«Pensiamo agli “spiriti sazi”, pensiamo cioè alle persone boriose, megalomani, gonfiate. Per esse tutto il reale coincide con quello che posseggono, vedono, sanno e toccano. Nella loro condizione non c’è posto per il desiderio. Si sentono completamente immerse nel mondo di aspirazioni già attuate, complete e piene. Desiderare è sentire fisicamente o spiritualmente che manca ciò che avvertiamo essere utile, buono, necessario per essere uomini e donne riusciti: nuove realizzazioni, nuovi incontri, nuove mete, nuove relazioni».
Nunzio Galantino, 9.10.2016
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«Credo che questo sia uno dei fenomeni molto interessanti della Chiesa del nostro tempo, una specie di scoppio di santità popolare in cui è chiaro che “santità” non va inteso secondo quel rigore elitario dal quale poi nascono le canonizzazioni, ma va inteso piuttosto nel senso neotestamentario di dinamismo di grazia operante nella gente. Il problema, la domanda, la tensione che viene espressa quando si parla tra noi di santità popolare è proprio questa: discernere lo Spirito nelle realtà che formano il tessuto quotidiano della vita della Chiesa».
Carlo Maria Martini, riportato in "Avvenire" 8.12.2016
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«Un discepolo si era macchiato di una grave colpa. Tutti gli altri reagirono con durezza condannandolo. Il maestro, invece, taceva e non reagiva. Uno dei discepoli non seppe trattenersi e sbottò: “Non si può far finta di niente dopo quello che è accaduto! Dio ci ha dato gli occhi!” Il maestro, allora, replicò: “Sì, è vero, ma ci ha dato anche le palpebre!”».
Qui l'articolo su "La pagliuzza e la trave".


«In questa prospettiva chi è Gesù Cristo? E’ colui che mi fa gioire come Lui, soffrire come Lui, amare come Lui.
Rispondo alla domanda “chi è Gesù Cristo” - dal punto di vista dell’esperienza, non dal punto di vista oggettivo – quando parlo di Lui parlando di me e parlando di me parlo di me come di uno che è formato da Lui».
Giovanni Moioli, L’esperienza spirituale, 62.


«Viviamo nel tempo dove il passaggio dalla presenza all’assenza che custodisce l’origine del pensiero sembra ostruito. La dipendenza dalla presenza degli oggetti — soprattutto di quelli tecnologici — rafforza l’esigenza della presenza perpetua a scapito di quella dell’assenza. L’accorciamento straordinario delle distanze se per un verso è una grande opportunità per la nostra vita sociale, per un altro contribuisce a evitare l’esperienza necessaria alla parola e al pensiero dell’assenza. Tutto è permanentemente connesso, accessibile, potenzialmente sempre presente. Ma se tutto è sempre presente, accessibile, se tutto ciò che esiste è solo tutto ciò che è presente, allora non viene lasciato alcun spazio alla possibilità della poesia, dell’evocazione dell’assenza, dell’esperienza della distanza che non si colma. In una parola al pensiero. È una evidenza psicologica sempre più diffusa: gli esseri umani fanno sempre più fatica a rinunciare alla presenza dell’oggetto».
Massimo Recalcati (leggi qui l'intero articolo)

Talmente stupefacente da sembrare incredibile!

Qui altre foto bellissime di animali.


Villaggi olimpici abbandonati, in varie parti del mondo:
qui le foto.

«Partendo dalla radice latina discernere - composta da dis (due) e cernere (separare o vedere) – il discernimento può essere inteso fedelmente come lo «scegliere fra due alternative, separando» o, in senso più ampio, come l’impegno posto nel valutare i caratteri di una situazione, così da poter operare scelte corrette e oculate. In altre parole: distinguere con consapevolezza. Nei vocabolari più utilizzati il termine discernimento presenta fra i suoi sinonimi il “giudizio”. C’è da notare però che sebbene ci venga facilissimo giudicare (persone, eventi, pensieri di altri), molto più rara è la virtù del discernimento. Questa è meno presente nell’agire comune perché necessita della capacità di analizzare la complessità attraverso un arduo processo di riduzione del complesso in elementi semplici senza perderne la completezza».
Leggi qui tutto l'articolo di Nunzio Galantino

«Le emozioni fanno parte della vita, della vita di ciascuno di noi, e di esse non possiamo fare a meno, benché ci siano oggi psicologie e filosofie che ci dicono come sarebbe meglio, molto meglio, vivere senza emozioni, o almeno tacitarle, vivendo come se non ci fossero, affidandoci esclusivamente alla ragione, alla ragione calcolante, e dimenticando le parole di Leopardi: solo quando la ragione si converte in passione, ci consente di cogliere il senso della nostra vita o delle nostre azioni, e delle azioni altrui.
(...) Le emozioni anelano a essere espresse e a essere comunicate, a non essere tenute nascoste, perché, come diceva William Shakespeare nel Macbeth, spezzano il cuore se non sono portate alla luce del linguaggio, del linguaggio delle parole e del linguaggio del corpo vivente, del volto e degli sguardi, delle lacrime e del sorriso.
Le parole, queste creature viventi, sono di una radicale importanza nel creare ponti di comunicazione fra chi parla e chi ascolta, fra chi cura e chi è curato, o nell’inaridirli, e nello spegnerli».
[qui tutto l'articolo]
Eugenio Borgna


Don Giancarlo Perego, nuovo vescovo di Ferrara-Comacchio!
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«L’ambizione è il gusto del potere, di qualsiasi tipo - intellettuale, politico, economico, militare -, che si mira a raggiungere a qualunque costo. Ma forse l'ambizione più tremenda, più forte, più ipocrita perché ammantata di religiosità è quella che pretende di dominare le anime, l'ambizione del potere spirituale.
Il desiderio di comandare brucia pure i sommi sacerdoti, gli scribi, i farisei: proprio perché Gesù minaccia di privarli del loro potere spirituale, diviene per loro una spina nella carne (cfr Mc 3,1-6).
E’ il timore di vedersi sottrarre una supremazia religiosa, intellettuale: abbiamo il potere di far osservare il sabato alla gente, che lo osserva esattamente come diciamo noi, e lui ce lo toglie. Ricordiamo inoltre che Gesù frequentava i peccatori, annunciava il perdono di Dio, rimetteva i peccati, mettendo in questo modo a repentaglio il privilegio di offrire sacrifici per le colpe nel tempio; si creavano, di conseguenza, anche problemi economici gravissimi. La stessa purificazione del tempio (cfr Gv 2,14-16 e i paralleli sinottici) probabilmente non era stata compiuta da Gesù soltanto per togliere un po' di disordine, bensì per mostrare che l'economia del perdono attraverso i sacrifici stava per essere superata. Coloro che vivevano di tale economia vengono perciò messi in allarme.
Abbiamo molto da riflettere. Perché in ogni forma di vita associata emerge il gusto di comandare, di primeggiare comunque, una tendenza in cui anche il denaro ha il suo ruolo. E quando non si riesce più a essere i primi, subentra l'amarezza, la depressione, la perdita di senso; l'entusiasmo iniziale per una causa si trasforma in critica accanita nei confronti della causa stessa.
Non dimentichiamo, infine, che l'ambizione si riveste spesso, quasi per autogiustificarsi, di buone intenzioni: si vuole il potere per fare il bene, perché ci si ritiene capaci di dirigere gli altri verso lo scopo giusto. E addirittura si traveste facilmente, come abbiamo visto per l'invidia, di santità, di devozione, di rigore morale».
Carlo Maria Martini, Le tenebre e la luce, 86-88.


«È sempre l'Amore la rete sotterranea di quelle lame improvvise di felicità che, in alcuni momenti della vita, ti trapassano lo spirito, ti riconciliano con le cose e ti danno la gioia di esistere».
don Tonino Bello

IL NONSENSO DELL'INIZIAZIONE CRISTIANA
di Marco Ronconi
Con gli ultimi due Sinodi abbiamo messo mano al Matrimonio. Con la questione delle diaconesse abbiamo aperto il cantiere sul sacramento dell’Ordine. Perché non proseguire con una sana discussione sull’iniziazione cristiana? L’attuale successione è: Battesimo, prima Confessione, prima Comunione, Cresima. È una prassi con ben poco senso. Chi da bambino ha vissuto questa catechesi sacramentale – non tanto la spiegazione ascoltata dai catechisti, quanto i segni lasciati dalla sequenzialità dei riti – è inevitabilmente esposto a fraintendimenti gravi. Lasciamo da parte per un attimo l’intruso: la Confessione. Gli altri tre costituiscono il blocco dell’iniziazione cristiana. Battesimo, Cresima ed Eucarestia sono il cuore dell’identità dei christifideles. È il motivo per cui le Chiese ortodosse li amministrano in pochi minuti uno di seguito all’altro, anche a un neonato. Analogamente, se un adulto chiede di far parte della Chiesa cattolica, riceve contestualmente tutti e tre. La loro dilazione ha motivi storici complessi su cui non entro, ma considerare normale una distanza di almeno 12-14 anni fra Battesimo e Cresima genera una questione dalle fondamenta fragili e dalle conseguenze zoppe. L’esito è un doppione difficilmente giustificabile, se non in una tremenda curvatura moralistica. Come recita il Catechismo, infatti, mediante il Battesimo «diventiamo membra di Cristo e siamo


«Hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono,
hanno orecchi e non odono,
hanno narici e non odorano.
Hanno mani e non palpano,
hanno piedi e non camminano;
dalla gola non emettono suoni.
Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida».
Salmo 114,5-8

Gratitudine. La meraviglia del bene ricevuto 
di Nunzio Galantino 
«Ognuno di noi ha quanto gli serve per sperimentare la gioia. Non è un problema di conoscenza, è un problema di sguardo. Di guardare a quel che siamo e a quanto ci circonda con cuore grato, capaci di percepire il dono che ci abita. Se accostiamo l’orecchio alla vastità della nostra vita, essa canta!» (J. T. Mendonça). Le difficili condizioni nelle quali viviamo rende sempre più raro sentire una persona esprimere gratitudine. Forse lo è di meno tra i bambini, mentre tra gli adulti è più difficile trovare quel “sentimento di profonda riconoscenza” che, in realtà, è qualcosa di più intimo e profondo della riconoscenza. La gratitudine scaturisce di solito dalla memoria di un cuore toccato da meraviglia grande per un bene ricevuto, e si accompagna sempre a una profonda felicità. «La gioia è la forma più semplice di gratitudine», affermava il teologo protestante Karl Barth. Ne è capace solo chi è umile, chi sa che la propria vita è inscindibilmente legata a quella degli altri. «La gratitudine è la ricchezza timida di chi non possiede nulla» (E. Dickinson), o meglio di chi, secondo la poetessa, scopre di essere oggetto di un amore immeritato, mai dovuto, sempre donato. Ed è anche la timida ricchezza di chi desidera contraccambiare un dono così bello e gratuito. La gratitudine è segno di grandezza da parte di chi impara a guardare alla realtà e all’altro con uno sguardo profondo, aperto, accogliente, pieno di speranza. Cicerone affermava che «la gratitudine è non solo la più grande delle virtù, ma la madre di tutte le altre», perché da essa dipende la possibilità di cambiare il modo di agire nel mondo insieme agli altri. Alcune ricerche condotte in ambito psicologico approdano a tessere l’elogio della gratitudine, a mostrarne il potere di aumentare la felicità, dal momento che la stessa, se esercitata, è in grado di sviluppare un senso di fiducia nella vita, di ampliare la stima nei confronti di se stessi e di valorizzare gli altri. L’articolata etimologia della parola “gratitudine” aiuta a coglierne la ricchezza ma anche la fatica richiesta a chi intende coltivarla: dal sanscrito GÛRT-A = piacevole, benvenuto; dal greco CHAR-TÓS = piacevole, giocondo e dal tardo latino GRATITUDO -D NIS, der. di gratus = grato. “Praticare” la gratitudine è la strada certa per imparare a riconoscere quotidianamente, pur in mezzo alle avversità, le piccole cose di cui essere grati.
in “Il Sole 24 Ore” del 22 gennaio 2017

Rispetto alla cultura attuale, mi pare un significativo segno di inversione di rotta definire "meravigliosa" la nascita di una creatura.
Articolo: "La meraviglia del parto vista con gli occhi dei fotografi".

Suor Bottani: «Nel mondo mai tanti schiavi come oggi»:
articolo

Nove anni fa acquistavo la "Bbestia", che è rimasta con me per cinque anni.

«La Chiesa e i gay».
articolo del 28 gennaio 2017


«Devo confessare che ci fu un tema sportivo molto importante nelle gite di don Renato in Scozia. Fu tifoso molto fedele di una squadra calcistica della mia città natale, Glasgow, e cioè il famoso Celtic di Glasgow, che fu fondato nel tardo ottocento dalla comunità cattolica scoto-irlandese di Glasgow e ha conservato fino a oggi questi legami culturali e storici. Fu una passione, questa per il Celtic, che condiveva con me e con altri suoi amici scozzesi. Era normale che noi due andassimo allo stadio insieme per seguire la nostra squadra. E se io non potevo andarci, andava lui lo stesso, anche in trasferta e spesso senza di me. 
Per accorciare una narrativa lunga, Renato venne alla conoscenza del Presidente del Celtic e dei dirigenti della Società. Lo invitavano in tribuna d’onore come ospite della Società, gli assicuravano biglietti per le partite, e sinceramente apprezzavano la passione e l’amicizia di questo sacerdote milanese per la squadra. Tant’è vero che, quando arrivò la notizia della sua morte, sul sito internet ufficiale del Celtic Football Club apparve una dichiarazione di condoglianze della Società per Renato.  E lo stesso Presidente della Società mi pregò di offrire a nome suo le condoglianze della Società a tutti voi e allo stesso tempo ha spedito una corona di fiori a nome del Celtic Football Club, corona che in questo momento è vicino alla bara di don Renato».
dall'omelia di mons. Philip Tartaglia, vescovo di Glasgow, ai funerali di don Renato

Alla Lateranense si progetta la Chiesa di domani 
«Dio è creativo, non è chiuso, e per questo non è mai rigido. Dio non è rigido!»: lo ha dichiarato con forza papa Francesco nel settembre 2013, a pochi mesi dalla sua elezione al pontificato. 
Sono proprio queste le parole d’ordine che la Pontificia Università Lateranense, sotto la guida del rettore magnifico monsignor Enrico Dal Covolo, ha intenzione di incarnare esplorando e raccogliendo percorsi nuovi di fare Chiesa, di viverla, di raccontarla e di costruirla. 
«Quale Chiesa fra vent’anni?» è infatti è la domanda che lancia il primo «Festival Internazionale della Creatività nel Management Pastorale», realizzato dalla Scuola internazionale di Management pastorale - il percorso di alti studi per presbiteri, laici, religiosi, operatori ecclesiali e della pastorale creato due anni fa dalla Pontificia Università Lateranense - in collaborazione con Villanova University della Pennsylvania e con realizzazione formativa di Creativ.
A Roma fra il 23 e il 25 marzo giungeranno da tutto il mondo donne e uomini che si stanno impegnando nel rinnovamento della Chiesa cattolica a partire dal cambiamento concreto delle pratiche, realizzando quell’inculturazione del Vangelo che è primo strumento di evangelizzazione esplorando e raccogliendo percorsi innovativi di fare Chiesa, di viverla, di raccontarla e di costruirla, con la profondità e la passione della Pul che ha il mandato di ricercare «la Sapienza secondo Cristo».
Gli obiettivi del festival sono ambiziosi: esplorare nuovi modelli di Chiesa e best practices ecclesiali; capire quale

Il nuovo libro sullo scandalo pedofilia
di Roberto Beretta
Ho letto «Lussuria», il nuovo libro di Emiliano Fittipaldi (il giornalista processato in Vaticano insieme a Gianluigi Nuzzi per la questione Vatileaks) sulla pedofilia e altri scandali sessuali nella Chiesa.
Anzitutto va detto che non si tratta di una vera inchiesta, bensì della composizione in quadro unitario di materiali in grandissima parte già noti (i primi due capitoli s'interessano dei casi internazionali, il terzo di quelli italiani e l'ultimo fa un affondo specifico sulla lobby gay in Vaticano): i fatti effettivamente indagati in prima persona da Fittipaldi sono pochi, il resto ha semmai il merito di restituire un quadro d'insieme effettivamente inquietante anche solo per le cifre: 200 casi di pedofilia oggetto d'indagine tra i preti italiani, circa 400 denunce di molestie e atti pedofili che giungono ogni anno in Vaticano, una stima del 2% di possibili pedofili nel clero italiano...
Ma, al di là dell'orrore e dello scandalo (e anche delle lotte di potere che si intravedono sullo sfondo, con insabbiamenti vergognosi o all'opposto accuse calunniose che coinvolgono cardinali e vescovi dei vari schieramenti pro e contro Bergoglio), che cosa si può dire da cristiani su un libro come questo?
Beh, anzitutto che una mappa del genere non va demonizzata («Ma la Chiesa è ben altro!», «C'è dietro un complotto anticlericale!», «Perché non parlano mai del bene che fanno i preti!», e via di punti esclamativi), anzi costituisce un lavoro utile almeno per avere le dimensioni del fenomeno: che purtroppo non sono trascurabili. Se le cose sono vere (e Fittipaldi nella maggioranza dei casi allinea prove per lo meno credibili), non si vede perché si dovrebbe tacere: la Chiesa ha forse qualche immunità particolare?
Il secondo pensiero riguarda alcuni meccanismi giuridici che