Noi nasciamo là dove rinasciamo. E sono partorite quelle anime in cui si forma l'immagine di Cristo (...): partorisce, infatti, colui che riceve nelle sue viscere lo Spirito della salvezza e lo infonde negli altri (...). Cristo è il segno sulla fronte, è il segno nel cuore: sulla fronte, affinché sempre lo professiamo; nel cuore, perché sempre lo amiamo; il segno nel braccio, perché sempre, operiamo. Risplenda, dunque, la sua immagine nella nostra professione di fede, risplenda nel nostro amore, risplenda nelle opere e nei fatti, in modo che, se possibile, tutto l'aspetto di Cristo si esprima in noi. Sia lui la nostra testa, perché (...)
è una ricerca insolita scavare nelle Scritture per trovare non solo esempi, esortazioni e criteri della pratica dell’ospitalità, ma anche la consapevolezza che la Bibbia stessa è luogo di accoglienza, che nello ‘sta scritto’ c’è spazio per ospitare l’altro, per contenere qualcosa e qualcuno che non si esaurisce nella lettera del testo.
Del resto, la composizione stessa della Bibbia è caratterizzata da molteplici aspetti di ‘ospitalità’, a cominciare dall’accoglienza della diversità in unico testo: la Bibbia – tà biblía, i libri – è infatti una piccola biblioteca che raccoglie 73 libretti, di autori ancor più numerosi; sono libri scritti in tre lingue, ebraico, aramaico e greco; redatti nell’arco di tempo di circa un millennio e nell’ambito di un’area che va da Babilonia (l’attuale Iraq) a Roma; libri diversi come genere letterario, perché alcuni sono storici, altri poetici, altri sapienziali, altri giuridici.
Sì, la Bibbia è un libro plurale, frutto dell’accoglienza da parte di un popolo di Scritture che risentono di apporti culturali diversi: la sapienza dell’Egitto, di Babilonia, dell’Assiria, delle genti di Canaan e del deserto, dell’ellenismo. L’identità della Bibbia è data da una pluralità, una molteplicità, una diversità, e da questo si dovrebbe dedurre l’impossibilità di letture fondamentaliste e uniche. Basti pensare ai vangeli: c’è un solo Vangelo, ma quattro sono i ritratti di Gesù e – va confessato – così diversi, a volte in contraddizione tra di loro; eppure sono capaci di consegnarci, nel loro insieme, un Gesù che ha fatto per noi l’esegesi di Dio, una narrazione... (segue - fai il download dell'intero testo)
Ciò che oggi per disgrazia ci manca è la qualità del femminile. Se non stiamo attenti, la religione diverrà solo una macchina per ragionare correttamente. Questo linguaggio che ovunque lancia anatemi! La Chiesa ha mancato l’occasione di restare donna: fervente, accogliente, feconda. Ha fallito la sua vocazione di Sposa di Cristo. Respingendo le donne e l’amore, avete escluso dalle vostre istituzioni e da voi stessi la qualità del femminile. E ogni violenza ha la sua fonte nella violenza che avete fatto subire a voi stessi. Io chiamo femminile quella qualità che la donna risveglia nel cuore dell’uomo, quella corda che vibra al suo avvicinarsi. Chiamo femminile il perdono delle offese, il gesto di rimettere la spada nel fodero quando l’avversario è a terra, l’emozione che si prova a piegarsi. Chiamo femminile l’orecchio teso verso l’oltre delle parole, l’attenzione che va incontro al senso, lo tocca e lo addolcisce. Chiamo femminile l’istinto che al di là delle opinioni e delle fazioni fiuta il sogno comune.
Più la chiesa mette in guardia contro le donne, più si priva dell’energia conciliante che esse diffondono e più si allontana dalla sorgente di vita. (continua - fai il download dell'intero testo)
Conservate dunque, o figli, l'amicizia che avete stretta con i vostri fratelli, perché è la più bella tra le cose di quaggiù. Infatti è un conforto in questa vita avere in questa vita una persona cui aprire il proprio cuore, confidare i propri segreti, affidare gl'intimi pensieri del proprio animo, così da poter contare su un uomo fedele che nella prosperità si rallegri con te, condivida il tuo dolore, nelle persecuzioni t'incoraggi. (continua - fai il download dell'intero testo)
I fondamenti dell'edificio cristiano poggiano su tre virtù: la fede, la speranza e la carità, che sono tra loro così strettamente connesse, da essere vicendevolmente necessarie. Per che cosa si affaticherebbe la fede, se non la precedesse la speranza? Ma come potrebbe sorgere la speranza se mancasse la fede? Se poi all'una e all'altra venisse tolta la carità, esse cesserebbero: la fede non può operare senza la carità; e la speranza, allo stesso modo, non potrebbe operare senza la fede. Il cristiano, quindi, se vuol essere perfetto, dev'essere edificato su queste tre cose. Se gliene venisse a mancare una, la sua costruzione non sarebbe compiuta. (continua - fai il download dell'intero testo)
Miei cari fratelli, se anche non destinatari del sacro crisma, dobbiamo essere come Gesù martiri di pace, vuol dire che per la pace dobbiamo salire sulla croce. E si sale sulla croce ogni volta che si contrastano le logiche correnti tributarie degli schemi pagani del profitto, della sicurezza, dello schieramento dei blocchi, della deterrenza. Si sale sulla croce ogni volta che si afferma che la produzione delle armi, il commercio degli strumenti di morte e il segreto che copre il loro traffico sono una grossa violenza alla giustizia e un attentato gravissimo alla pace: anzi sono già guerra. Si sale sulla croce quando si vuole scendere, dalle sporgenze utopiche, sul terreno delle mediazioni pratiche. Quando più che additare i grandi progetti e tracciare mete ultime, si disegnano mete penultime e tappe intermedie. E quando, più che fare discorsi sui massimi sistemi, si cerca di incarnare coraggiosamente il discorso della pace nelle condutture legislative, nelle strumentazioni delle scelte concrete, nei dispositivi che innervano i comportamenti umani. Si sale sulla croce ogni volta che, sperimentata l'inutilità di certe strade per arrivare a forti prese di coscienza sulla pace, si è costretti a ipotizzare alcune scelte per le quali si scatena la sufficienza dei dotti, l'ira dei potenti. lo scandalo dei pii, il compatimento dei superficiali, l'indifferenza della massa. Si sale sulla croce ogni volta che si vuol dare una mano agli ultimi, ai poveri, ai diseredati, partendo dal loro angolo prospettico e non dall'osservatorio dei benpensanti e dei garantiti. Si sale sulla croce ogni volta che si è chiamati a quella forma di martirio, straziante e dolcissimo, che si chiama perdono, nel cui oceano, in questo momento, vorremmo chiedere al Signore di poter tutti naufragare. (fai il download dell'intera omelia)
«Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: "Questo è il mio corpo", confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (cfr. Mt 25, 42), e: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l'avete fatto neppure a me (cfr. Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull'altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole.
Qualcuno forse potrà domandarsi: non vi sarà mai alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo? Vi sarà certamente e anche molto grande. Chi infatti può esser talmente nemico degli uomini e ostile a Dio da volerlo impedire? Bisognerà tuttavia stare bene attenti che si tratti di un vero progresso della fede e non di un cambiamento. Il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno. II cambiamento invece si ha quando una dottrina si trasforma in un'altra. è necessario dunque che, con il progredire dei tempi crescano e progrediscano quanto più possibile la comprensione, la scienza e la sapienza così dei singoli come di tutti, tanto di uno solo, quanto di tutta la Chiesa. (fai il download dell'intero testo)
Vedete, in parte è qui la cultura della non-violenza, con tutte le esigenze radicali che ci sono dentro. A chi ti chiede la tunica, dagli anche il mantello. A chi ti percuote sulla destra, volgi la sinistra e a chi ti obbliga a fare un miglio, tu fanne due con lui. Rimetti la spada nel fodero. Quelle espressioni del Vangelo hanno disarmato per sempre tutti i soldati della terra. Oggi, purtroppo, non c'è audacia propositiva, forse anche nei nostri gruppi cristiani. Abbiamo paura che ci dicano che andiamo avanti soltanto con i sentimenti, perché abbiamo offeso il senso comune; siamo degli equilibristi straordinari, siamo i professori del buon senso e quindi stiamo stemperando il Vangelo. Ma il Vangelo che cos'ha da spartire con il buonsenso? Siamo propositori di buon senso. E la novità cristiana? Si è spuntata, perché abbiamo omologato tutte le nostre spinte cristiane in un’etica di equilibrio. (fai il download dell'intero intervento - formato .pdf)
Conosciamo una triplice venuta del Signore: nella prima egli venne nella debolezza della carne, in questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell'ultima verrà nella maestà della gloria. Questa venuta intermedia è la via attraverso la quale giungiamo dalla prima all'ultima: nella prima venuta Cristo fu nostra redenzione, nell'ultima si manifesterà come nostra vita, in questa e nostro riposo e nostra consolazione. (fai il download dell'intero testo)
I santi, nella patria, possederanno perfettamente Dio. Ne segue che giungeranno all’apice di ogni loro desiderio e che la loro gloria sarà superiore a quanto speravano. Per questo dice il Signore: “Prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt. 25,21); e Agostino aggiunge: “tutta la gioia non entrerà nei beati ma tutti i beati entreranno nella gioia”; ed anche: “Egli sazia di beni il tuo desiderio”. Tutto quello che può procurare felicità là è presente ed in sommo grado. Se si cercano godimenti, là ci sarà il massimo più assoluto godimento, perché si tratta del ben supremo, cioè di Dio: “dolcezza senza fine alla tua destra” (Sal. 15,11). (fai il download dell'intero testo)
Ci siamo ingolfati in affari terreni, e altro è ciò che abbiamo assunto con l'ufficio sacerdotale, altro ciò che mostriamo con i fatti. Noi abbandoniamo il ministero della predicazione e siamo chiamati vescovi, ma forse piuttosto a nostra condanna, dato che possediamo il titolo onorifico e non le qualità. Coloro che ci sono stati affidati abbandonano Dio e noi stiamo zitti. Giacciono nei loro peccati e noi non tendiamo loro la mano per correggerli. Ma come sarà possibile che noi emendiamo la vita degli altri, se trascuriamo la nostra? Tutti rivolti alle faccende terrene, diventiamo tanto più insensibili interiormente, quanto più sembriamo attenti agli affari esteriori. Ben per questo la santa Chiesa dice delle sue membra malate: «Mi hanno messo a guardiana delle vigne; la mia vigna, la mia, non l'ho custodita» (Ct 1, 6). Posti a custodi delle vigne, non custodiamo affatto la vigna, perché, implicati in azioni estranee, trascuriamo il ministero che dovremmo compiere. (fai il download dell'intero testo)
E' la pace, carissimi, che fa uscire l'uomo dalla schiavitù e gli dà un titolo nobiliare, cambia agli occhi di Dio la condizione di una persona facendo del servo un figlio, dello schiavo un uomo libero. La pace tra i fratelli è volontà di Dio e gioia di Cristo. E' perfezione della santità, regola della giustizia, maestra di dottrina, salvaguardia dei costumi, disciplina lodevole in tutte le cose. La pace è per le preghiere un'intercessione, per le suppliche una via facile ed efficace, è l'appagamento pieno di tutti i desideri. La pace è madre dell'amore, vincolo di concordia, segno manifesto di un animo puro, che può chiedere per sé a Dio ciò che vuole. Domanda tutto ciò che vuole e ottiene tutto ciò che domanda. (continua)
La pioggia non discende diversa, non cambia se stessa, ma si adatta alle esigenze degli esseri che la ricevono e diventa per ognuno di essi quel dono provvidenziale di cui abbisognano. Allo stesso modo anche lo Spirito santo, pur essendo unico e di una sola forma e invisibile, distribuisce ad ognuno la grazia come vuole. (continua)
Non potendo voi ora vedere questa visione, vostro impegno sia desiderarla. La vita di un buon cristiano è tutta un santo desiderio. Ma se una cosa è oggetto di desiderio, ancora non la si vede, e tuttavia tu, attraverso il desiderio, ti dilati, cosicché potrai essere riempito quando giungerai alla visione. (continua)
C'è qui un grande mistero sul quale occorre riflettere, o fratelli. Il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero Maestro sta dentro. Non crediate di poter apprendere qualcosa da un uomo. Noi possiamo esortare con lo strepito della voce, ma se dentro non v'è chi insegna, inutile diviene il nostro strepito. Ne volete una prova, o miei fratelli? Ebbene, non è forse vero che tutti avete udito questa mia predica? Quanti saranno quelli che usciranno di qui senza aver nulla appreso? Per quel che mi compete, io ho parlato a tutti; ma coloro dentro i quali non parla quell'unzione, quelli che lo Spirito non istruisce internamente, se ne vanno via senza aver nulla appreso. L'ammaestramento esterno è soltanto un ammonimento, un aiuto. Colui che ammaestra i cuori ha la sua cattedra in cielo. Egli perciò dice nel vangelo: «Non vogliate farvi chiamare maestri sulla terra: uno solo è il vostro maestro: Cristo» (Mt 23, 8-9). Sia lui dunque a parlare dentro di voi, perché lì non può esservi alcun maestro umano. Se qualcuno può mettersi al tuo fianco, nessuno può stare nel tuo cuore. Nessuno dunque vi stia; Cristo invece rimanga nel tuo cuore. (continua)
C'è qui un grande mistero sul quale occorre riflettere, o fratelli. Il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero Maestro sta dentro. Non crediate di poter apprendere qualcosa da un uomo. Noi possiamo esortare con lo strepito della voce, ma se dentro non v'è chi insegna, inutile diviene il nostro strepito. Ne volete una prova, o miei fratelli? Ebbene, non è forse vero che tutti avete udito questa mia predica? Quanti saranno quelli che usciranno di qui senza aver nulla appreso? Per quel che mi compete, io ho parlato a tutti; ma coloro dentro i quali non parla quell'unzione, quelli che lo Spirito non istruisce internamente, se ne vanno via senza aver nulla appreso. (continua)
Chi incolpa se stesso, accoglie tutto serenamente quando incorre in qualunque contrarietà, danno, maldicenza, oltraggio o altra afflizione: di tutto egli si ritiene meritevole, né può in alcun modo essere turbato. Che cosa vi è di più tranquillo di quest’uomo? Forse qualcuno mi obietterà: «Se un fratello mi affligge ed esaminandomi non trovassi di avergli data alcuna occasione, perché dovrei accusare me stesso?». continua
Cerchiamo, fratelli, di vedere da che cosa soprattutto derivi il fatto che quando qualcuno ha sentito una parola molesta, spesso se ne va senza alcuna reazione, come se non l'avesse udita, mentre talvolta appena l’ha sentita si turba e si affligge. Qual è, mi domando, la causa di questa differenza? Questo fatto ha una sola o più spiegazioni? Io mi rendo conto che vi sono molte spiegazioni e motivi, ma ve n’è una che sta avanti alle altre e che genera tutte le altre, secondo quanto disse un tale: Questo deriva dalla particolare condizione in cui talora qualcuno viene a trovarsi. continua
L'atteggiamento esteriore rivela il mondo interiore
La modestia dev'essere conservata anche nel portamento, nel gesto, nell'incedere: nell'atteggiamento dei corpo appare la virtù dell'animo. Da questo l'uomo che sta nascosto dentro di noi viene giudicato o troppo leggero, spavaldo, torbido o, al contrario, serio, costante, limpido e maturo. Si può dire perciò che il nostro atteggiamento sia la voce dell'anima. continua