2018_08_agosto
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Anni 70 - Scrive l'articolista: Boncompagni, Carrà, Arbore, fotografati "con un'amica di colore". Questo era il livello di arretratezza culturale che favorivano i media. Mi piace restituire alla piccola storia, una piccola verità: nella foto, ARETHA FRANKLIN, con tre amici.
Ornella Medda - 27 agosto
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«35. Una pastorale in chiave missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere. Quando si assume un obiettivo pastorale e uno stile missionario, che realmente arrivi a tutti senza eccezioni né esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. La proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa.
36. Tutte le verità rivelate procedono dalla stessa fonte divina e sono credute con la medesima fede, ma alcune di esse sono più importanti per esprimere più direttamente il cuore del Vangelo. In questo nucleo fondamentale ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto. In questo senso, il Concilio Vaticano II ha affermato che « esiste un ordine o piuttosto una “gerarchia” delle verità nella dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana » (UR 11). Questo vale tanto per i dogmi di fede quanto per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa, ivi compreso l’insegnamento morale.
37. San Tommaso d’Aquino insegnava che anche nel messaggio morale della Chiesa c’è una gerarchia, nelle virtù e negli atti che da esse procedono.[39] Qui ciò che conta è anzitutto « la fede che si rende operosa per mezzo della carità » (Gal 5,6). Le opere di amore al prossimo sono la
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“Il clericalismo è una componente della crisi degli abusi sessuali nella Chiesa”
intervista a Stéphane Joulain
Il clericalismo comincia quando questa cultura clericale scade in corporativismo: cioè quando i preti si concedono dei privilegi, e quando la protezione degli interessi del loro gruppo prevale su quella dell'integrità fisica e psicologica di altri. Ciò che il papa denuncia sono quei preti che mettono il loro potere e la loro autorità a proprio profitto, che, in quanto pastori, si riconoscono una sorta di superiorità che li mette su un piedestallo. Quando una persona comincia a sentirsi speciale, è facilmente tentata di concedersi dei privilegi speciali... Il papa la pensa diversamente: l'autorità e il potere sono affidati dalla Chiesa ai suoi pastori solo perché essi si mettano a servizio della comunità, fino a “conoscere l'odore delle pecore”.
Effettivamente, il clericalismo può stabilirsi solo se è imposto dai preti e accettato dai laici. (...) Ritenere che, dato che si è stati ordinati, si ha diritto ad una forma di riverenza, è un errore, di cui certi non esitano ad abusare... La cultura e la storia di un paese hanno un ruolo in questo: negli Stati Uniti, ma anche in Africa, dove lavoro in questo momento, i laici vivono una forte sottomissione nei confronti dei preti. (...)
Come sempre, bisogna unire prevenzione, sanzione ed educazione. Per prevenire, la prima cosa da fare è “inquadrare” il potere dei chierici, obbligarli a rendere conto del modo in cui usano la loro autorità. Un potere non “inquadrato” diventa dittatoriale e il rischio è ulteriormente accresciuto quando lo si ritiene di origine divina.
La convocazione dei vescovi cileni a Roma, l'accettazione da parte dei papa delle dimissioni di alcuni di loro ma anche del cardinale McCarrick, arcivescovo emerito di Washington, sono segnali forti che mostrano che l'autorità che la Chiesa affida loro non li rende intoccabili.
Quanto alle sanzioni, è evidente che un vescovo deve reagire adeguatamente quando viene informato e non accontentarsi di spostare il prete. (...)
Infine, i futuri preti devono essere educati ad una buona gestione della loro sessualità e della loro autorità. L'ideale sarebbe che ci fosse alla base un lavoro teologico, in ecclesiologia: come si percepisce la Chiesa? Come un corpo perfetto o come una comunità umana che cerca di essere fedele alla chiamata del Signore? - in teologia morale, ecc.
padre Stéphane Joulain, psicoterapeuta, ha seguito in terapia circa 200 pedofili e tiene in diversi paesi numerosi corsi di formazione in materia di istruzione e di prevenzione.
in “www.la-croix.com” del 17 agosto 2018 (traduzione: www.finesettimana.org)
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È scomparso Arcabas, pittore celebre e apprezzato per il suo impegno nell'arte sacra e per le sue immagini religiose, come La cena in Emmaus o la Natività. La sua fonte principale d'ispirazione è stata la Bibbia, dando vita a un'arte sacra semplice e accattivante, intrisa di un senso fiabesco ma attenta alle istanze del moderno, seppure addolcite; il suo stile era molto apprezzato per l'uso esuberante e festoso del colore, in cui abbondava l'uso - anche simbolico - dell'oro... vedi il resto dell'articolo: https://www.avvenire.it/agora/pagine/morto-arcabas-pittore-arte-sacra
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«E’ impossibile immaginare una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio. Di più: ogni volta che abbiamo cercato di soppiantare, mettere a tacere, ignorare, ridurre a piccole élites il Popolo di Dio abbiamo costruito comunità, programmi, scelte teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza memoria, senza volto, senza corpo, in definitiva senza vita.[2] Ciò si manifesta con chiarezza in un modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa – molto comune in numerose comunità nelle quali si sono verificati comportamenti di abuso sessuale, di potere e di coscienza – quale è il clericalismo, quell’atteggiamento che «non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente»[3]. Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo.
E’ sempre bene ricordare che il Signore, «nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 6). Pertanto, l’unico modo che abbiamo per rispondere a questo male che si è preso tante vite è viverlo come un compito che ci coinvolge e ci riguarda tutti come Popolo di Dio. Questa consapevolezza di sentirci parte di un popolo e di una storia comune ci consentirà di riconoscere i nostri peccati e gli errori del passato con un’apertura penitenziale capace di lasciarsi rinnovare da dentro. Tutto ciò che si fa per sradicare la cultura dell’abuso dalle nostre comunità senza una partecipazione attiva di tutti i membri della Chiesa non riuscirà a generare le dinamiche necessarie per una sana ed effettiva trasformazione. La dimensione penitenziale di digiuno e preghiera ci aiuterà come Popolo di Dio a metterci davanti al Signore e ai nostri fratelli feriti, come peccatori che implorano il perdono e la grazia della vergogna e della conversione, e così a elaborare azioni che producano dinamismi in sintonia col Vangelo».
papa Francesco, Lettera al popolo di Dio, 20.08.2018
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«Per l'uomo responsabile la domanda ultima non è: "Come me la cavo eroicamente in questo affare?", ma: "Come la generazione che viene potrà continuare a vivere?"».
D. Bonhoeffer, Resistenza e resa, 64
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«E' molto più facile convertire un peccatore incallito che far cambiare vita a un credente sbagliato».
san Bernardo di Chiaravalle
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«Il rivoluzionario non trova altro riposo che la morte.
Il rivoluzionario - quando è vero - è guidato da un grande sentimento d'amore».
Francesco Guccini, Canzone per il Che
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Gelosia.
di Nunzio Galantino
«Parlo della gelosia che (…) piega le gambe, toglie il sonno, distrugge il fegato, arrovella i pensieri, la gelosia che avvelena l’intelligenza con interrogativi sospetti, paure, e mortifica la dignità con indagini, lamenti, tranelli facendoti sentire derubato» (O. Fallaci).
Dal greco zelos (spirito di emulazione, rivalità), la gelosia esprime un sentimento di ansia e di dubbio provato da chi ha paura che ciò che ama gli venga sottratto. (...) Il successo delle narrazioni sulla gelosia deriva dal forte legame della gelosia con l’amore. Un legame che ha fatto dire a Orage: la gelosia «è la più amara delle emozioni, perché associata con la più dolce».
L’Otello di Shakespeare è senza dubbio l’opera classica che, più di altre, “celebra” la gelosia. In essa Otello, il Moro di Venezia, ossessionato dal sospetto abilmente instillato in lui dal manipolatore Iago, giunge a uccidere la moglie Desdemona. Non è un caso che la forma di gelosia patologica, ossessiva, non più fisiologica e naturale, è comunemente chiamata «Sindrome di Otello». Essa, secondo Freud, è rivolta non solo alla persona che si ama e che si teme di perdere, ma anche al/alla rivale in amore. La gelosia quindi non è solo un sentimento misto di rabbia e paura verso l’amato, ma è anche invidia verso il/la rivale. (...)
L’irrazionalità della gelosia - che presenta per lo più carattere morboso, ossessivo e istintivo - causa sofferenza a chi la prova e a chi ne è vittima: è un conflitto continuo fra mancanza di fiducia, desiderio di possesso e bisogno di conferma che, a volte, arma e può essere causa di efferati omicidi/femminicidi.
Se ben veicolata, se controllata e accettata, la gelosia può trasformarsi in spinta passionale verso l’amato ed emulazione nei confronti del rivale. Potrebbe addirittura alimentare e far sviluppare potenza e forza per dare sempre il meglio all’oggetto d’amore. «Credo di essere una delle persone più gelose del mondo - affermava Andy Warhol -. La mia mano destra è gelosa se la sinistra dipinge un bel quadro».
in “Il Sole 24 Ore” del 13 maggio 2018
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«"Il corpo è compreso come Dio è compreso" (C. Bruaire) e, più in profondità, il modo di relazionarsi con il proprio corpo esprime e riflette il modo in cui ci si relaziona a Dio. Ciò dice bene come l'esperienza spirituale sia essenzialmente un'esperienza corporea; non solo, dunque, si tratta di non fuggire il corpo, ma occorre imparare ad abitarlo in tutta la sua potenzialità relazionale».
Luciano Manicardi, Il corpo, 24
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Il Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia approva un documento per dire no alla xenofobia. Ogni forma di razzismo è un’eresia teologica
www.nev.it - 8 agosto 2018
“Da mesi ascoltiamo parole violente e cariche di rancore nei confronti degli immigrati, che nel cuore dell’estate sono state seguite da gesti xenofobi e razzisti verso italiani con la pelle nera, richiedenti asilo, rom. Come cristiani evangelici riteniamo che il limite della tollerabilità di questo linguaggio e di questi atteggiamenti sia stato ampiamente superato e per questo abbiamo deciso di lanciare il messaggio chiaro e forte che noi non ci stiamo”.
Con queste parole il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Luca Maria Negro, presenta il Manifesto per l’accoglienza approvato dal Consiglio FCEI.
“Anche se oggi è impopolare, affermiamo che noi evangelici siamo per l’accoglienza degli immigrati e dei rifugiati, per la tutela delle vite di chi fugge da guerre e persecuzioni attraversando il Mediterraneo, per l’integrazione. Lo facciamo – conclude il presidente della FCEI – con uno strumento semplice ma capillare quale un manifesto che speriamo possa essere affisso sul portone di ogni chiesa evangelica”.
“Ogni forma di razzismo è per noi un’eresia teologica” si legge nel documento, che si apre con alcune citazioni bibliche sull’accoglienza e sui diritti dello straniero. Il Manifesto per l’accoglienza prosegue poi con 8 punti in cui si ribadisce la falsa contrapposizione tra accoglienza degli immigrati e bisogni degli italiani, si sottolinea la buona pratica dei corridoi umanitari, si invita allo scambio interculturale nel quadro dei principi della Costituzione, alla protezione internazionale e alla tutela dei diritti, a un linguaggio rispettoso della dignità e a una presa di posizione contro xenofobia e razzismo, si denuncia l’esasperazione del dibattito pubblico sul tema delle migrazioni. Negli ultimi due punti, la FCEI fa appello alle chiese sorelle dell’Europa perché accolgano quote di richiedenti asilo e spingano i loro governi a promuovere politiche di condivisione dei flussi migratori in un quadro di solidarietà e responsabilità condivise, richiamando all’amore di Dio, che è più forte degli egoismi di individui e di nazioni.
Scarica il Manifesto per l’accoglienza in versione integrale:
http://www.nev.it/nev/2018/08/08/manifesto-per-laccoglienza-questa-e-una-chiesa-che-accoglie/
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«Il corpo esprime la persona. Esso non costituisce soltanto un oggetto di questo mondo, ma, fondamentalmente, è qualcuno, è la manifestazione, il linguaggio di una persona. E’ il respiro latore del pensiero, è il passo e l’equilibrio, struttura il tempo e lo spazio. (...) La “carne” è dunque l’uomo nella sua interezza, ma, precisiamolo immediatamente, nei suoi limiti di creatura. Se io sono un essere di carne, significa che sono un essere limitato, che non sono Dio».
Olivier Clément, Teologia e poesia del corpo, 6-7.