Anche in questi giorni,
come in tutti gli ultimi 27 anni
(e anche prima, perché sono fatto così)
ho lavato bagni e raccolto da terra cartacce e mozziconi;
ascoltato la Parola del Vangelo e di tanti fratelli e sorelle;
igienizzato le panche e firmato assegni;
ho indossato bermuda per l'attività coi ragazzi e la casula per la messa;
ho alzato la voce e sussurrato parole;
ho mangiato la frutta senza sbucciarla e ho distribuito pacchi viveri...
Però ho anche conseguito un dottorato in teologia
e insegno a livello universitario.
Mi sento offeso da chi si ritiene "clero badilante"
- a differenza di "voi che siete studiati" -
solo perché giustifica la propria ignoranza imbarazzante
e si vanta di vivere senza progetti nè pensieri.
Chissà se vedrò mai il giorno in cui noi clero eviteremo di dire - solo per occupare il tempo - cose banali.
don Chisciotte Mc, 200628

Balloon-tree!

Una vittima dell'epoca
di Michele Serra
La cacciata del deputato Sgarbi dal Parlamento, portato via come l'ultimo dei casseurs da commessi energici e sbigottiti, mette tristezza. Non perché sia stato sbagliato cacciarlo: è stato sacrosanto e tardivo (e siamo felici che a decidere l'espulsione sia stata Mara Carfagna, rara incarnazione di una destra liberale e gentile). Ma perché Sgarbi è un mostro costruito dal cinismo (ben più mostruoso di lui) dei nostri anni.
La sua maleducazione patologica, il suo imbarazzante narcisismo, la sua aggressività insopportabile, sono stati protetti e nutriti, per decenni, da conduttori e autori televisivi entusiasti di proporre allo spettabile pubblico, come fece Barnum con la Donna Barbuta, l'Uomo che Strilla. Sono stati incentivati e premiati da sponsor politici convinti che l'arroganza e il disprezzo degli altri fossero manifestazioni di "libertà". E da elettori entusiasti di quell'idea, deprimente e fasulla, di "libertà". I veri autori di Sgarbi sono loro, non Sgarbi. Sgarbi è solo vittima dei loro applausi. Così un ragazzo intelligente e colto è diventato un fenomeno da baraccone, e addirittura un viceleader politico, solamente perché la nostra epoca, della cultura e dell'intelligenza, non sa che farsene. E se ne frega dell'umiltà, della mitezza, della gentilezza, considerati segni di debolezza. Ignorare la forza d'animo e premiare gli energumeni, deridere chi parla a bassa voce ed esaltare i prepotenti, è in questa bolla nefasta che Sgarbi ha potuto diventare Sgarbi, senza che nessuno lo aiutasse, e gli volesse bene quel tanto che bastava per dirgli: Smettila, ti rendi ridicolo, meriti di meglio.
in "laRepubblica" del 26 giugno 2020

«Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre, chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sè, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo d'intenderci; non c'intendiamo mai!».
Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca di autore

L'unica "soluzione" è fare riferimento a una Parola che viene da "fuori" di noi, da "sopra" noi, da "oltre" noi.
don Chisciotte Mc, 200623


Passione. Lo slancio per ridisegnare la storia
di Nunzio Galantino 
«(…) Passione vuol dire sofferenza, ma anche slancio e decisione di non fermarsi. Soprattutto quando il presente che si vive porta impressi in sé i segni di una fatica insopportabile, e il futuro è ancora tutto da decifrare perché si stenta a scorgerne i contorni, all’orizzonte. Lo sapevano bene i Greci, che introdussero nel loro vocabolario la parola “Pathos”. Uno dei termini più ricchi e complessi. Adatto a indicare sofferenza ma anche piacere, dolore ma anche godimento, patimento ma anche spinta potente verso il raggiungimento di un obiettivo. La lingua italiana, nell’uso comune, ha gradualmente abbandonato questo modo di esprimersi dei Greci. Con la parola passione essa ha finito per indicare, di fatto e prevalentemente, un sentimento intenso, capace di scatenare e sostenere una forte propensione nel raggiungimento di un obiettivo. Si è così messo parzialmente da parte il significato letterale della parola “passione”, la cui etimologia rimanda al tardo latino “passio/nis”, derivato di “passus”, participio passato del verbo “pati” (patire, soffrire). La passione intesa come sofferenza è frutto della traduzione greca dei Vangeli, nei quali la sofferenza di Gesù viene indicata con la parola “pathos”. Questo ha fatto sì che, nella lingua italiana, la passione come dolore e sofferenza la si ritrovi prevalentemente riferita alle sofferenze che precedettero e accompagnarono la crocifissione e la morte di Gesù. (…)
Vi sono momenti, e sono i nostri, nei quali i due principali significati della parola passione vanno tenuti insieme. La passione - immane sofferenza che accompagna muta e intensa la perdita di vite umane e la consapevolezza della nostra fragilità - non può abitare solitaria le nostre strade. Non può occuparne tutte le corsie. Mai come in questo momento, senza passar sopra alla sofferenza, va recuperata e contagiata la passione, intesa come slancio e interesse, indispensabile per ridisegnare una storia personale e comunitaria messa a dura prova. (…)
in “il Sole 24 Ore” del 5 aprile 2020

« (...) La figura dell’oste sta a indicare lo sguardo di chi non scorge alcun mutamento. Il suo viso non esprime stupore. Tutto nel mondo procede come sempre (cfr. 2Pt 3,4). Nella realtà terrena quanto conta sono le solite cose: mangiare, bere, guadagnare. Nel Vangelo di Luca non c’è alcun oste; Caravaggio, introducendolo, dischiude una nuova comprensione dell’episodio. Il mondo è pieno di osti. Anzi tante volte lo siamo noi stessi. Apparteniamo a quella categoria sia perché "uomini di poca fede", sia perché obbligati a esserlo dalla logica del mondo. (...)».
Piero Stefani, "L'oste di Caravaggio", 200427
https://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.com/2020/04/piero-stefani-loste-di-caravaggio.html?fbclid=IwAR2CVtsZ6-6wPK66vu6Qy0pM9OYETWrnOkhClz7q3N_vhOi-Mg-cztOHfYk

«Chi come noi è cresciuto a Bibbia e Guccini»: così ha scritto ieri don Massimo Maffioletti, in occasione del compleanno di Guccini.
E' coetaneo di mio padre.
Anche Guccini è stato tra coloro che mi hanno introdotto alle realtà dense della vita.
E Guccini è stato il criterio secondo cui affinare il gusto musicale e accogliere (o rifiutare) altre figure di "paternità": odore di terra, di sentimenti radicati, di visioni alte, di battaglie spesso perse.
Sete di sentimenti basici, ma radicati.
Bravo l'autore dell'articolo citato qui sotto, che raccoglie in accenni tante canzoni di Guccini. Conclude con ciò che pensavo ieri: «Ognuno di noi ha una sua canzone preferita, per ognuno diversa, ma tutti abbiamo una cosa in comune: almeno una volta abbiamo istintivamente alzato il pugno mentre ascoltavamo di quella locomotiva, lanciata bomba contro l’ingiustizia».
Io lo facevo già nel secolo scorso, da preado spensierato in pensieri di futuro, tornando in bicicletta... da un rosario decanale!
Grazie!
https://www.radiopopolare.it/francesco-guccini-compie-80-anni/
don Chisciotte Mc, 200615



Perché la Chiesa stende le mani su un uomo, invoca lo Spirito Santo e lo ordina vescovo, presbitero o diacono? Sul fatto che esista questo evento non ci piove (anche se in questi giorni non smette mai di piovere, in questa zona), ma la ragione è di difficile rinvenimento. Ciascuno dice la sua: "Per consacrare l'ostia!"; "Per fare del bene!"; "Per guidare la Chiesa"; "Perché non si può fare nulla senza i preti"; "Perché è un bravo ragazzo"...
Così scrivevo in una delle pubblicazioni che ho dedicato al tema: «L’evento sacramentale della ordinazione invoca una specifica effusione dello Spirito Santo affinché si ripresenti nella storia una forma particolare di servizio: la cura – in forma stabile ed autorevole – della custodia e della trasmissione della originale e paradigmatica relazione che Gesù ebbe con i “suoi”, quella che fa della chiesa ciò che essa è: convocazione originata dall'azione gratuita e preveniente del Signore e dalla risposta graziosa di coloro che hanno accolto la sua chiamata e hanno vissuto con lui lungo il suo ministero e nella sua Pasqua» (Marco Paleari, Presbiteri nel popolo di Dio. A servizio della comunione, p. 77).
Il ministero ordinato (vescovi, presbiteri, diaconi) è al servizio della comunione nella Chiesa; vescovi, presbiteri e diaconi sono servitori del popolo di Dio affinché esso si riconosca e viva per ciò che è: il Corpo di Cristo, nella comunione tra le varie membra.
Poiché viviamo "dopo il capitolo 3 del libro della Genesi", non è scontato che la Chiesa viva di comunione fraterna, anzi; è stata la brutta sorpresa con cui ha dovuto fare i conti anche Gesù, rispetto ai suoi discepoli della prima ora. Gesù dona questa relazione fraterna che viene dalla Trinità e la rende ogni giorno possibile attraverso la presenza dello Spirito Santo, che suscita carismi personali per il bene di tutti. Tra gli "strumenti" (in senso nobile) a servizio della comunione ecclesiale, ci sono la Sacra Scrittura, i Sacramenti (tra cui l'ordinazione), la Tradizione.
Se il ministero ordinato non valorizza i carismi del popolo di Dio, favorendo così la vivacità ecclesiale e la coesione profonda, non serve. Su questa base (che mi è stata insegnata e che io stesso insegno da anni) possiamo verificare il servizio reso da vescovi, preti e diaconi.
Su questa base verifico il mio attuale servizio... e farò le mie valutazioni.
don Chisciotte Mc, 200612

Se volevate comunicarci che la comunicazione ecclesiale è una questione di clero, ci siete riusciti... ma non sarei d'accordo con questa impostazione.
Se volevate comunicarci altro, non ci siete riusciti e non siete granché esperti di comunicazione.
E quindi ritengo questo video una pessima presentazione di un corso di comunicazione.
(senza nulla togliere alla dignità dei confratelli del video, soprattutto del vescovo Marco Busca, che stimo tantissimo!).
don Chisciotte Mc, 200601

 

Queste parole le ha scritte Bernardelli... ma erano giorni che avrei voluto scriverle io!
«(...) Tra le cose che più mi hanno rattristato in questi giorni c’è un grafico che ho visto circolare parecchio sui social network. Si tratta di una tipica fake news in salsa cattolica. «Cifre alla mano» mostra una «coincidenza straordinaria» tra il picco nei decessi da Covid19 in Italia e la preghiera del Papa nella piazza San Pietro deserta: entrambe le cose – testimonia l’ormai immancabile curva – sono accadute il 27 marzo. «Quindi, vedete che ha funzionato?…».
Peccato, però, che i conti non tornino affatto. Perché questo accostamento è figlio di uno sguardo malato, che come al solito guarda solo a noi. (...)
Ancora una volta: a non funzionare davvero sono i nostri occhi che cercano nella preghiera un toccasana miracolistico, anziché un balsamo per purificare il nostro cuore prima che una liberazione dalla malattia. Ancora di più, però, a non funzionare sono le nostre orecchie. Perché basterebbe riascoltare le parole che Papa Francesco ha pronunciato proprio quella sera per capire che questa caccia alla coincidenza è un’operazione completamente fuori strada» (...).
Giorgio Bernardelli, 1 giugno 2020
https://www.vinonuovo.it/teologia/ma-la-preghiera-contro-il-coronavirus-funziona/

(...) «Come possiamo pensare il rapporto di incarnazione del divino nell’umano? Mi pare evidente che quando il divino entra nell’umano non ne stravolge la configurazione, i dati, le regole, le dinamiche. Non si sostituisce cioè all'umano, svuotandolo dei suoi limiti e delle sue potenzialità e riempiendolo con quelle divine. Ma al contrario, il divino accetta di configurarsi secondo i limiti e le potenzialità dell’umano e proprio stando dentro ad esse si esprime e si realizza sulla terra.

Dire che tra le due nature non c’è confusione, né cambiamento (dogma cristologico, definito nel 451 nel concilio di Calcedonia: “Uno e lo stesso Cristo, Figlio, Signore, Unigenito, riconosciuto in due nature senza confusione, senza cambiamento, senza divisione, senza separazione; la distinzione tra le nature non è affatto annullata dall’unione, ma piuttosto le caratteristiche di ciascuna natura sono conservate e procedono assieme per formare una persona”), significa continuare a riconoscere ad entrambe le loro caratteristiche e il loro statuto, senza che una “divori” l’altra; dire che tra le due nature non c’è divisione, né separazione significa che le loro dinamiche sono congiunte, agiscono sempre insieme e l’una può diventare luogo di realizzazione e manifestazione dell’altra. Non a caso infatti, quando le specie eucaristiche degradano chimicamente, la Chiesa ha sempre pensato che la presenza reale di Cristo scompaia da esse.

Non è questione da teologi annoiati. Se ne facciamo esemplificazioni concrete se ne vedono immediatamente le conseguenze. Gli effetti di benessere della preghiera rendono inutile gli strumenti della psicologia? La preghiera sostituisce la medicina nelle guarigioni? La forza di conversione di un sacramento agisce indipendentemente dalla volontà umana di chi lo riceve? Il governo della società umana va rimesso direttamente nelle mani di Dio? Le regole etiche di Dio, devono sostituire quelle che l’uomo può individuare con le sue sole forze? La ricerca umana della verità va soppiantata e deve lasciare il posto solo alla verità rivelata?

Poste così sembrano domande con risposte facile. Eppure in questi mesi abbiamo visto e letto cose che sembrano davvero rimettere in discussione tale facilità. Soprattutto sembra davvero che il Covid 19 abbia rivelato molto del retroterra culturale di tante persone, cristiane e non, su questo punto. (continua a leggere: https://www.vinonuovo.it/teologia/pensare-la-fede/chimica-ed-eucarestia/?fbclid=IwAR20ig86pyluYyXf472ahv6vLquhMw2IvIQLDejojv6b5HDXmdVfto4kWF0)
Gilberto Borghi, 3 giugno 2020

Samuel Bak, Carried Away, 2017
«Dopo la celebrazione comunitaria di appena una settimana del Tempo pasquale, riprende quello Ordinario. Cosa ci dirà, reduci da tre mesi di “quarantena”? *Come ci troverà?*
Saremo *in cammino*, simili ai portatori di candela di Samuel Bak. Con aria preoccupata ci guardiamo indietro, perché ancora c’è sgomento e paura… Ma siamo capaci anche di guardare avanti e di continuare il cammino, pur feriti: si stacca un braccio, una gamba, un ginocchio è diventato strada, la portantina si è rotta: impossibile in queste condizioni camminare e portare un peso…
Eppure, ed è questa la *grande speranza*, si continua a reggere il cero pasquale, che la nostra fede ha acceso. E la sua fiamma si confonde con un cielo scuro e ventoso, ma incapace di spegnere quel fuoco di speranza. Sarà così il nostro Tempo Ordinario: il cammino dell’impossibile nelle realtà possibili, la testardaggine della speranza, più forte di ogni ferita!».
parrocchia San Bonaventura, Cadoneghe (PD)

«(...) Di fronte a certe notizie, di fronte alla situazione odierna, più che sentire il bisogno di camminare, si avverte il desiderio di fuggire: fuggire dalla realtà, che appare minacciosa; fuggire da se stessi; dagli altri, da convivenze diventate insopportabili. *Siamo uomini in fuga*. Simili ai portatori di candela di Samuel Bak. Alcuni indizi rendono evidente che i due qui ritratti stanno fuggendo da una minaccia terribile: il passo furtivo e l’aria preoccupata, soprattutto dell’uomo che sta dietro; il braccio del primo che sembra già staccarsi dalla mano e, allo stesso modo, la gamba dal piede. Il secondo guarda indietro e non s’avvede che la portantina sta sfuggendogli di mano, gli resteranno solo i bastoni. Tale e tanta è la stanchezza per la fuga che, anch’egli, perde un ginocchio, confuso ormai col terreno. Nonostante ciò, ed è questa la grande speranza, *si continua a reggere quella candela* (...)».
Gloria Riva, Avvenire, 21.03.2019

«Abbiamo tanto bisogno della luce e della forza dello Spirito Santo! Ne ha bisogno la Chiesa, per camminare concorde e coraggiosa testimoniando il Vangelo. E ne ha bisogno l’intera famiglia umana, per uscire da questa crisi più unita e non più divisa. Voi sapete che da una crisi come questa non si esce uguali, come prima: si esce o migliori o peggiori. Che abbiamo il coraggio di cambiare, di essere migliori, di essere migliori di prima e poter costruire positivamente la post-crisi della pandemia».
papa Francesco, Regina Caeli 31.05.2020