Bella Ciaone
di Massimo Gramellini
Dopo avere detto «la Messa è finita, andate in pace», don Massimo Biancalani è rimasto in guerra davanti all'altare e ha cominciato a cantare «Bella Ciao», iscrivendo Gesù Cristo al movimento delle sardine. Senza dubbio il parroco antileghista avrà prima interpellato il superiore celeste, ma è probabile che ci sia stato qualche problema di comunicazione: chi scacciò dal tempio i mercanti difficilmente vi accoglierebbe certi cantanti. Non è questione di testo, ma di contesto. Provate a immaginare una piazza del Venticinque Aprile che intona il «Gloria in excelsis Deo». Pensereste di essere precipitati in una teocrazia. Allo stesso modo una canzone partigiana che risuona sotto le volte di una chiesa assomiglia, più ancora che a una profanazione, a un'appropriazione indebita. Come se un parroco ultrà montasse sul pulpito del Duomo per dirigere cori da stadio. Come se un politico baciasse madonne e rosari durante un comizio (questo forse qualcuno lo ha fatto).
Si sente parlare di punizioni imminenti da parte del vescovo, quando magari basterebbe suggerire al prete-sardina l'ascolto quotidiano di una sonata di Bach. Rilassa i nervi e schiarisce le idee. «Bella Ciao» è assurta nel tempo a inno planetario contro l'oppressione. Se don Biancalani smania dalla voglia di cantarla in un luogo di culto, potrebbe trasferire la sua ugola nella cattedrale di Hong Kong. Intonare «Bella Ciao» dentro una chiesa ha senso solo nelle nazioni in cui è vietato, o pericoloso, farlo altrove.
in "Corriere della Sera" del 26 novembre 2019
https://www.corriere.it/caffe-gramellini/19_novembre_26/bella-ciaone-92c6d848-0fc1-11ea-bd6b-b9b6fa42a1a4.shtml?refresh_ce-cp

La Chiesa cattolica latina sceglie i suoi vescovi e i suoi presbiteri solo tra coloro che - antecedentemente e a prescindere dalla vocazione a questi ministeri - siano sicuri di essere chiamati al celibato. La Chiesa cattolica latina finora l'ha ritenuta la scelta più opportuna. Nulla vieta che possa decidere di scegliere i suoi presbiteri anche tra coloro che - antecedentemente - abbiano già intuito e deciso di assecondare la vocazione alla vita coniugale.
Entrambe sono vocazioni; entrambe, quindi, sono vie di santità; non sono tra loro incompatibili.
don Chisciotte Mc - 191128

Non capisco proprio (perché una ragione sufficiente non c'è) perché nella Chiesa cattolica latina sarebbe meglio avere dei preti itineranti tra una chiesa e l'altra; di corsa tra una messa e l'altra; impossibilitati a fermarsi per qualificare la cura pastorale; anziani e sfiancati... piuttosto che riconoscere la vocazione al presbiterato anche tra coloro che hanno anche la vocazione al matrimonio.
Una ragione sufficiente non c'è.
don Chisciotte Mc 191127


«La vera ignominia è la stupidità. Perché appartiene allo spirito. L'ignominia della carne non è altrettanto dannosa. Un clero incontinente può annunciare la verità con forza e grandiosità; un clero stupido lotta con la verità che lo possiede e la rivela confusamente; a quest'ultimo viene conferito il segreto potere di renderla stupida».
Julien Green


Le letture della messa ambrosiana: un lezionario che fa disamorare della Parola di Dio.
Sembrerebbe un paradosso, ma è proprio così.
Lo si sente coi cinque sensi: un Lezionario costruito da persone che non hanno amore per la Sacra Scrittura né sanno pregare la Liturgia cristiana, anche se possono aver studiato tanto.
E che - fatto gravissimo! - non ascoltano come prega il santo popolo di Dio e non si sono messi al suo servizio.
E' come far dirigere una scuola-calcio da un team di cervelloni che conoscono a memoria i nomi dei goleador degli ultimi dieci secoli, ma non hanno mai davvero tifato col cuore sugli spalti di uno stadio... e nemmeno avuto un pallone tra i piedi!
don Chisciotte Mc, 191125 (dopo l'ennesima lettura della messa ambrosiana)

«La parola flessibilità diventa la qualità altamente desiderabile di chi si adatta al mutare delle circostanze, senza finire schiacciato dal nuovo e dall’imprevisto. E senza pagare, per questo, un prezzo troppo alto, in termini di perdita della propria identità. (...) Proprio perché la vita esige da tutti creatività e progettualità, la flessibilità è figlia di una intelligenza viva e va di pari passo con l’essere accorti, creativi e dinamici. Capaci di entrare, grazie a una corretta flessibilità cognitiva/mentale, in relazione e in dialogo con quanto incrocia la propria strada: altri valori, altri modi di pensare, di progettare e di credere.
Nemico della flessibilità cognitiva è la rigidità cognitiva, che ha un impatto negativo, prima di tutto, sul mondo delle relazioni e che spesso è frutto del bisogno quasi patologico di ridurre a tutti i costi l’incertezza. Soprattutto quella che riguarda le emozioni, che condizionano più di quanto non si pensi la lettura che facciamo del mondo e il modo in cui gestiamo le nostre relazioni. Nella vita di relazione, la flessibilità non è assenza di stabilità emotiva. È piuttosto attitudine a non farsi “spezzare” - nel senso etimologico di “farsi ridurre a pezzi” – dalla paura di sbagliare, da incomprensioni o da situazioni difficili e complesse. La flessibilità, come altre “arti”, non la si eredita come un cromosoma. La flessibilità si impara e in flessibilità si cresce (...)».
Nunzio Galantino, "Il Sole 24 ore", 24.11.2019

« (...) In questo ci siamo irrigiditi su una visione molto formale delle situazioni familiari a cui eravate pervenuti. Abbiamo sbagliato a non considerare altrettanto la situazione personale, i sogni che avevate alimentato, la vostra vocazione alla vita coniugale con i progetti di vita che comportava, seppure incorsi in vicende familiari travagliate, dove tanti fattori possono essere stati decisivi ad ostacolare tutto questo. È proprio in queste situazioni complesse che la responsabilità personale ha bisogno di essere sostenuta e aiutata proprio nelle sue fragilità.
A chi tra voi si è scoraggiato e ha lasciato le nostre comunità parrocchiali, siamo qui per confidarvi che ci mancate e che sentiamo di aver bisogno di voi e della vostra testimonianza di vita. Siamo consapevoli che le vicende travagliate, che avete attraversato e che hanno disturbato e ferito i vostri affetti familiari, possono aiutarci tutti a considerare la vita come un dono mai scontato, come una responsabilità mai conclusa, come un poter ricominciare il percorso dell’esistenza per la promessa che esso rappresenta (...).
« (...) In questo ci siamo irrigiditi su una visione molto formale delle situazioni familiari a cui eravate pervenuti. Abbiamo sbagliato a non considerare altrettanto la situazione personale, i sogni che avevate alimentato, la vostra vocazione alla vita coniugale con i progetti di vita che comportava, seppure incorsi in vicende familiari travagliate, dove tanti fattori possono essere stati decisivi ad ostacolare tutto questo. È proprio in queste situazioni complesse che la responsabilità personale ha bisogno di essere sostenuta e aiutata proprio nelle sue fragilità.
A chi tra voi si è scoraggiato e ha lasciato le nostre comunità parrocchiali, siamo qui per confidarvi che ci mancate e che sentiamo di aver bisogno di voi e della vostra testimonianza di vita. Siamo consapevoli che le vicende travagliate, che avete attraversato e che hanno disturbato e ferito i vostri affetti familiari, possono aiutarci tutti a considerare la vita come un dono mai scontato, come una responsabilità mai conclusa, come un poter ricominciare il percorso dell’esistenza per la promessa che esso rappresenta (...).
https://www.amicodelpopolo.it/2019/11/22/lettera-del-vescovo-ai-coniugi-separati-e-divorziati/



«Chi mi conosce bene sa che da adolescente fui cristiano, e parecchio convinto. Tra i 14 e i 15 anni frequentai addirittura Comunione e Liberazione (all’epoca molto più spirito che affari). In quegli anni imparai a suonare la chitarra e tra i cantautori frequentati, oltre a De André, Guccini e soci, c’era anche il compianto Claudio Chieffo. Molte sue canzoni venivano cantate (e suppongo succeda tuttora) nelle chiese, negli oratori, oltre che nei raduni ciellini. Io ne imparai parecchie, verso la fine dei ‘70. Alcune erano bellissime, e dopo 40 anni mi ritrovo a ricantarle – nonostante il mio ateismo d’acciaio, che certo non mi fa rinnegare quel che fui all’epoca; e nonostante i nostri popoli e le nostre liberazioni abbiano preso strade molto diverse. Ma diversissime sono le acque che confluiscono nei fiumi che noi siamo, e tra la sorgente e la foce può succedere di tutto.
In questo video, il mio piccolo omaggio a Chieffo, con un mix delle mie canzoni preferite».
Mario Domina, su FB 191120


«Comincerei con la definizione di questa parola "eccesso", che può avere anche altri sinonimi; per esempio invece di dire eccesso, eccessivo, potrei dire ciò che è esagerato, ciò che è estatico, cioè che è al di là della media, ciò che travalica, supera l'ordinario tran tran delle cose, quello per cui vado in un negozio e tanto pago tanto ricevo; questa è la vita ordinaria, lo scambio do ut des. Qui invece si tratta del dare in perdita, del dare in gratuità; si tratta di qualcosa di eccedente, di uno squilibrio dell'esistenza; si tratta di qualcosa che esce dai binari ordinari della vita quotidiana in cui uno cerca di mantenere sempre l'uguaglianza. Il tema non è facile, ma è nodale».
Carlo Maria Martini, Maria Maddalena, 99

Come si impara uno stile di vita
di Enzo Bianchi
De Buffon si pose la domanda: «Che cos'è lo stile?», e cercò di rispondervi nel 1753 con una locuzione sintetica: «Lo stile è l'uomo stesso».
Per Schopenhauer «lo stile è la fisionomia dello spirito» e Oscar Wilde affermava: «Non c'è arte dove non c'è stile».
Sì, lo stile è l'uomo stesso, l'uomo reale, corpo e spirito, razionalità e sentimento. Se non c'è stile, dominano il caos o il vuoto! Lo stile dà alla persona un'aura che dipende dalla sua intimità, dalla sua vita interiore, ma si manifesta nel suo parlare, nei suoi gesti, nel suo relazionarsi con le cose e con gli altri, a partire dal mangiare, atto sempre umanizzato e umanizzante, contro ogni depredazione e ogni consumismo. Lo stile così esercitato si rifrange sul tacere, sul toccare, sul guardare, sul sentire il mondo... Assumere uno stile abbisogna di vigilanza e di molto tempo: occorre vigilare su di sé, avere cura del corpo così come della vita interiore, esercitarsi sempre nella responsabilità verso l'altro. Lo stile non può essere episodico, ma deve diventare un habitus, una postura.
Lo stile - oso dire - è l'epifania della passione di un uomo; è l'epifania della sua cella più segreta, il cuore; è il chiarore emanato dal fuoco che ognuno fa ardere in sé. Sono poche le persone che arrivano ad avere un loro stile di vita, ma quando le si incontra si sente in loro un'autorevolezza, un'affidabilità, un'attrazione, e quindi si è spinti a cercarle, a incontrarle, ad ascoltarle, addirittura al solo vederle: certe persone hanno uno stile così eloquente che basta vederle! Questo discorso sullo stile andrebbe particolarmente indirizzato ai giovani, avvertendoli che il loro slancio giovanile, la forza insita in questa stagione della loro vita, deve accogliere e discernere convinzioni di fondo, modi di stare al mondo che rendano la loro vita sensata, al riparo da ogni attacco nichilista. Se avviene in loro questa acquisizione di stile, anche nei gesti più quotidiani, allora nella vita sapranno lottare contro il degrado, la negligenza, la barbarie.
in "la Repubblica" del 11 novembre 2019

Avevo sempre pensato che il narcisismo non andasse molto d'accordo con lo spirito evangelico...
e invece devo ricredermi: si è apprezzati e si ha successo... anche in campo ecclesiastico!
don Chisciotte Mc 191116

«Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta».
Mi meraviglio di quanto ancora si sia attaccati morbosamente
a questi mattoni, a queste "cose", a questa stessa vita.
don Chisciotte Mc 191115

Quando finirò
- se finirò -
di dire le cose più belle
che scopro nelle persone e nel creato,
allora
comincerò a dire
quelle un po' meno belle.
don Chisciotte Mc 191111

Non è l'oggi che è sbagliato.
Semmai il passato
- che avrebbe dovuto gettare un ponte tra il Vangelo e l'oggi -
non ha fatto del tutto il suo dovere.
don Chisciotte Mc, 191114

«Dimmi cosa pensi degli altri e ti dirò chi sei».
Alessandro Pronzato, Vangeli scomodi, 187

Intimità: piccolo viaggio nei misteri del mondo
di Nunzio Galantino
«"A volte succedono cose strane, un incontro,/un sospiro, un alito di vento che suggerisce/nuove avventure della mente e del cuore./ Il resto arriva da solo, nell'intimità dei misteri del mondo". A pochi giorni dall'anniversario di morte di Alda Merini, affido a lei il compito di introdurci nella parola intimità, tanto vicina, ma anche diversa dalla parola interiorità. La parola intimità deriva dal latino intimus («il più dentro possibile»), superlativo assoluto di internus («ciò che è dentro»), mentre interior (più dentro di qualcos'altro) ne è il comparativo.
Evocando l'"intimità dei misteri del mondo", la Poetessa dei Navigli ci spinge ad andare decisamente oltre il comune uso che si fa della parola intimità, ridotta spesso all'intesa fisica tra due persone fino a una eccitante prossimità erotica. L' «intimità dei misteri del mondo», ci introduce a tutto ciò che, non solo a livello personale, va al di là del visibile, del prevedibile e, talvolta, anche del comunicabile. Non per questo l'intimità è lontananza dal frastuono e dalle aggressioni del mondo; né è una sorta di messa al riparo da irruzioni dall'esterno che rischiano di mettere a nudo le mie fragilità e i miei limiti. Nell'intimità è in gioco invece proprio la disponibilità ad aprire un varco attraverso il quale permetto ad altro/i di gettare uno sguardo in quello che, parafrasando Sant'Agostino, possiamo chiamare interior intimo meo, abitato anche da limiti e fragilità. Senza percepirne il disagio (...)».
in "Il Sole 24 Ore " del 10 novembre 2019

http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=3514&fbclid=IwAR2XCQ0GAwj7-SHgLcVuH-M9-R_HI7HYDY0vgV6k55FMMlKAODCSeiXGjU0
Quando un prete 'carismatico' cambia parrocchia e la chiesa si svuota, arriva il momento in cui i laici si rimboccano le maniche...

«(...) in questo nostro tempo il presbiterio deve intensificare la sua unità allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo (Ef 4,12-13).
Perciò io incoraggio tutto il clero, presbiteri e diaconi, a collaborare all'opera comune per il bene della comunità cristiana e della sua unità. Abbiamo da compiere un'opera comune: è più importante il servizio all'unità che l'esibizione della originalità; i trasferimenti dei preti devono essere testimonianza di continuità lungo le linee diocesane, non devono essere cambiamenti radicali che sembrano intenzionati a cancellare la storia e a sconcertare la gente; nessuno deve decidere come se fosse padrone in una comunità, tutti coloro che sono chiamati al ministero sono collaboratori dell'unico vescovo per l'opera comune e l'opera comune è frutto di un procedere sinodale; non siamo chiamati a essere fotocopie, ma dobbiamo mettere tutte le nostre doti singolari a servizio di un'opera condivisa; le proposte diocesane e il calendario diocesano devono essere un punto di riferimento per le proposte parrocchiali e il calendario parrocchiale non solo un articolo al supermercato delle devozioni dove ognuno sceglie quello che più gli piace; il clero deve servire le persone, non farsi servire, i preti devono aiutare le persone a sentirsi pietre vive dell' unica Chiesa, non a occupare incarichi perché amici del prete e perciò maldisposti a collaborare con un altro prete.
Il vescovo senza il clero non può fare niente, tanto meno un vescovo come me. Ma un presbiterio unito, non uniforme, un clero che coltiva rapporti fraterni e non solo amicizie selettive, un clero che vive l'obbedienza non come una zavorra o un fastidio, ma come la fierezza e la gioia di collaborare all'edificazione della Chiesa è un clero che offre nel suo complesso l'immagine del buon Pastore, che manifesta le premure del Signore perché si conservi l'unità dello spirito con il vincolo della pace. (...)».
arcivescovo Mario Delpini, 4 novembre 2019

(...) «Il modello ecclesiale del Vaticano II non è mai stato veramente attuato, e lo sbandierato sacerdozio comune dei fedeli è rimasto di fatto solo un concetto. Ciò anche perché, lo stesso concilio, sceglie di leggere il sacerdote essenzialmente come “persona Christi”, cioè ri-presentatore reale di Cristo alla comunità, mettendo in ombra totalmente il suo essere “persona “Ecclesiae”, cioè ri-presentatore reale della comunità di fronte a Cristo. E’ evidente che lui è entrambe le cose, ma spostare l’accento sulla prima non favorisce la valorizzazione della comunità come insieme di battezzati che hanno tutti un sacerdozio comune da vivere.
Anche la riforma liturgica del concilio, che ha posto il prete dall’altra parte dell’altare, “in front of” assemblea, è stata inesorabilmente concausa della separazione tra sacerdote e comunità. Con ciò non vorrei ritornare alla messa tridentina, ma se non cambia il contesto ecclesiale e la dinamica di fondo dei rapporti di potere nella Chiesa, probi viri ordinati e donne prete non sono la soluzione.
Metto lì una provocazione. Come hanno fatto i cattolici giapponesi tra il 1641 e il 1843, durante la fase del “paese blindato” in cui nessun prete aveva potuto restare presente? Come fu possibile che nel 1850, i primi missionari gesuiti ammessi in Giappone trovarono, con loro grande sorpresa, gruppi di cattolici che avevano mantenuto la fede con la bibbia e il battesimo? Mancava la pienezza della Chiesa, perché senza eucarestia, e senza vescovi, ma la fede era rimasta viva. Oggi, temo, a volte ci troviamo nella situazione ecclesiale opposta: abbiamo la pienezza della Chiesa con eucarestia e vescovo, ma la fede dei fedeli latita fino quasi a spegnersi.
La situazione amazzonica assomiglia a quella giapponese? Non lo so. Di certo, però, so che cercare di trasferire in amazzonia il modello pastorale europeo non porterà da nessuna parte.
La questione della ordinazione dei probi viri (e delle donne) va posta non per mancanza di preti, ma per ristrutturazione del ruolo del sacerdote, rispetto ai laici e alla comunità tutta. Possiamo continuare a ritenere sensato lo spostamento di un prete da una parrocchia all’altra? O non è forse meglio immaginare che ogni comunità parrocchiale trovi al suo interno chi possa ricoprire questo ruolo, come era all’origine del cristianesimo? (...)».
Gilberto Borghi, 25.10.2019
http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=3513&fbclid=IwAR1Nlvly92cR99zLMj26s1N5OsVGYU7Pcd_py-ARxIZ6vmnyQTBFuPoP4p4

https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/verso-la-nuova-edizione-del-messale-ambrosiano-292109.html

Fuori dal tempo, fuori dal mondo
- Vengono recepiti i nuovi titolini a partire dal "nuovo" (problematico) Lezionario, quello di 10 anni fa.
- Vengono ricomposti alcuni pochi formulari.
- Integrate le liturgie dei santi e beati "nuovi"... cioé degli ultimi 30 anni.
- 18 anni per vedere la edizione italiana del testo della terza edizione latina.
- Tre frasi cambiate.
- "Fratelli e sorelle"... si potrà ufficialmente dire.
- Saranno inserite le cosidette «preghiere eucaristiche svizzere» (composte negli anni '80).
- "Non praticabile, almeno per il momento, la via di una nuova versione integrale dei canti, delle preghiere e dei prefazi e ha preso la decisione di mantenere inalterato il testo in uso".
- Il tutto forse per la fine del 2021.

* Nel 2009 usciva l'Iphone 3GS e oggi vendono l'Iphone 11; nel giugno 2010 era sul mercato il Galaxy S e tra qualche settimana uscirà il Galaxy S11.
* E' già uscita l'edizione 2020 dello Zanichelli, dopo che ne è uscita una edizione nel 2019, nel 2018, nel 2017, nel 2016...
* Poco più di un mese fa i ragazzi hanno cominciato a giocare a FIFA 20, mentre 10 anni fa la cover di FIFA 10 riportava tre volti di calciatori oggi ormai sconosciuti.
* In quel tempo il presidente degli USA era Obama e in Italia c'era il quarto governo Berlusconi.
* Facebook è arrivato in Italia nel maggio 2008, Whatsapp nel 2009 e Instagram nel 2010.

Noi prima o poi ci arriveremo sul pianeta Terra. Per ora suscitiamo sì e no mezzi sorrisetti, ironici o tristi.
don Chisciotte Mc, 4 novembre 2019 

«Durante la seconda guerra mondiale, gli alleati mapparono i fori di proiettile negli aerei colpiti dalla contraerea nazista.
La deduzione logica degli ingegneri e dei costruttori fu quella di rinforzare le aree maggiormente colpite, al fine di blindare ulteriormente i velivoli, dando loro maggiore resistenza al fuoco nemico.
Un matematico, di nome Abraham Wald, giunse però a tutt'altra conclusione:i puntini rossi, che vediamo nell'immagine, rappresentano solo i danni subiti dagli aerei che tornarono alla base, e non di quelli abbattuti.
Secondo lo studioso infatti, le aree che dovevano esser rinforzate erano quelle in cui non c'erano puntini rossi, poiché se fossero state colpite l'aereo e il suo pilota non avrebbero più fatto ritorno a casa.
Questo fenomeno si chiama "Pregiudizio di Sopravvivenza". Avviene quando guardiamo le cose che sono sopravvissute quando invece dovremmo concentrarci su quelle che non ce l'hanno fatta».
Paolo Acciai, su FB 31.10.2019

«Sei disposto a far passare l'uomo PRIMA di ogni altra cosa?».
Alessandro Pronzato, I vangeli scomodi, 118

«Il 31 dicembre 2017 i cattolici sparsi in tutte le aree del mondo erano 1.313.278.000, registrando un aumento complessivo, rispetto l’anno precedente, di 14.219.000 fedeli. Numeri che devono essere paragonati alla popolazione mondiale, come è stato fatto nel grafico sotto. In totale sono 7.408.374.000 le persone nel mondo,  56.085.000 in più rispetto al 2016.
Stringendo il focus su ciascun continente: in Africa il numero di cattolici ha registrato l’incremento maggiore, pari a +33.572.000. Seguono l’Asia con 11.975.000 fedeli in più, l’America (+8.738.000), poi l’Europa (+1.059.000) e l’Oceania chiude con soli 741mila fedeli in più rispetto l’anno precedente. In termini percentuali le persone che professano fede cattolica pesano per il 17,73% sulla popolazione mondiale. La crescita registrata è dello 0,06%, che colma lo 0,05% di segno negativo dell’anno precedente. (...)
Il numero dei sacerdoti cattolici nel mondo, invece, continua a diminuire, fino a quota 414.582, segnando un -387 in termini assoluti. La diminuzione più consistente si registra in Europa, dove ci sono 2.946 preti in meno, segue l’Oceania con un -97.  Africa (+1.192), America (+40) e Asia (+1.424) registrano, invece, degli aumenti» (...).
https://www.truenumbers.it/chiesa-cattolica/