtù. Ha bisogno di persone che sappiano essere esempio e punto di riferimento, soprattutto per i giovani. È l'appello contenuto nel “Manifesto per Milano” che introduce il Rapporto sulla città 2009 della Fondazione Ambrosianeum, dedicato alla condizione giovanile. «Proprio in quanto vive il fervore di una stagione di opere, Milano ha bisogno di volare alto, di dare un senso a quanto sta facendo, di simboli. È una necessità assoluta per il domani, pensando alle nuove generazioni», scrive Garzonio.

(...) «Milano, con le sue tante opportunità socializzative, formative, aggregative, per certi versi c'è - scrive Eugenio Zucchetti, curatore del Rapporto e scomparso poco prima che andasse in stampa il volume -. Ma perché l'oggi si estenda verso il futuro, la città è al bivio rispetto alla scelta di assumersi fino in fondo la missione educativa, e far così intravedere alle giovani generazioni la possibilità di costruire insieme la convivenza urbana».

Sono 10 i punti del “Manifesto”. Elencano bisogni immateriali: più democrazia e partecipazione, virtù civiche nell'esercizio delle professioni, etica privata e pubblica, libertà, maestri di vita, dare un nome e un volto a chi fa del bene, rieducarsi ai valori umani e cristiani, più bontà, più intelligenza. E, infine, ha bisogno dei poveri: «I poveri ci provocano, ci spronano, ci costringono a non voltarci dall'altra parte - scrive Garzonio -. I poveri ci salvano. Ci affrancano dal bozzolo in cui andiamo avviluppandoci, ci ricordano che l'esistenza quotidiana non assomiglia affatto a un reality show».

Il “Manifesto per Milano” ricorda anche alcuni dei maestri che hanno scritto pagine importanti della storia della città: Giuseppe Lazzati, don Carlo Gnocchi, Enzo Biagi, Indro Montanelli, le suore che parteciparono alla Resistenza, il cardinale Carlo Maria Martini.

L'educazione dei giovani è affare di tutti. Famiglia e scuola non vanno lasciate sole. È il messaggio che il Rapporto lancia alle istituzioni cittadine. La famiglia ha cambiato faccia, spesso è più piccola non solo perché ci sono meno figli, ma perché c'è un solo genitore. La scuola deve affrontare nuove sfide, a partire dall'integrazione degli stranieri, con risorse minori. Gli altri (dalla Chiesa al comune, dalla tv ai gestori dei luoghi di divertimento) non possono stare a guardare. «Si profilano emergenze educative che hanno caratteristiche inedite - si legge nel Rapporto -: dalla demotivazione scolastica all'autoreclusione domestica e dipendenza dagli strumenti informatici, dall'uso di nuove droghe e abuso di alcol ai fenomeni di bullismo e violenze di gruppo, ma anche autolesionismo e tentato suicidio». (...)
«'Sì', risposi, la parola [Dio è la] più sovraccarica di tutto il linguaggio umano. Nessun'altra è stata tanto insudiciata e lacerata. Proprio per questo non devo rinunciare ad essa. Generazioni di uomini hanno lacerato questo nome con la loro divisione in partiti religiosi; hanno ucciso e sono morti per questa idea e il nome di Dio porta tutte le loro impronte digitali e il loro sangue. Dove potrei trovare una parola che gli assomigliasse per indicare l'Altissimo? Se prendessi il concetto più puro e più splendido dalla tesoreria più riposta dei filosofi, vi potrei trovare soltanto una pallida idea ma non la presenza di colui che intendo, di colui che generazioni di uomini con le loro innumerevoli vite e morti hanno onorato e denigrato. Intendo parlare di quell'Essere a cui si rivolge l'umanità straziata ed esultante. Certamente essi designano caricature e scrivono sotto 'Dio'; si uccidono a vicenda e lo fanno 'in nome di Dio'. Ma quando scompare ogni illusione e ogni inganno, quando gli stanno di fronte nell'oscurità più profonda e non dicono più 'Egli, Egli', ma sospirano 'Tu, Tu' e implorano 'Tu', intendono lo stesso essere; e quando vi aggiungono 'Dio', non invocano forse il vero Dio, l'unico vivente, il Dio delle creature umane?».

Martin Buber, L'eclissi di Dio




Staccare lo sguardo dal Crocifisso per fissarlo sul cartiglio posto su la sommità della croce, ove la mano poco sicura del legionario romano ha stampato la «causa della morte» dettata dallo stesso procuratore Ponzio Pilato (un altro tentativo di giustificarsi davanti alla legge più che alla coscienza) può parere una distrazione. (...). Ma queste quattro iniziali I.N.R.I. (Iesus Nazarenus Rex Iudeorum), che mi richiamano il S.P.Q.R. di quel tempo, l'U.S.A., l'U.R.S.S., l'O.N.U., I'E.R.P., l'O.E.C.E. del nostro (...).

Pilato gli disse: «Che cos'è la Verità?». Non certo l'U.S.A. o l'U.R.S.S. o l'O.N.U., come non sono re di verità e di pace gli uomini dai nomi altisonanti, siano essi marescialli o generali, presidenti o primi ministri, i quali avallano paurosamente le nuove sigle. La Verità non è legata alla propaganda: né la pace ai piani che ingombrano gli archivi di Lake Succes., Londra, Parigi, Varsavia...

In queste quattro iniziali I.N.R.I. c'è il vero piano tra uomo e uomo. E Gesù se ne rende garante ogni momento, scontandone le infrazioni nel modo che vediamo. (...) La pace va data così: il piano di pace non può avere iniziali diverse da queste quattro, che anche un bambino sa leggere e non gli fanno paura, anche se sotto c'è l'Uomo che muore. Ma muore per me, muore per te, fratello: muore per insegnare agli uomini che basta col fare morire, che è venuta l'ora di non far più morire nessuno, di mobilitare la pietà, di marciare disarmati per vincere la guerra.

«Io vi do la mia pace»: e ha le braccia spalancate e il segno dei chiodi. Questa maniera di fare la pace è la sola che non può essere adulterata, che non sopporta propaganda né partigianeria; è la pace che va bene per tutti, per la Russia e per l'America, per la Cina e per il Giappone, per gli Arabi e per i Turchi, per i ricchi e per i poveri. Sotto questa sigla non c'è trabocchetto né imboscata: dietro, né capitalismo, né comunismo, né guerra difensiva, né rivoluzione proletaria. C'è l'amore: è l'Amore: e l'Amore non guarda in faccia nessuno. Questa sera io rispondo presente a questa pace: mi lascio mobilitare per l'I.N.R.I.

Primo Mazzolari, Il segno dei chiodi, 170-171

Siamo tutti ayatollah

di Massimo Gramellini

L'Iran che condanna l'Italia per aver usato la forza contro i No global sembra la favola del bue che dà del cornuto all'asino. In realtà è solo l'ultima manifestazione del «così-fan-tuttismo». Quando il governo di Teheran convoca il nostro ambasciatore per contestargli il comportamento della polizia italiana all'Aquila, sta compiendo un'operazione politica: vuol far sapere al mondo che il bene e il male dipendono dai punti di vista e perciò non esistono. Il Potere chiama «male» ciò che vuole sovvertirlo: qui gli anticapitalisti, là gli oppositori. Quindi, delle due l'una: o il Potere sbaglia sempre a difendere se stesso con la forza, oppure non sbaglia mai. Qualunque distinzione ulteriore è frutto di ipocrisia.

Ovviamente noi sappiamo che le cose non stanno così. Che l'Occidente ha un sistema di libertà e contrappesi istituzionali che lo rende un po' meno ingiusto e arbitrario del suo concorrente. Da noi non si persegue l'idea, ma la violenza. Non l'anticapitalista, ma l'anticapitalista con l'estintore. Però nel gorgo del «così-fan-tuttismo» ogni distinzione evapora. Prendiamo il caso più frequente: l'infrazione della legge. Appena qualcuno viene sorpreso a rubare, non dice che ha rubato, ma che rubano anche gli altri. Quindi, se non vanno in galera gli altri, non deve andarci nemmeno lui, altrimenti sarebbe un'ingiustizia, un complotto, un golpe.

Poiché - chi più chi meno - lo fanno tutti, liberi tutti di continuare a farlo: ecco l'unica ideologia che mette d'accordo manager e ayatollah.

La ricerca realizzata da Cisco Systems

La giornata online dura 36 ore

Calcolando le operazioni compiute simultaneamente, il tempo della Rete risulta più lungo di quello reale

La giornata digitale è un concetto a cui non siamo ancora abituati, una nuova unità di misura per calcolare la vita che, parallelamente a quella del mondo fisico, pulsa in Rete. Viene calcolata sommando tutte le operazioni compiute simultaneamente online. Quindi se mentre navigo in rete per un'ora, ascolto contemporaneamente della musica su LastFm, le "ore rete" sono due, quelle "vita" una. Lo stesso avviene se parlo al cellulare mentre aspetto che si carichi un video su YouTube. Oggi la giornata digitale dura 36 ore, mentre nel 2013 sarà lunga il doppio di quella analogica. Benché il sistema di misurazione sia poco noto, rende molto bene l'idea di quanti dati transitino su internet. È questo uno di risultati della ricerca Visual Networking Index realizzata da CiscoSystems elaborando dati di analisti indipendenti. Il traffico IP globale, che oggi equivale a 9 exabyte al mese (un exabyte

La mia first lady

di Massimo Gramellini

Confesso di avere un debole per la presidente della Provincia dell'Aquila. Quella signora piccola piccola che vedete sgusciare nei telegiornali inamidati del G8, una volta accanto a Obama e un'altra accanto a Clooney. Più che accanto, sotto. Non so di che partito sia e preferisco non saperlo, per poterla iscrivere di diritto a quello della felicità minima garantita. Stefania Pezzopane, con quel cognome che è un programma esistenziale, mi sta insegnando a estrarre meraviglia da una tragedia. Senza imbarazzo né sensi di colpa. Il destino l'ha messa a capo di una provincia terremotata e lei ha pianto tutte le sue lacrime, finché ne ha avute. Poi ha ricominciato a sorridere. E adesso, diciamocela tutta, se la gode.

Clooney non sapeva più come seminarla, neanche fosse una di quelle ragazze che lo molestano davanti alla macchinetta del caffè. Quanto a Obama, il giorno prima se l'era vista sgusciare da sotto un'ascella. Lei non conosceva abbastanza inglese per esprimergli la sua gioia e così ha urlato: «We are the champion», senza la esse finale. Non c'entrava niente, ma converrete che è la frase più bella che un'italiana potesse pronunciare in mezzo alle macerie, accanto all'uomo più potente del mondo, anzi sotto. We are the champion, senza la esse, ma con un cuore che fa a spallate con la vita e accoglie tutto, la vittoria e la sconfitta, trattando «questi due impostori», direbbe Kipling, allo stesso modo. Al posto di Silvio non avrei dubbi: Pezzopane first lady in rappresentanza delle indomite donne d'Italia: con una così accanto, anche lui potrebbe finalmente togliersi i tacchi.



Clicca sull'immagine e gustati tutte le pillole di Gramellini dal G8!

«Pane eucaristico: pane che si spezza e si dona. Fractio panis è il primo nome della messa. "Prese il pane, rese grazie, lo benedisse, lo spezzò e lo diede ai suoi". Il gesto della mamma che distribuisce il pane ai figliuoli. La mamma da, se può dare: gode nel dare. Quale lezione per noi che vogliamo tutto e non abbiamo mai nulla per gli altri! Il mondo è così: mani che si chiudono, occhi che non vedono, cuori di pietra. Chi spezza il pane quotidiano, come si spezza il pane eucaristico, risolve il problema sociale. È tuttavia l'unico modo di gustare il sapore del pane, il sapore eucaristico delle creature. Esse non hanno più né sapore né gioia perché l'egoismo spegne e cancella il sapore e la gioia».

Primo Mazzolari, Dietro la croce, 29

«La barca era in secco. La toccai col palmo della mano. Il legno era lisciato dal sale, dalle verniciature annuali, i remi si erano scavati un incavo vicino al piolo dello scalmo, dov'era l'attrito. La barra del timone era scura dove la mano si appoggiava. Ogni pezzo risentiva dell'uso, del maneggio, era addolcito, smussato dal lavoro. Mi veniva di passare la mano sui bordi, sulla prua. "Allisci la barca?" chiese [Nicola] con affetto. "Vedi bene, il legno ha il suo verso. Quando lo tagliamo per fare le assi lo rispettiamo sempre. Se tagli contro vena il legno si torce, si ribella e tanto fa fino a che non si spacca. Pure il legno stagionato è così, va lavorato a verso. Alliscia la barca secondo il verso della vena del legno, allisciala da prua verso poppa, come fa il mare"».

Erri De Luca, Tu, mio, 105

La droga del Web che gira l'Europa. "Si prende anche davanti ai poliziotti"

Dalle discoteche inglesi all'Italia, il Gbl si compra nei forum online

Il gruppo su Facebook non accetta amici né visitatori. I forum su Internet sono camuffati o poco riconoscibili, sepolti sotto un mucchio di link e banner pubblicitari. Ma il Gbl, che all'inizio circolava clandestino nei rave party, è a tutti gli effetti la droga del web, perché è sulla Rete che partono gli ordini per portare in flaconi in Italia, ed è sulla Rete che i navigatori si scambiano pareri e consigli. Il Gbl, spiegano gli esperti dell'Aduc droghe, è usato «generalmente come solvente industriale per produrre la plastica e i pesticidi ed è legale, nonostante i tentativi di bandirne liberamente la vendita». Negli ultimi tre o quattro anni ha soppiantato la Gbh, la cosiddetta «droga degli stupri», messa al bando nel 2003, quando è stata inserita nelle sostanze di fascia “C”, equiparata, cioè, alla cannabis e alle anfetamine.

L'effetto del solvente è devastante. Le discoteche inglesi, le prime a scontrarsi col fenomeno, hanno assunto nuovi paramedici per far fronte alle tantissime richieste di intervento. Inodore e insapore, il Gbl ha effetti simili all'ecstasy, provoca euforia e stati di allucinazione, ma può causare fortissimi problemi respiratori e sonnolenza improvvisa. Ed è uno dei capofila delle droghe sintetiche che stanno invadendo il mercato, anche in Italia. Su Google, in uno dei gruppi dedicati al Gbl, si legge che sì, lo «puoi bere puro, ma in dosi di 1, 2 millilitri». Comunuque, scrive Akira 77, «l'effetto non é neanche bellissimo, e rischi anche di farti del male, perché la dose mortale é di poco più alta della dose da sballo». Insomma si corrono pericoli fortissimi, ma i link che portano ai negozi virtuali non mancano. Qualcuno dopo pochi mesi chiude, altri cambiano piattaforma. «Anche le dosi più basse sono pericolosissime se mischiate con alcool» si legge sul forum. Ersilio, un altro degli esperti, mette in guardia i nuovi arrivati. «Brucia e sa di schifo, di solito si beve con i succhi di frutta». Il punto è, dicono invece su Drugs-forum, che oltre ad essere praticamente legale il Gbl è anche impossibile da trovare in caso di controlli delle forze dell'ordine. «Un sacco di volte- spiega Richard- l'ho preso davanti alla polizia, agli insegnanti, a casa in famiglia».

Secondo un'indagine di Eurobarometro il 34 per cento dei ragazzi in Europa usa Internet per cercare informazioni sulle droghe, e la rapidissima ascesa dei prodotti chimici è legata soprattutto alla capacità di superare senza troppi problemi le frontiere, nonostante le relazioni della Direzione centrale dei servizi antidroga del ministero dell'Interno parlino di un aumento del 500 per cento di sequestri. «Dovendo fare una classifica, il livello di pericolosità di queste sostanze e' molto alto, superiore alla cocaina e di poco inferiore all'eroina. In merito alle motivazioni, si vede come se chi si fa le canne ha obiettivi di socializzazione, e chi usa eroina dice di farlo “perchè è buona”, chi assume queste sostanze chimiche e allucinogene lo fa per provare altri stati di coscienza» spiegava un anno fa Raimondo Pavarin, responsabile dell'Osservatorio epidemiologico sulle dipendenze patologiche dell'Ausl di Bologna. E la situazione non è cambiata.

Una storia toccante,

una grafica immediata,

un messaggio efficace per affrontare la tristezza.


 






 

Il galateo secondo Matteo

di Massimo Gramellini

Un politico della famigerata Prima Repubblica si sarebbe mai fatto beccare su YouTube intento a cantare a squarciagola coretti contro i napoletani? Secondo me no, e per due ragioni. La prima è tecnica: YouTube non esisteva ancora e un razzista poteva andarsene tranquillamente in giro a intonare le sue odi al Vesuvio, correndo al massimo il rischio di ricevere una pizza salutare sul grugno, ma certo non di essere ripreso da un telefonino e poi esposto al pubblico ludibrio della Rete. La seconda ragione è squisitamente estetica: fino a una ventina d'anni fa, i politici desideravano ancora dimostrarsi diversi dalla parte più becera dei loro elettori. E questa diversità imponeva il rispetto di un galateo minimo: ipocrita fin che si vuole, ma tale da tirare una netta linea di confine fra il Parlamento e il bar sport. In seguito è scattata la rivoluzione della sedicente spontaneità: la politica ha smesso di parlare con la gente, ma ha cominciato a parlare come la gente. Vantandosene pure, e spacciandola per evoluzione della democrazia.

Ecco perché il leghista Matteo Salvini, immortalato con un bicchiere di birra in mano e un mare di luoghi comuni sulla bocca, anziché vergognarsi per una caduta di stile ha potuto rispondere scandalizzato che si trattava di un coro cantato in tutti gli stadi. L'idea che un parlamentare non sia un ultrà, e che non possa mai comportarsi come un ultrà, nemmeno nel tempo libero, deve sembrargli piuttosto bizzarra, forse anche classista, ma sicuramente meritevole di un'altra birra e di un'altra canzone.

Ringraziando la Advertice.it,

da oggi il sito ha una "pelle" tutta nuova!


Grazie a Anna e Luca,

grazie agli assidui frequentatori,

complimenti ai grafici!!


Sono ben accetti i vostri commenti in proposito!!

Codice della strada

Multe fino a mille euro a chi getta rifiuti dall'auto

Punito chi lancia sigarette dal finestrino. Il capo della Polstrada: faremo rispettare la norma

Svuotare il posacenere al semaforo, lanciare la cartaccia dal finestrino o il mozzicone di sigaretta acceso, la lattina, la bottiglia d'acqua vuota (se va bene) mentre si sfreccia in autostrada. Insomma tutti quei comportamenti così maleducati eppure così diffusi e che oltraggiano il decoro urbano, da oggi saranno sanzionati assai più severamente. Lo prevede uno speciale capitolo del decreto sulla sicurezza che modifi­ca il codice della strada. Multe da 500 a 1.000 euro. Una stangata rispetto alla contravvenzione dai 23 ai 92 euro prevista finora.

Non ce n'è solo per gli automobilisti. I sindaci sono invitati a comminare «almeno 500 euro» a chiunque «insozzi le pubbliche vie». Non la vede facile Giordano Biserni dell'Asaps (Associazio­ne amici sostenitori polizia stradale): «Non confido più di tan­to che il divieto venga rispettato. Noi italiani, quanto a rispetto del territorio, non diamo il meglio. E quando il primo agen­te farà la multa, sul giornale ci finirà lui». Roberto Sgalla, capo della Polizia Stradale, commenta secco: «C'è la norma, la fare­mo rispettare. Quando vedremo un automobilista che imbratta la strada, gli contesteremo la contravvenzione». Molte statali e lunghi tratti di autostrada sono spesso piccole discari­che occasionali. «Chi sporca va multato e pure forte, basta con il lassismo», dichiara l'assessore milanese all'Ambiente, Maurizio Cadeo, sostenitore del «ci vogliono poche regole ma ferme per la convivenza civile». (...).

Comunicato della Conferenza Istituti Missionari Italiani sul ddl "Sicurezza"


Il decreto "Sicurezza" è stato approvato alla Camera e al Senato della nostra Repubblica con voto di fiducia, ma non certo in un clima di fiducia. Pur nella complessità del Decreto, che affronta temi e aspetti slegati tra loro, la Conferenza degli istituti missionari italiani (Cimi) dichiara il suo sconcerto per quanto riguarda i provvedimenti sul tema degli immigrati, nei suoi vari aspetti. Siamo ben consapevoli che ogni stato ha il diritto-dovere di regolare le migrazioni, in pieno rispetto dei diritti umani dei propri cittadini e anche di ogni persona al mondo, come richiede la Costituzione della repubblica.

Come missionari - donne e uomini che dedichiamo la vita al fraterno e solidale servizio tra i popoli del mondo - siamo testimoni delle tragiche situazioni in cui sono costretti a sopravvivere centinaia di milioni di persone e famiglie a causa dell'impoverimento forzato e dei numerosi conflitti, con responsabilità anche internazionali.

Ci meraviglia, quindi, che il cosiddetto "Pacchetto Sicurezza" sia stato votato e approvato senza neppure tener conto delle cause che sono all'origine e concomitanti del drammatico fenomeno migratorio. Allo stesso tempo, dichiarando colpevole di "reato" ogni immigrato clandestino, la legge colpisce le persone più deboli, lasciando impuniti quegli organismi (noti o clandestini) che sono coinvolti - in modo illegale e criminoso - nel reclutamento, trasporto e sfruttamento dei migranti.

Altrettanto ci preoccupano le enfatiche dichiarazioni di certi legislatori, che abbiamo avuto modo di ascoltare sulle televisioni e leggere sulla stampa. Il fenomeno migratorio e la sua regolamentazione devono essere, invece, affrontati con alto senso di responsabilità e grande equilibrio, sulla linea di quanto affermato anche recentemente dal presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), card. Angelo Bagnasco: «La risposta non può essere solamente di ordine pubblico, anche se è necessario mettere in chiaro diritti e doveri». Diritti e doveri che riguardano anche noi italiani, verso tutti gli immigrati nel nostro paese e in Europa, e ai quali gli stati devono poter garantire la giusta sicurezza e l'umana dignità.

In questo contesto, noi missionari chiediamo al nostro governo di impegnarsi - al prossimo G8 - per promuovere in modo prioritario l'attuazione di tutte le promesse - più volte fatte e mai realizzate, a livello europeo e internazionale - verso un maggiore impegno di economia solidale e di equo sviluppo a favore dei popoli più bisognosi.

Ciotti: negli immigrati c'è Dio ed è clandestino in questo Paese

(Ansa) -  "In tutti gli ultimi, in tutti gli immigrati c'é Dio che vive in clandestinità e noi non possiamo respingere Dio. Noi rischiamo di aver cacciato Dio, Dio è clandestino nel nostro Paese. Ed ecco che nell'ansia di fare ordine si rischia, così facendo, di ottenere quel supremo disordine che è la negazione dei diritti. Questo non è possibile".

A dirlo è stato don Luigi Ciotti da Savignano sul Panaro (Modena) dove si è svolta l'assemblea nazionale di Libera, l'associazione che l'ha riconfermato presidente. Come si legge in una nota dell'associazione, a ispirare le parole del sacerdote è stata un'omelia di Natale pronunciata da don Tonino Bello che diceva: "i poveri, gli ultimi sono il luogo dove Dio continua a vivere in clandestinità".

A proposito del nuovo reato di clandestinità introdotto di recente dal ddl sulla sicurezza, don Ciotti ha aggiunto: "Una cosa è certa: tutto questo consegnerà un numero crescente di non cittadini immigrati in mano alla criminalità e all'illegalità. Saranno le organizzazioni criminali che si occuperanno dei loro alloggi, della loro salute, del loro lavoro, dei loro risparmi rendendo ancora più insicuro e fragile il nostro Paese".

E ha sottolineato come "oggi nel nostro Paese siamo in presenza di una guerra di nuova generazione, silenziosa che non spara, che sta respingendo queste persone", e che "davanti a questa guerra, diritto e accoglienza ci devono accompagnare sempre".

 


«La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo viso è uno stupore ansioso che non è apparso che una volta su un viso umano. Poiché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, e il frutto del suo ventre. L'ha portato nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. E in certi momenti la tentazione è così forte che dimentica che è Dio. Lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio! Ma in altri momenti, rimane interdetta e pensa: Dio è là e si sente presa da un orrore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante. Poiché tutte le madri sono così attratte a momenti davanti a questo frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino e si sentono in esilio davanti a questa nuova vita che è stata fatta con la loro vita e che popolano di pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato più crudelmente e più rapidamente strappato a sua madre poiché egli è Dio ed è oltre tutto ciò che lei può immaginare. Ed è una dura prova per una madre aver vergogna di sé e della sua condizione umana davanti a suo figlio. Ma penso che ci sono anche altri momenti, rapidi e difficili, in cui sente nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che è Dio. Lo guarda e pensa: «Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia». E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive. Ed è in quei momenti che dipingerei Maria, se fossi pittore, e cercherei di rendere l'espressione di tenera audacia e di timidezza con cui protende il dito per toccare la dolce piccola pelle di questo bambino-Dio di cui sente sulle ginocchia il peso tiepido e che le sorride. Questo è tutto su Gesù e sulla Vergine Maria».

Jean-Paul Sartre, Bariona o il figlio del tuono. Racconto di Natale per cristiani e non credenti, 90


 

«Che la Chiesa sia il popolo di Dio significa anche questo: che ciascuno è soggetto solo in quanto è relato ad altri soggetti, che ciascuno è cristiano solo in quanto è posto di fronte all'altro, che ogni cristiano è Chiesa solo in quanto è con l'altro, per l'altro, centro dell'altrui presenza. Personalizzazione e comunione non sono due dinamismi antitetici, ma sono, sul piano dell'essere, simultanei l'uno all'altro. Ciascuno, nella Chiesa, qualunque sia il ruolo che vi occupa, proviene dal noi ed è rimandato al noi».

Roberto Repole, Il pensiero umile, 159

Fa peccato chi manca le promesse

L'altra faccia è il commovente lavoro di tanti volontari

di mons. Desmond Tutu

Una promessa fatta ai poveri è particolarmente sacra. È un atto di grazia e di grande autorità quando vengono fatti tutti gli sforzi per onorare questi patti, ed ecco perché i Paesi del G8 che guidano l'iniziativa verso i più poveri meritano questo riconoscimento.

Ma quando occorre dobbiamo essere pronti al biasimo oltre che alla lode. Mi rattrista che grandi nazioni come l'Italia e la Francia vadano nella direzione sbagliata e manchino le promesse fatte quattro anni fa al vertice di Gleneagles. Dobbiamo tutti fare pressione affinché nei prossimi incontri del G8 tornino in carreggiata e facciano quel che è giusto.

Certo, lo sviluppo dell'Africa deve essere guidato da cittadini africani - di tutti i ceti sociali - ma accogliamo volentieri e abbiamo bisogno dell'aiuto internazionale nella nostra lotta contro la povertà e l'ingiustizia. Questo significa aiuto dai governi e dai buoni cittadini in Paesi come l'Italia.

Mi aspetto che molti di noi si sentano spesso turbati e scoraggiati quando guardano i notiziari e vedono quel che accade in Darfur, Zimbabwe, Congo. «Quando arrivano le buone notizie?», ci chiediamo. Bene, vi annuncio che ci sono buone notizie dall'Africa.

Quando recentemente sono stato in Darfur sono stato particolarmente colpito dagli operatori umanitari che resistono lì in una situazione orribile. Voglio dire forte e chiaro che ci sono tanti giovani incredibilmente idealisti, convinti che la povertà possa diventare un dato storico, fiduciosi nella possibilità di un mondo senza guerra. Il male non ha campo libero. Sono nella posizione di affermare che questo è un universo morale e il bene finirà per prevalere.

In Africa, solo nell'ultimo decennio, 34 milioni di bambini in più hanno avuto l'opportunità di frequentare la scuola, imparare a leggere e a scrivere e salvarsi dalla povertà. Questo grazie agli sforzi della leadership africana e all'efficacia degli aiuti, compresi quelli dei Paesi del G8. Può essere difficile raffigurarsi 34 milioni di bambini. Così pensiamo a un solo bambino che ora può andare a scuola e ricevere il dono dell'istruzione. Dategli il viso di un bambino che conoscete. E date a quel volto un nome. Non si tratta di numeri, è quel bambino, figlio di qualcuno, fratello di qualcuno. È fantastico che sia successo.

Ci sono anche buone notizie per la lotta contro malattie come l'HIV/AIDS. Si stima che in Africa ci siano tre milioni di persone in vita grazie alle cure contro l'Aids. Immaginate di vivere in una famiglia colpita dall'Aids,il capofamiglia ha ricevuto questa condanna a morte e voi lo vedete spegnersi quando, ecco, inizia a prendere le medicine antivirali e inizia la metamorfosi. Pensavamo che nostra madre stesse morendo ma ora sta abbastanza bene per andare al lavoro. È così per tre milioni di persone. Perché è stato dato aiuto.

Una promessa fatta a un povero è particolarmente sacra. Non mantenerla è un peccato.



Lascia su La Stampa un messaggio a proposito dell'Africa e vinci una t-shirt!

Il capostipite del teatro civile Marco Paolini spiega la memoria corta del nostro Paese. E partendo dal racconto di Ustica (pubblicato da Einaudi con un nuovo dvd) arriva fino a Papi

"Noi italiani? Ci indigniamo però poi ci viene sonno..."

di Paola Zanuttini

"In Italia l'indignazione dura meno dell'orgasmo. E poi viene sonno". Ottima battuta. La pronuncia Marco Paolini in I-TIGI a Gibellina il dvd che ripropone il suo Racconto per Ustica registrato in una notte tempestosa del 2002 sul Cretto di Burri a Gibellina. Un work in progress lunghissimo, l'approfondimento di quel Canto per Ustica messo in scena (con Giovanna Marini) nel 2000 a Bologna e Palermo per il ventennale della strage di Ustica, pubblicato ora da Einaudi in un cofanetto libro-dvd. Tanto per rinfrescare la memoria, nel tratto di mare fra Ponza e Ustica, il 27 giugno 1980 sprofondò il DC9 Itavia, matricola I-TIGI, con 81 persone. E non abbiamo ancora ufficialmente capito come e perché.

Le battute di Paolini sono rare e fulminanti. Non è uno che strappa la risata, e con serietà altrettanto rara avverte: "Non ho la verità in tasca e, a teatro, ho sempre cercato di fare il possibile per non dare peso alle mie opinioni: non sono un elzevirista. Né un esperto di catastrofi o tragedie, il mio Paese lo è molto più di me, non mi prendo una tale delega. E non vorrei riaprire la ferita delle persone colpite da quella vicenda con semplici banalizzazioni".

Massimo rispetto. Ma ci spieghi perché nel Paese delle "toghe rosse" e della "giustizia a orologeria" non si riesce mai ad avere una sentenza che faccia luce sui nostri misteri?

"Vedersi appiccicare un'etichetta politica darebbe fastidio a me e immagino lo dia ancor di più ai magistrati: non credo quindi che dipenda dal rispettabile orientamento delle loro scelte. Detto questo, è innegabile che indagini tanto lunghe e complicate producono un volume impressionante di documenti. Mi chiedo se le parti coinvolte nel processo facciano in tempo a leggerli. E mi chiedo anche se non sia il caso di darsi dei limiti per rendere le istruttorie più umanamente compatibili coi tempi di un processo".

Bella domanda, ma come?

"Accertando per piccoli passi invece di mettere tutto insieme. Si insegue la spiegazione finale senza la pazienza di collegare i dettagli. Come chi ha sempre in mente il complotto nel senso di cosa grossa, per cui tutto è riconducibile a Licio Gelli. Le semplificazioni vanno bene in letteratura, per produrre una spiegazione che, senza prove ma per ragionamento, arriva a una conclusione. Negli altri casi, dovremmo avere l'umiltà di dividere le cose più complicate in pezzi più accessibili".

Come i pezzi del DC9?

"Se vedo come sono raccolti e catalogati i resti di un aereo caduto in mare di questi tempi o come ci si muove nelle catastrofi giapponesi raccontate da History Channel, non posso non fare un confronto con la sciatteria che ha caratterizzato le repertazioni di Ustica".

La sciatteria è alleata dell'insabbiamento. Quale dettaglio di questa indagine all'italiana l'ha scandalizzata di più?

"Difficile dire, però c'è un aereo, un caccia, che parte da Grosseto per portare dei tracciati radar in Sicilia e, quando arriva, nel portabagagli, che dev'essere come quello di una 500, i tracciati non ci sono più: persi. Sembra una zingarata di Amici miei, ma che possa morire chi se l'è inventata. E la cosa peggiore è che una generazione che non ha risolto i suoi problemi pretende di istituire le giornate della memoria. Si trasmette alle nuove generazioni un fardello di cose irrisolte e la sensazione destinata a diventare senso comune che niente può essere saputo e conosciuto. Ognuno ha la sua verità. Quella del senatore Cossiga, il giorno dopo la sentenza, fu che l'aereo era stato abbattuto da un missile francese".

A proposito, con Gheddafi a Roma, nessuno si è ricordato del Mig libico che sembrava avere le sue responsabilità nella tragedia di Ustica.

"È una farsa. Ai tempi dello spettacolo sono stato sorvegliato, assalito da mitomani e brutta gente che voleva insinuarsi nella mia famiglia, ho ricevuto lettere e telefonate sgradevoli: a tutti quelli che mi davano la loro versione ho detto di rivolgersi al magistrato. Su quel maledetto Mig ho sentito di tutto. Ma il colmo è stato quando, con Daniele Del Giudice che preparava il lavoro con me, siamo entrati nell'hangar di Pratica di Mare dove era conservato il relitto del DC9: c'era anche un pezzo di quel Mig e il serbatoio di un caccia americano. Perché quei resti erano tutti insieme? Non c'era un altro posto dove accatastarli? Se non c'entravano niente, era indecente accostarli".

La smemoratezza italiana non dipenderà dal fatto che le nostre tragedie sono così oscure? Difficile capire, ricordare.

"Le racconto un fatto. Nel 1998, dopo lo spettacolo sul Vajont, dei ricercatori della Columbia University mi invitano in America a un congresso mondiale di esperti in catastrofi italiane. C'è quello che ha dedicato la vita al maremoto di Messina, il signor Terremoto del Friuli, il professor Alluvione di Alessandria e io sono lì perché vogliono farmi una domanda: con questo territorio che brucia, allaga, frana, trema, con i terroristi, la mafia, le stragi, siamo il Paese della futura Eurolandia con il maggior numero di sfighe. Ma come abbiamo fatto a restare vivi?".

E lei cosa ha risposto?

"L'unica cosa che mi è venuta in mente. Conosco famiglie che il morto in casa non ce l'hanno da tantissimo tempo e ne conosco altre che passano da un guaio all'altro e tu non osi metterti nei loro panni, chiederti: "Ma come fanno?". Non siamo un Paese piano, con tradizione di nazione, ma piuttosto di localismo, geograficamente difficile, socialmente non compatto, linguisticamente unificato di recente, politicamente ancora legato ai campanili: come fai a sopravvivere a una tale somma di catastrofi? Hai due opzioni, elabori il lutto o lo rimuovi".

Pare che la seconda prevalga.

"È chiaro. Non possiamo focalizzarci su un sentire comune perché, anche se alcune cose potrebbero unire, la somma delle tragedie è tale che la rimozione serve a ritrovare una quotidianità e un futuro. Nel tempo breve è comprensibile, ma, alla lunga, determina l'incapacità di essere adulti. E c'è un altro fatto: quando c'è una nuova disgrazia si rievocano le precedenti in un album nostalgia che mischia le cose risolte e quelle irrisolte. Per dire, la ricostruzione del Friuli non è come quella dell'Irpinia: non impari la lezione se non sai qual è quella giusta. Non si costruisce così il futuro".

E come si costruisce?

"Tre elementi caratterizzano una società: l'economia, la politica e la cultura, che non è un panda o il Fondo unico dello spettacolo, ma il sentimento di un popolo. L'arroganza dei poteri economici e politici consiste nel credersi in grado di condurre da soli una società, ma è la cultura che permette di capire ciò che è impagabile, non negoziabile. Non si possono fare ciclici appelli al bene comune se non c'è un patto di fondo a tenerci insieme. Obama ha regalato un futuro agli americani perché il suo discorso non è solo legato alla sfera politica: ha rifondato in modo credibile l'immagine di un futuro, di una speranza. Quel popolo sarà naïf, ma è più capace di rifondarsi, perché è più giovane".

Mentre noi siamo decrepiti?

"Fuori tempo massimo per rimettere mano al nostro patrimonio culturale: quando lo nominiamo pensiamo al Colosseo o altre cose da vendere ai turisti. Sembriamo Totò nel dopoguerra con gli americani. Di questo passo, l'unica alternativa è: diventare come Bali o Mauritius?".

Di questo passo, perché la vita erotica di Berlusconi destabilizza il governo più della sentenza Mills?

"Credo che la mamma di Monica Lewinsky, quando le indicò il congelatore come luogo dove conservare un indumento gravido di indizi, abbia tracciato un solco nella storia politica del mondo. Da allora, ogni mamma italiana di fanciulle che frequentano ambienti per bene sa dove tenere le prove. Se dovessi indagare, partirei dai surgelatori".


Non è una barzelletta: è una p......a.

Mi domando come mai non l'abbiano pensata Endemol e le tv italiane.
Dal cap. 18 del Deuteronomio:

«Il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”. Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come riconosceremo la parola che il Signore non ha detto?”. Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l'ha detta il Signore. Il profeta l'ha detta per presunzione».

Dal cap. 7 del vangelo di Luca:

«“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: “I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia”. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Con la speranza di tornare presto a vedere la realizzazione dei segni della presenza di Dio in mezzo agli uomini, pena ricadere nel giudizio espresso nella prima lettura.

Un bel documentario (che ci è stato segnalato da P.A.: grazie!), una denuncia accorata, un'immagine fosca della situazione.

Qui trovate il video completo (25 minuti) e il relativo blog:




Su YouTube sono apparse tre sezioni, oltre all'intervento dell'autrice a "L'infedele":





«E adesso dov'è finita la donna per me? E' assente dalla mia vita di consacrato? Quale tristezza sarebbe la mia! No, il celibato non giustifica l'assenza della donna, come il vivere solo non giustifica l'assenza dei fiori nel mio giardino e dell'acqua fresca nella mia fontana. No, non era ciò che Dio voleva da me; escludere dal mio amore metà del genere umano... La donna è tornata ad affacciarsi alla mia esistenza? E come poteva non essere se volevo essere Chiesa e vivere nella Chiesa? Come potevo escludere la metà del genere umano e come potevo accantonare la possibilità di un amore di tante sublimi creature? Perché devo ben dirlo, erano sublimi. Nelle parrocchie le più vivaci, nelle comunità le più fedeli, nell'evangelizzazione le più attente, nelle cordialità le più simpatiche, nel dono di sé le più generose. No, non potevo escluderle, non le ho escluse! Di più, le ho amate! Con loro era tutto più facile: la casa più ordinata, la voglia di lavorare più semplice, i rapporti più scorrevoli, l'unità più naturale, la gioia di vivere più grande. E' un fatto! (...) Mi permetto ancora una confidenza. Quando ero ragazzo avvertivo una segreta compiacenza ad essere maschio. Ora non è più la stessa cosa... E per tanti motivi... Ve ne confesso uno solo che è nato nel più profondo del mio profondo: avverto che la donna è migliore di me. Nel cammino verso Dio, che è l'unica cosa che mi interessa, la sento sempre un piccolo passo avanti di me. Nell'umiltà più umile, nella pazienza più forte, nella carità più vera. Non sono geloso di natura, ma mi è facile vedere che Dio guarda la donna con predilezione e mi dice quasi sempre: «Vedi e impara...». Nel cammino verso Dio la donna è facilitata. Non per nulla le donne sono le più disponibili al problema religioso. E non è per la loro debolezza. E' perché sono fatte meglio. E' indiscutibile! E' perché Dio , pensando alla creazione l'ha pensata al femminile. Come deve essere caro a Dio l'abbandono della donna nell'amore e nelle cose più grandi di lei! Come deve prediligere il suo silenzio, aperto a Colui che viene!».



fratel Carlo Carretto, passi tratti da Ho cercato e ho trovato

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Case «pulite» - Pannelli solari sui tetti di tutte le abitazioni a Ota, in Giappone: una città che testimonia lo sforzo del Paese nella direzione di una maggiore consapevolezza ambientale, ma anche le difficoltà e i costi legati alla ricerca di nuove fonti di energia (Reuters).
A scatenare la protesta via-web dei devoti del santo è la cripta della nuova chiesa interamente foderata d'oro e inaugurata dieci giorni fa dal Papa.

L'oro di Padre Pio

Scoppia la polemica per lo «sfarzoso ambiente» in cui i frati di San Giovanni Rotondo vogliono riporre le ossa del cappuccino campano

di Giacomo Galeazzi

Padre Pio ha passato la vita in un'umilissima cella, ma ora riposerà in una cripta d'oro. Scoppia la polemica per lo «sfarzoso ambiente» in cui i frati di San Giovanni Rotondo vogliono riporre le ossa del cappuccino campano. A scatenare la protesta via-web dei devoti del santo è lo stanzone della nuova chiesa interamente foderato d'oro e inaugurato dieci giorni fa dal Papa. Una cripta affidata al mosaicista pontificio padre Marko Rupnik, pronta ad accogliere Padre Pio al termine dell'ostensione e realizzata con l'oro regalato nei decenni dai fedeli di tutto il mondo in pellegrinaggio sul Gargano. Guidano la rivolta i siti religiosi, come «Cattoliciromani», che gridano al «tradimento della povertà francescana e dei valori che impersonava il santo». Si difendono i confratelli di Padre Pio: «È un'opera d'arte di livello straordinario, se non la si contempla dal vivo, non la si può descrivere. Non ci sono parole efficaci». Padre Antonio Belpiede, portavoce dei cappuccini di San Giovanni Rotondo, magnifica «i 2 mila metri quadrati di mosaico che impreziosiscono la cripta della nuova basilica dedicata a San Pio». E precisa: «Il corridoio che si attraversa per arrivare alla cripta è stato realizzato secondo lo stile delle antiche basiliche cristiane, tende cioè a rallentare il ritmo del pellegrino per dargli la possibilità di pregare e di contemplare». Sono raccontate per immagini le vite in parallelo di San Francesco e Padre Pio. Visitando la cripta Benedetto XVI, assicurano i frati, avrebbe detto: «Non solo è un'opera di straordinaria bellezza ma costituisce una lezione di teologia magistrale». Eppure adesso vengono contestati il largo uso dell'oro e lo sfarzo. «Ma l'impiego del metallo prezioso - ribattono i cappuccini - c'è in tutte le basiliche antiche della cristianità e anche nella basilica inferiore di Assisi dove si celebra il passaggio dalla morte alla vita: l'unico dipinto in oro è quello che celebra la gloria di San Francesco. Di fronte alla gloria di San Francesco salta via tutta l'austerità e la povertà». E aggiungono: «Noi per la cripta dedicata a San Pio abbiamo pensato di seguire la tradizione antica e di celebrare con un baluginio di oro la gloria di Padre Pio che entra ricco di gloria nella gloria dei cieli. La Chiesa ha sempre fatto questo tipo di scelta. Se qualcuno non la pensa allo stesso modo è libero di farlo». L'effetto, comunque, è impressionante. «Per realizzare gli affreschi in foglia d'oro, con tipi d'oro a diversi carati per produrre una policromia sono stati necessari sei mesi di studio e dodici mesi di lavoro - puntualizza padre Belpiede -. Complessivamente sono state realizzate 54 scene. Per la realizzazione sono stati utilizzati milioni di tessere: non è stato possibile calcolare il numero preciso». Le pietre da cui sono state ricavate le tessere provengono da varie parti del mondo. «Tutto l'oro utilizzato è stato donato dai fedeli di San Pio da Pietrelcina», rimarcano i cappuccini. Presto nella cripta del nuovo avveniristico santuario di Renzo Piano saranno ospitati i resti del santo che attualmente sono in ostensione nella cripta della vecchia chiesa di Santa Maria delle Grazie e lì rimarranno fino al 23 settembre, anniversario della morte del frate. I blog cattolici non ci stanno. «Alla faccia dell'umiltà, povertà, sobrietà - insorgono su Internet -.Quante persone sfortunate si sarebbero potute aiutare con quell'oro? Questo fa il paio con il vitello che Mosè si ritrova disceso da Sinai». E ancora: «Perché d'oro? E i valori cristiani? Ma Gesù non predicava la semplicità, l'umiltà, la povertà? E poi l'utilizzo di tutto quell'oro. Uno sfoggio di potenza e ricchezza. Perché non utilizzare quell'oro per aiutare le famiglie in difficoltà? Padre Pio lo avrebbe apprezzato di più. E quando il Papa nei suoi discorsi ci ricorda che la Chiesa ha a cuore tutti i poveri della terra, i frati non ascoltano?».

L'omino di ghiaccio decise di trascorrere la sua vacanza nel deserto del Sahara.


don Chisciotte