Perché alla fine di ogni giornata, all'inizio della compieta, la liturgia mi fa pregare parole ("Placa il tuo sdegno verso di noi") sgradevoli al palato, non corrette dal punto di vista teologico e offensive, considerata la relazione col Papà del Cielo?!
don Chisciotte Mc, 210628




"C'era un contadino che coltivava mais di ottima qualità e vinceva sempre il premio. Questo contadino, invece di essere geloso del suo raccolto, condivideva i semi del suo mais con i suoi vicini. Ad un giornalista che gli chiese perchè, rispose: "Perchè il vento raccogliendo il polline del mais di tutta la zona, lo fa roteare da un campo all'altro. Se i miei vicini coltivano mais inferiore, l'impollinazione incrociata degraderà anche il mio mais. Quindi se voglio ottenere del buon mais, devo aiutare i miei vicini a coltivare del buon mais".
Il fatto è che nessuno di noi vince veramente, finché non vinciamo tutti".
P. Esquivel, premio Nobel per la pace


C'era anche Spiderman ieri all'udienza generale di papa Francesco nel Cortile di San Damaso, in Vaticano. Una persona vestita da Uomo Ragno era infatti seduta nelle prime file per ascoltare la catechesi del Pontefice. Si tratta di un giovane ligure, Mattia Villardita, che proprio vestito da Spiderman fa visita ai bambini ricoverati negli ospedali pediatrici.

“Perché, giustamente, dopo il concilio si parla tanto di *“sacerdozio dei fedeli”*? Perché questo è il sacerdozio reale, il sacerdozio pieno, il sacerdozio definitivo. Come Cristo è stato sacerdote offrendo se stesso con la propria volontà di dedizione al Padre, così *ogni cristiano è chiamato a fare di sé il medesimo dono e la medesima offerta. Questo è il sacerdozio della Chiesa*. Il sacerdozio ministeriale, quello dei preti, per intenderci, è espressione del sacerdozio sacramentale; è, in qualche maniera, al servizio di quello reale, in modo da far sì che tutti siano aiutati dal Cristo sacerdote a offrire se stessi. E *mentre il sacerdozio sacramentale scomparirà, il sacerdozio reale, cioè quello dell’offerta, resterà per sempre: sempre, l’uomo sarà offerta perfettissima di sé a Dio per tutta l’eternità*. Questo è, quindi, il vero sacerdozio definitivo, quello che ci unisce al sacerdozio di Cristo. Mentre quello ministeriale ha la sua dignità immensa, perché è il Cristo che santifica, è però al servizio del sacerdozio reale, cioè all’intenzione retta dei fedeli, che soccorre attraverso la predicazione, i sacramenti, l’offerta sacramentale di Gesù che vivifica, che attira e che stimola la nostra offerta personale.
Tutto ciò che è nella Chiesa trova il suo senso definitivo solo nell’offerta di noi: senza questa, la Chiesa non ha senso, ha perso il suo scopo”.
Carlo Maria Martini, “Il sole dentro”

“Che cosa è il sacrificio? Noi, talora, abbiamo del sacrificio una idea un po’ negativa — il sacrificio come rinuncia —; in realtà, l’essenza del sacrificio — quella che ha spiegato con parole profonde soprattutto sant’Agostino, e che è presente nella Bibbia, nel nuovo testamento in particolare — non è tanto la rinuncia, quanto la dedicazione a Dio. Sacrificio vuol dire “fare sacro”, “rendere sacro”. Quindi, se è vero che il sacrificio si esprime nell’antico testamento nella morte della vittima, lo fa nel senso di una dedicazione totale: l’uomo “rinuncia e dedica”. La vera grandezza del sacrificio non è la morte in sé, ma la dedicazione, la consacrazione totale che la morte significa. Questa consacrazione a Dio, questa dedicazione della vita a Dio è per eccellenza l’opera di Gesù.
Che cosa è venuto a fare Gesù sulla terra? Come ci dice la lettera agli Ebrei, «non hai voluto sacrifici né olocausti» (10, 5), cioè non hai voluto cose di questo genere, che indicavano sì la dedizione dell’uomo a Dio, ma in maniera vicaria, in maniera sostitutiva, hai detto: «Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (10, 7).
Ecco il sacrificio perfetto di Gesù. Non è dato tanto dalla morte come tale. La morte è solo l’espressione evidente di questa dedicazione portata fino all’ultimo, oltre la quale non si può andare; ciò che conta è però la dedicazione totale della volontà: «Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà». Come dice Gesù nel vangelo di Giovanni, «il mio pane è fare la volontà di Colui che mi ha mandato» (4, 34). Questa è l’essenza della vita di Gesù”.
Carlo Maria Martini, “Il sole dentro”

La pandemia sta diventando la ragione per non cambiare nulla, con espressioni del tipo: "L'anno scorso... in questi ultimi mesi... non abbiamo più potuto fare questa cosa o quest'altra, ma adesso che possiamo, torneremo a farla!".
Dalla data dei sacramenti dei bambini fino alle processioni, dagli eventi della "fede di massa" fino alle costruzioni... tutto come il "remoto prima", che era diverso dal "recente prima".
Maestri del triplo salto carpiato.
don Chisciotte Mc, 210612

Le votazioni sono "veramente cosa buona e giusta"... se però vi sono tre presupposti: 1. che siano apprezzate nel loro valore; 2. che i candidati siano competenti, preparati, rappresentativi, consapevoli del loro ruolo, con un progetto; 3. che i votanti sappiano ciò che fanno e lo facciano con serietà; che condividano il progetto e lo verifichino. Nel momento in cui mancano questi presupposti, il risultato non è autorevole. E questo modo di fare perpetua la debolezza dello strumento, a detrimento di tutti.
don Chisciotte Mc, 210614

Ciò che più toglie il respiro al mio agire pastorale, al servizio di questa parte del popolo di Dio è che tutto quello che avremo-avrò costruito andrà perduto, perché nessuno di coloro che dovrebbero farlo sa o vuole esprimere ora un giudizio ecclesiale di valore (positivo o negativo). Chi è venuto o verrà dopo di me, lui sì esprimerà il suo insindacabile giudizio secondo i propri gusti e distruggerà.
dChMc 210609

"La vera istruzione è insegnare alla gente a pensare da sola".
Noam Chomsky
La vera formazione è rendere autonomi nel fare bene.
don Chisciotte Mc 210610

Ambrogio contro il capitale
di Gianfranco Ravasi
Memore dell’ingiustizia verso Naboth, il vescovo denunciò l’idolatria della proprietà privata e la filantropia troppo ostentata
Quando papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti (nn. 119-120) ha riproposto questa tesi, è partita la solita carica di strali da parte di alcuni teologi improvvisati e di agnostici devoti che vi vedevano fumo di comunismo. Si tratta del primato della destinazione universale dei beni a cui dev’essere subordinata come strumento operativo la proprietà privata, assunta dai citati avversari a dogma supremo. In realtà, il pontefice non faceva che allinearsi a una tradizione cristiana secolare che impugnava persino la sferza, come il celebre Padre della Chiesa orientale san Giovanni Crisostomo che nel IV secolo non esitava - nella sua opera dedicata al povero Lazzaro della parabola evangelica ( Luca 16,19-31) - a dichiarare che «non dare ai poveri parte dei propri beni è rubare ai poveri perché quanto possediamo non è nostro, ma loro». Se vogliamo, però, giungere ai nostri giorni, ecco san Giovanni Paolo II che nell’enciclica Centesimus annus (1991) ribadiva che «Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno». Per lui il principio dell’uso comune dei beni creati per tutti è «primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale».
Papa Francesco nella citata "Fratelli tutti" formalizzava questa tesi tradizionale: «Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati... Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongano sopra quelli prioritari e originari, provandoli di rilevanza pratica».
In questa linea proponiamo ora la forte attestazione di uno dei grandi Padri della Chiesa d’Occidente, che aveva alle spalle un’importante carriera politica di governatore imperiale. (...) Su questa base biblica (1Re 21) Ambrogio - che, non lo dimentichiamo, era dotato di una forte personalità - tesse la sua vivace e perentoria applicazione dai risvolti politico-sociali, denunciando l’idolatria sclerotica della proprietà privata a scapito e non in funzione della destinazione universale dei beni. «Fin dove stendete, o ricchi, i vostri insani desideri? Abiterete forse da soli la terra?... La terra è stata costituita bene per tutti, ricchi e poveri: perché dunque, o ricchi, arrogate a voi il diritto di proprietà del suolo?». Sono, queste, alcune delle righe di apertura di questo scritto dalle pagine roventi, sempre proclamato a tono alto, striato di sdegno e rivolto incessantemente ai detentori di terreni, di possessi, di beni voluttuari che ignorano la folla dei miserabili che non digiunano come atto rituale bensì solo per necessità. Anche una certa filantropia ostentata come una onorificenza è spazzata via persino con sarcasmo.
Continua, infatti, Ambrogio: «Tu non dai al povero del tuo, ma gli restituisci del suo. Tu da solo ti appropri di ciò che è stato dato a tutti, perché tutti lo usassero in comune. La terra è di tutti, non solo dei ricchi... Tu dunque restituisci il dovuto, non elargisci il non dovuto». Questa sarà anche la voce della Chiesa successiva sulla scia del vescovo di Milano, tant’è vero che un paio di secoli dopo un papa, Gregorio Magno nella sua Regola pastorale, giungerà al punto di definire «delinquenti per la rovina del prossimo» i praticanti di una generosità pelosa e ipocrita, perché «quando offriamo qualcosa che sia necessario ai poveri, rendiamo loro ciò che è già loro, non diamo ciò che è nostro, compiamo un debito di giustizia, non adempiamo a un’opera di misericordia». (...)
in “Il Sole 24 Ore” del 6 giugno 2021

Da qualche tempo mi rendo conto che hanno capito tutto coloro che avevano colto da tempo come gira il fumo... e stanno in buca, salgono solo sui carri dei vincitori, non se la cacciano per quasi nulla, non si sporcano mai le mani, non escono mai allo scoperto.
Perché la realtà è proprio come loro la intendono, la descrivono, la vivono.
E io sempre dall'altra parte.
don Chisciotte Mc, 210603

La casta ha tra le sue regole tacite, ma necessarie, che "lupo non mangia lupo"; che "Io non tocco te, tu non tocchi me"; che "Io copro le spalle a te, tu copri le spalle a me". Così funzionano le caste, in qualsiasi modo le si aggettivi. E viceversa: se si incontrano queste dinamiche, si può stare certi che si tratta di una casta.
don Chisciotte Mc, 210603

#i teologi in paradiso
di Gianfranco Ravasi
"Ebbene sì, anche in paradiso ci sono i teologi. Bisogna pure che si dia loro l'occasione di verificare di persona fino a che punto si sono sbagliati. Se no, sarebbe ingiusto. Ognuno deve avere la sua possibilità, i teologi come gli altri. E ad essi sarà molto perdonato perché si saranno molto sbagliati".
Questa ironica considerazione sui teologi è nel volume Le capanne del paradiso. Intervista a Dio (1980. Gilbert Le Mouël. Sarà certo divertente vedere la sorpresa finale di chi ha tanto detto di e su Dio, forse senza praticarne molto il messaggio e vissuto la fede. Quante volte, infatti, si sono costruiti ritratti di Dio a immagine e somiglianza del proprio cervello, del proprio gusto e intuito. Giobbe, che cerca il Signore con cuore sincero e con la libertà che comporta l'assenza di interesse e di encomio servile - notava il filosofo danese Soeren Kierkegaard - sopporta tutte le prove, ma perde la pazienza quando gli si fanno accanto i tre amici teologi per spiegargli che Dio ha comunque sempre ragione e loro ne sanno il perché.
C'è un volto divino che è solo un riflesso delle attese e dei pensieri umani. Certo, la via della ragione è importante per incontrare Dio, ma non è né l'esclusiva né la prima in assoluto. È per questo che egli può essere conosciuto altrettanto bene, anzi meglio, dai puri di cuore, dai semplici d'animo, dai giusti, dai poveri e dai bambini. Costoro avranno meno sorprese, quando saranno davanti a lui, di tanti scribi e sapienti che disprezzano «questa gente che non conosce la Legge» (Giovanni 7, 49). Le parole di un grande pensatore che fu anche grande credente, sono illuminanti: «Due eccessi da evitare: escludere la ragione, ammettere solo la ragione».
in “Il sole 24 Ore” del 30 maggio 2021