«Conterò poco, è vero - diceva l’Uno ar Zero - ma tu che vali?
Gnente: propio gnente.
Sia ne l’azzione come ner pensiero
rimani un coso voto e inconcrudente.
lo, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
È questione de nummeri.
A un dipresso è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so’ li zeri che je vanno appresso».
Trilussa (1944)
 

«Il segreto per vivere bene e a lungo è:
mangiare la metà,
camminare il doppio,
ridere il triplo.
Amare senza misura».
Proverbio cinese
 

«Il futuro non appartiene a chi è soddisfatto del presente.
Ma a chi è capace di fondere fantasia, ragione e coraggio
in un impegno personale».
John Fitzgerald Kennedy
 

"Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi perchè è proprio la crisi a portare il progresso. La creatività nasce dall'ansia, come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi errori alla crisi, violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che te soluzioni. La vera crisi è la crisi dell'incompetenza. Lo sbaglio delle persone e dei paesi è la pigrizia nel trovare soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide. Senza sfide la vita è routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. E' nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora perchè senza crisi qualsiasi vento è una carezza. Parlare di crisi è creare movimento; adagiarsi su di essa vuol dire esaltare il conformismo. Invece di questo, lavoriamo duro. L'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla".
Albert Einstein
 

“Che le cose siano così’,
non vuol dire che debbano andare così,
solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare,
vi è un prezzo da pagare,
ed è, allora, che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi
piuttosto che fare”.
Giovanni Falcone
 

Quest'uomo nel 1916 aveva 27 anni.
Farà grandi cose nella sua vita.


TERREDESHOMMES: associazione no profit.

 
In questo video potrete vivere l'esperienza di cosa significhi ricevere un colpo di avvertimento sul tetto della vostra casa, il primo che si vede e si ode.
Gli abitanti della casa hanno 67 secondi per mettersi in salvo (se ce la fanno).
Contate fino a 67... dopo vedrete gli effetti dell'arrivo del missile che distrugge completamente la casa.
Cosa siete riusciti a salvare in 67 secondi? La vostra vita?
 


Quale di questi due oggi andrà più veloce?!
Quale di questi due domani andrà più lontano?!
don Chisciotte Mc

 

 

Per rispondere all’emergenza, Medici Senza Frontiere sta supportando l’ospedale Al Shifa a Gaza City con un’équipe chirurgica completa e materiali medici e di emergenza, e ha donato due forniture di emergenza al Central Drug Store a nord e a sud di Gaza.
La clinica post-operatoria di MSF a Gaza City lavora al 10-30% della propria capacità perché l’intensità dei bombardamenti impedisce ai pazienti di accedere alla struttura.
Le attività regolari di MSF al Nasser Hospital a Khan Younis sono state interrotte dal conflitto. MSF lavora a Gaza da più di 10 anni, fornendo servizi medici, chirurgici e psicologici. Ha anche risposto alle emergenze a Gaza nel 2009 e nel 2012.
 


Il padre è sdentato come il bambino che porta in braccio, urla e piange come il bambino che porta in braccio. Il dolore di chi resta: del volontario che apre il portellone dell’ambulanza e trova il fratello insanguinato, la rassegnazione dell’uomo seduto tra le macerie di una casa che non abiterà più, la disperazione dei ragazzini rimasti senza la famiglia in un solo attacco, l’incredulità del genitore che ha perso l’unico figlio atteso da tanto. Sono le storie dietro le immagini. Quella che emerge questa volta è la sofferenza privata. Le foto mostrano le lacrime, le bocche stravolte dalle grida, il tentativo di un ultimo bacio. Non sono gesti esibiti, non sono gli inevitabili scatti dei funerali di Gaza, quei riti collettivi - tutti maschili - dove la rabbia e la richiesta di vendetta provano a riempire il vuoto dei singoli, dove gli slogan ammutoliscono la commozione. Questi sono gli uomini che hanno scelto di non combattere, di abbracciare i figli e non di imbracciare un fucile mitragliatore. Piangono da soli perché spesso restano soli. I mariti palestinesi non sono bloccati in casa dalla cura dei bambini, sono loro a uscire per cercare di recuperare il cibo o qualche candela per le notti senza elettricità. Sotto i bombardamenti, la strada può essere più sicura delle mura di un appartamento (foto LaPresse) (di Davide Frattini)
Qui le foto e l'articolo:

 

 

 

 


Uno dei metodi più diffusi per "risolvere" i problemi
è aspettare che il tempo passi...
Ma non funziona.
don Chisciotte Mc

 

Il segreto di Francesco? È anticlericale
di Fabio Colagrande
"Quando nel popolo di Dio non c'è profezia, il vuoto che lascia viene occupato dal clericalismo". "Il clericalismo è uno dei mali della Chiesa. Ai preti piace la tentazione di clericalizzare i laici, ma tanti laici, in ginocchio, chiedono di essere clericalizzati". "La malattia tipica della Chiesa ripiegata su se stessa è l'autoreferenzialità. È una specie di narcisismo, che ci conduce alla mondanità spirituale e al clericalismo". Tre citazioni bergogliane per provare a capirci.
Secondo me, la chiave di lettura dell'anticlericalismo non solo spiega il motivo per cui Francesco ha fatto breccia nel cuore e nella mente di tanti, credenti, praticanti e non. Ma è la chiave di volta per intendere ogni parola del suo magistero. Capito questo si capisce il suo pontificato. E si comprende perché a molti di noi risulti indigesto. Francesco è convinto che la Chiesa si ammali ogni volta che perde il contatto diretto con Dio. Ogni volta che non riesce più ad ascoltare la sua Parola, a lasciarsi guidare dal soffio dello Spirito. Nell'Antico Testamento il popolo pecca d'idolatria perché si costruisce il Vitello d'oro come succedaneo della divinità. Nella visione di Francesco oggi i cattolici creano spesso istituzioni, organizzazioni e dottrine che rimpiazzano Dio e peccano, a loro volta, d'idolatria. Siamo giunti così a dare alla religione lo statuto della fede. Utilizziamo pratiche, regole, comportamenti religiosi, necessari, ma che vengono dall'uomo e non da Dio. In fondo, il clericalismo è

Ascoltatelo tutto!


"Il «linguaggio» del corpo, dopo la caduta originaria, è diventato ambiguo. La Bibbia lo esprime con l'immagine della nudità e della vergogna/paura: prima della caduta «erano nudi, ma non ne provavano vergogna». Dopo la caduta Adamo confessa: «Ho avuto paura perché sono nudo» (Gn 2, 25; 3, 10). Tale ambiguità è cosi descritta da Teilhard de Chardin (1881-1955) in riferimento alla «materia» e quindi alla dimensione «materiale» dell'essere umano: la Materia si presenta «sotto le apparenze enigmatiche di una potenza bifronte. Da una parte, è il peso, la catena, il dolore, il peccato, la minaccia sulle nostre vite. È ciò che appesantisce, che soffre, che ferisce, che tenta, che invecchia. Per colpa della materia, siamo pesanti, paralizzati, vulnerabili, colpevoli. "Chi ci libererà da questo corpo di morte?" (Rm 7, 24). [...] Eppure, nello stesso tempo, la Materia è la gioia fisica, il contatto esaltante, lo sforzo virilizzante, la felicità di crescere. È ciò che attrae, che rinnova, che unisce, ciò che fiorisce. Grazie alla Materia, siamo alimentati, sollevati, collegati con il resto del Mondo, invasi dalla vita. Esserne spogliati è per noi intollerabile".
Antonio Gentili, Le ragioni del corpo, 14
 

Avviene come quando in una famiglia
mamma e papà non vanno molto d'accordo,
i quattro figli faticano ad avere una educazione equilibrata,
l'armonia della vita quotidiana è sempre in bilico...
ma... "Dai che vi diamo in affido un quinto figlio!".
 
don Chisciotte Mc
 

E avviene come quando una coppia di genitori
se la prende coi figli perché "Ultimamente siete irrequieti e non state mai fermi"...
non cogliendo che si tratta di una reazione: 
da quindici giorni la nonna (malata e un po' depressa) è andata ad abitare stabilmente in casa con loro.
don Chisciotte Mc
 


Capitano delle cose
che fanno scappare la voglia
di fare
e di fare bene.
don Chisciotte Mc


Gesù Cristo è morto ed è risorto per la salvezza di tutti e di ciascuno.
Anche un solo uomo porta la sua immagine e vale il dono della vita del Figlio di Dio.
Sarebbe bello se noi salvati riuscissimo sempre a mantenere l'equilibrio
tra la cura del singolo e la cura dei tanti;
in realtà bisogna sottoporre a discernimento se sia evangelico
lasciare che si "perdano" tanti
pur di "salvare" uno.
Anzitutto perché quei "tanti" sono composti da tanti "uno"
che meriterebbero almeno la stessa cura e forse anche di più;
e poi perché quel "salvare" uno è spesso illusorio,
se ciò non coincide con il bene e la consapevole partecipazione dei tanti.
don Chisciotte Mc
 

Il vescovo di Oppido Mamertina: «In tale clima, nella preghiera e con il supporto dell’esemplare senso ecclesiale espresso dal Consiglio Episcopale e dai Vicari Foranei nel comunicato diffuso l’altro ieri, da una prima verifica con i nostri sacerdoti e con laici illuminati, ho maturato la decisione di sospendere, a partire da oggi, tutte le processioni in programma nei prossimi mesi, fino a quando, come frutto di una maturata e solida coscienza ecclesiale, saranno varati forti e definitivi provvedimenti in merito. Lo preciso subito come maestro, pastore e guida della Diocesi: si tratta di un convinto e preciso gesto di cautela, di invito alla riflessione e al silenzio, di cui in questo momento tutti abbiamo bisogno. Nessuno, pertanto, è autorizzato a vedervi un gesto di sfiducia o di giudizio verso coloro che alle processioni contribuiscono con dedizione e rettitudine: non avrei né motivi né fondamenti discriminanti. Il bene di tutti e la serenità degli animi richiedono a volte sacrifici immediati, seppure temporanei. Una comunità adulta nella fede comprende sempre e condivide – proprio come in famiglia, dove ci si aiuta reciprocamente – scelte per le quali non sono ammissibili interpretazioni arbitrarie e, tanto meno, comportamenti autonomi. Se una processione sospesa manda in tilt o in crisi, rivela la debolezza e il lungo cammino verso l’autenticità della fede».
http://www.oppido-palmi.chiesacattolica.it/home_diocesi/in_evidenza/00023183_UN_ATTO_DI_AMORE_PER_LA_NOSTRA_CHIESA_TRA_PASSATO_E_FUTURO.html

Sono soddisfatto del mio boicottaggio del mondiale:
troppe spese, troppe ingiustizie, troppo fumo davanti agli occhi.
Non ho visto nemmeno un minuto delle partite.
Ma cosa non darei per essere Domenica sera a Santa Marta,
a vedere come tifa un certo tipo che mi piace tanto!!
don Chisciotte Mc

«Tutto è importante.
Che qualcuno accenda la luce,
raccolga la carta buttata a terra,
ascolti la storia ripetuta più volte,
pieghi la biancheria,
giochi secondo le regole,
dica le cose come stanno,
resista alle tentazioni,
pulisca il bancone,
aspetti a attraversare se c'è il giallo,
si congratuli per le vittorie,
accetti le conseguenze,
prenda le parti di qualcuno,
vada per primo,
vada per ultimo,
scelga il pezzo più piccolo,
stia vicino a chi muore,
conforti chi sta male,
tiri via una scheggia da un dito,
asciughi una lacrima,
dia indicazioni a chi si è perso,
tocchi chi è solo.
Le cose più belle sono le meno riconosciute.
Le cose per cui vale la pena morire si notano appena».
Laura McBride
 


Un conto è quando delle comunità cristiane faticano a liberarsi dalla pesante schiavitù di poteri forti, ramificati, violenti... come la mafia, la ndrangheta, la camorra;
un conto è quando le comunità cristiane soggiaciono volentieri in atteggiamenti di subalternità rispetto a pseudo-poteri locali, personali, gracili.
don Chisciotte Mc

 
Due segnali inquietanti e non casuali 
di Francesco La Licata 
Che le processioni religiose, nel Sud governato dalle mafie, siano occasioni per rinsaldare legami non ufficiali, ma ben presenti, fra cosche, istituzioni e «sentimento popolare», è cosa ben nota. Lo testimonia la lunga e spesso perdente battaglia per contenere le infiltrazioni malavitose nelle congregazioni che dominano l’organizzazione delle processioni. 
Quelle che, dunque, decidono «chi» deve portare in spalla «la Vara», «chi» è degno di avvicinarsi al Santo, «dove» il corteo e la musica si devono arrestare per «rendere gli omaggi» e «chi» deve ricevere l’inchino: una forma di massimo rispetto che fatalmente va a fermarsi dietro alla porta del boss. Il quale spesso è «impedito» da qualche provvedimento giudiziario e allora deve limitarsi a farsi vedere da dietro le tapparelle socchiuse. 
Questa volta il boss è don Peppe Mazzagatti, mammasantissima di Oppido assurto all’alta carica a furia di omicidi, violenze e ricatti. E questa volta è nato «l’incidente» perché il comandante dei carabinieri, maresciallo Andrea Marino, non solo ha lasciato il corteo, ma l’ha fatto per svolgere l’indagine già annunciata alla Procura antimafia, con tanto di riprese filmate dell’«inchino» della Madonna delle Grazie rivolto a don Peppe, assassino, ergastolano, ma dal 2003 ai domiciliari perché sofferente. Certo, ne deve avere ammiratori il boss se - condannato per mafia - può beneficiare di misure in genere negate ai mafiosi acclarati, come dimostrano le vicende di Totò Riina e Bernardo Provenzano, entrambi ultraottantenni e ammalati, ma mai usciti dal carcere duro. 
Evidentemente qualche ammiratore, don Peppe, lo tiene anche a Oppido in ambienti parrocchiali, che arrivano a lanciare una sfida aperta persino alla scomunica che Bergoglio ha lanciato solo un paio di settimane fa durante l’incontro col popolo avvenuto sulla spianata di Sibari. 
Attenzione, non deve essere liquidato nell’ambito del «costume» quello che è avvenuto il 2 luglio a Oppido. L’inchino a don Peppe è una sfida alle parole del Papa e lo dimostra anche quanto, contemporaneamente, abbiamo visto nel carcere di Larino (Campobasso), dove duecento detenuti hanno disertato la messa perché «offesi» dalla scomunica di Francesco. Un ammutinamento simile a quello dell’84 all’Ucciardone di Palermo: il cardinal Pappalardo lasciato solo sull’altare alla messa del precetto pasquale, per ritorsione alla sua «omelia di Sagunto» (funerali di Dalla Chiesa) e alle dure parole contro la mafia e le istituzioni imbelli.
E’ inquietante, questa sincronia di tempi. L’inchino ai boss era stato addirittura «ufficialmente proibito» in un decreto del febbraio di quest’anno. Aver contravvenuto al provvedimento non è un gesto estemporaneo. È la mafia che non ci sta e non accetta la scomunica, come non accettò la «ribellione» di don Pino Puglisi che ignorava i «consigli» dei boss.
in “La Stampa” del 7 luglio 2014

Il perdono è rivoluzionario 
di Laura Boella, docente di filosofia morale alla Università Statale di Milano 
Il perdono rappresenta uno dei dilemmi più laceranti dell’etica contemporanea, ma è anche una delle figure morali che svolgono un ruolo, a volte contraddittorio, molto forte nella società e nella politica. Il perdono oggi non viene evocato solo in relazione a offese, torti, malvagità individuali e private, ma spesso in relazione al male commesso in nome di un’idea di civiltà, di un’ideologia totalitaria, di una fede religiosa, di un progetto politico, e anche in sede legale e processuale, ogni volta che la trasgressione della norma ha un effetto destabilizzante sulla convivenza. Sappiamo quanto le azioni umane e i loro “errori” mettano direttamente in questione la storia, la politica, la sopravvivenza e l’identità di individui e gruppi, la lacerazione e la ricomposizione del legame sociale.
Non bisogna poi dimenticare che la questione del perdono si è posta con particolare forza dopo la Shoah, collegandosi strettamente all’imprescrittibilità del male. Dopo gli eventi che hanno segnato la storia del ‘900 non è pertanto più possibile pensare il perdono senza il concetto di imperdonabile.
L’autentico significato del perdono deve in effetti districarsi dalle implicazioni molteplici e a tratti contraddittorie di una nozione drammaticamente intrappolata nelle maglie del rancore e dell’oblio, della brama di vendetta e della facile liquidazione o della rinuncia ai propri diritti. Una nozione che, oltretutto, appare difficilmente isolabile da altri nuclei tematici, legati a concetti di ordine spirituale e religioso, quali l’espiazione, la redenzione, la remissione dei peccati, l’assoluzione, la pietà, l’amore del prossimo. Per fare qualche esempio: si perdona l’incoscienza (non sapeva quello che faceva) o la malvagità? L’azione o l’agente? Per ricostruire, ricominciare, comprendere, convertire o semplicemente per dimenticare? Il perdono presuppone una relazione con un altro oppure è l’affermazione della propria superiorità? Chi viene perdonato può anche non sentirsi destinatario di un atto di amore, bensì oggetto di invadenza, di intrusione nella sua coscienza, nel suo mondo affettivo. Nell’idea di perdono può essere infatti contenuto un giudizio di valore: colui che perdona si colloca dalla parte del bene, quindi al di sopra di colui che viene perdonato. Da questo punto di vista, il perdono può apparire un atto unilaterale, una concessione che annulla ogni scambio e comunicazione tra due soggetti. A complicare le cose contribuisce l’urgenza dell’appello che il male morale continua a rivolgere all’azione: cosa fare per impedire altre sofferenze causate dalla malvagità? Qual è l’imperativo prioritario: la carità cristiana o la resistenza contro il male? Porgere l’altra guancia o ristabilire la giustizia violata?
Il perdono è sicuramente un concetto spiazzante, una sfida per il pensiero, il cui autentico significato 

 

«L'umile sente che sbaglia e lo ammette.
L'ipocrita sente che sbaglia e lo nasconde.
L'arrogante è immune all'errore».
Youness Khalki

 

Pur non volendo assecondare l'origine bellicosa di queste scenografie,
devo ammettere che per un amante del ritmo
queste percussioni sono trascinanti!


 

«Le donne sono la cosa più bella che Dio ha fatto.
La Chiesa è donna. Chiesa è una parola femminile.
Non si può fare teologia senza questa femminilità».
papa Francesco, intervista al Messaggero, 29.06.2014