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«Ora è simbolo sacro, all’inizio era un patibolo, il palo di una condanna a morte. Fosse morto più tardi di pena capitale, la cristianità avrebbe avuto sugli altari una forca, una ghigliottina. Così va immaginata la croce ai suoi tempi. Così è grandiosa la forza visionaria che la rovesciò in hoc signo.
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(apparso su "Il GiovanGottardo" della Pasqua 2016)
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«Tra i tanti episodi evangelici che possono illustrare l’agire misericordioso di Gesù, ci piace riferirci all’intrigante racconto di Gv 8,1-11, in cui si narra di una donna adultera trascinata dagli scribi davanti a Gesù. L’episodio corre però il rischio di essere frainteso da una lettura moralistica, che scivola nella facile ironia verso gli accusatori della donna. Certamente viene smascherata la loro ipocrisia, ma non è qui il caso di pensare che Gesù, per confonderli, abbia scritto per terra le loro colpe, come vorrebbe una diffusa esegesi di questo suo enigmatico gesto. In realtà le interpretazioni, che salvano la peccatrice e condannano i suoi accusatori, banalizzano la risposta di Gesù, riducendola ad una sorta di contro-livore, ad una sua reazione simmetrica al loro astio, camuffato di zelo per la Legge. Del resto, che il loro livore non abbia per oggetto la colpa della donna, ma miri a colpire Gesù e a metterlo in contraddizione con se stesso, lo esplicita il medesimo evangelo, affermando che essi volevano metterlo alla prova.
Al contrario, Gesù ha una parola di perdono anche per loro. Questa però richiede che essi riconoscano il loro bisogno di perdono, il loro debito impagabile.
Leggi tutto: Una parola di perdono anche per chi vorrebbe tirare le pietre
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Sei grafici ci dicono come smontare i luoghi comuni sull’immigrazione:
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«Che cos'è la purezza di cuore? È un cuore misericordioso per ogni creatura. [...] E che cos'è un cuore misericordioso? È l'incendio del cuore per ogni creatura: per gli uomini, per gli uccelli, per le bestie, per i demoni e per tutto ciò che esiste. Al loro ricordo e alla loro vista, gli occhi [del cristiano] versano lacrime, per la violenza della misericordia che stringe il suo cuore a motivo della grande compassione. Il cuore si scioglie e non può sopportare di udire o vedere un danno o una piccola sofferenza di qualche creatura. E per questo egli offre preghiere con lacrime in ogni tempo, anche per gli esseri che non sono dotati di ragione, e per i nemici della verità e per coloro che la avversano, perché siano custoditi e rinsaldati; e perfino per i rettili, a motivo della sua grande misericordia, che nel suo cuore sgorga senza misura, a immagine di Dio».
Isacco il Siro, Trattato ascetico 81
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«Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: "Voi stessi date loro da mangiare" (Mc 6,37)».
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«Dobbiamo essere certi che [la] implorazione è resistenza attiva e vera al male e che dispiace profondamente al nemico di Dio. (...) Invece, è proprio questo il momento di vincere il male: credere, cioè, al valore di una implorazione che non ha un'efficacia immediata connessa col suo esercizio. La nostra preghiera di implorazione, soprattutto nei casi-limite nei quali ci pare di non potere fare altro, è un vero modo di resistere al male. Non dobbiamo dunque avere paura della sterilità e abbandonare la preghiera, come spesso siamo tentati di fare, perché non ci riesce di scuotere immediatamente il male. È per questa nostra implorazione sofferta, che talora ci angoscia fino alle lacrime, che Dio ci darà modo di vedere come usare, anche in quei casi, la misericordia e l'amore e come aiutare veramente coloro che possiamo assistere con il dono di noi stessi».
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«Intendo per casi conflittuali quelli in cui ci sembra che la misericordia esiga un certo comportamento mentre l'ordine e la giustizia ne esigono un altro. Sono certamente situazioni estremamente difficili e non sempre riusciamo a trovare la soluzione soddisfacente: sono situazioni che causano nella Chiesa, nella società, nelle famiglie delle grandi sofferenze. Cercando di vivere la misericordia si arriva addirittura a temere di fare torto o danno ad altri o al bene comune. Nasce allora un conflitto tra i valori, almeno apparente, che ci costringe, nella nostra povertà storica, a non saper scegliere oppure a scegliere qualcosa che risulta insoddisfacente, in un caso o nell'altro. Chiunque vive in mezzo a delle responsabilità si imbatte in molti di questi casi che fanno soffrire nella misura in cui ci accorgiamo di quanto siamo lontani dall'essere lungimiranti e veri nella nostra misericordia. Questa sofferenza dobbiamo offrirla a Dio perché è la sola cosa che possiamo fare. Ci sono poi dei casi in cui il compiere un atto di misericordia comporta un uscire da quel minimo di possesso di noi - che pure è necessario - per donarci... e allora non lo compiamo. Quante volte persone generose arrivano ad un limite e riconoscono di non poter andare oltre, di non potere fare di più! È il limite intrinseco alla nostra fragilità umana che addolora moltissimo. Andare oltre un certo limite equivarrebbe a spossessarsi di sé e si cadrebbe nell'opposto di quello che si vorrebbe fare. Questa misura di prudenza necessaria ci fa cogliere come sia difficile dare storicamente una testimonianza pienamente luminosa della misericordia. Non ci resta allora che soffrire e implorare, per noi e per gli altri».
Carlo Maria Martini, La scuola della Parola. Riflessioni sul salmo "Miserere", 100
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«Il Vescovo deve sempre favorire la comunione missionaria nella sua Chiesa diocesana perseguendo l’ideale delle prime comunità cristiane, nelle quali i credenti avevano un cuore solo e un’anima sola (cfr At 4,32). Perciò, a volte si porrà davanti per indicare la strada e sostenere la speranza del popolo, altre volte starà semplicemente in mezzo a tutti con la sua vicinanza semplice e misericordiosa, e in alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro e – soprattutto – perché il gregge stesso possiede un suo olfatto per individuare nuove strade. Nella sua missione di favorire una comunione dinamica, aperta e missionaria, dovrà stimolare e ricercare la maturazione degli organismi di partecipazione proposti dal Codice di diritto canonico e di altre forme di dialogo pastorale, con il desiderio di ascoltare tutti e non solo alcuni, sempre pronti a fargli i complimenti. Ma l’obiettivo di questi processi partecipativi non sarà principalmente l’organizzazione ecclesiale, bensì il sogno missionario di arrivare a tutti».
papa Francesco, Evangelii gaudium, 31