Una bambina eritrea, durante la guerra di liberazione del suo Paese,

viene condotta tra le truppe ribelli e passa con loro più di un anno.

"Non potendo confidare solo nella sorte, ho deciso di cercare da sola qualcosa da mangiare. Anche gli altri bambini, così come gli adulti che durante le regolari distribuzioni di cibo non ne avevano ricevuto a sufficienza, andavano a caccia di tutto quanto fosse commestibile. Si arrampicavano sugli alberi per frugare nei nidi, cercare uccelli, pipistrelli o scarafaggi. Rovistavano nel sottobosco vicino al fiume nella speranza di trovare tartarughe, sparavano alle poche gazzelle o agli altri animali selvaggi, oppure preparavano trappole per prendere topi, scoiattoli, roditori e gatti selvatici che si erano scavati le tane sottoterra. La gente del campo cucinava e mangiava tutto quello che capitava sottomano, cavallette e scarafaggi compresi. Erano i pasti più poveri che si possano immaginare: un paio di ossa cotte, brandelli di pelle, oppure quei pochi pezzetti di carne che si potevano ricavare da un uccellino. Io non ho mai partecipato alle battute di caccia perché non mangiavo carne. Non che avessi meno fame degli altri: il problema era proprio che non riuscivo ad affondare i denti in un soffice pezzo di muscolo, oppure a mangiare un brandello di carne strappato da una tartaruga. Tutti mi urlavano che ero pazza: preferivo morire piuttosto che mangiare qualcosa che non mi piaceva? Io però non avevo scelta. Anche se ero affamata, mi sarebbe bastato dare un morso a un pipistrello per vomitare subito. Mangiavo altre cose. Raccoglievo foglie un po' dappertutto. Facevo un fuoco con qualche rametto e le cuocevo in un barattolo arrugginito con un po' d'acqua argillosa. Non sapevano di niente, ma almeno avevo l'impressione di mettere qualcosa in pancia.A volte trovavo delle piccole rape nei campi abbandonati, oppure tuberi che cucinavo e mangiavo senza sapere che cosa fossero. Altre volte avevo ancora più fortuna e scovavo una cipolla che avevo già visto cuocere in pentola dai grandi. Le mie battute di caccia alle piante sono state particolarmente fruttuose soprattutto sul finire dell'estate, quando dappertutto sbocciavano i fiori di cactus, pieni di spine, ma molto succosi. Anche gli altri naturalmente mangiavano questi frutti: sfamavano e dissetavano allo stesso tempo. Purtroppo maturavano tutti insieme, e così dopo poche settimane, a causa del gran caldo, molti marcivano oppure si seccavano.A volte trovavo persino delle gaba, piccole noci selvatiche che molti non si prendevano neppure la briga di raccogliere proprio a causa delle loro dimensioni: spesso per aprire una noce occorreva più tempo di quanto ne servisse a mangiarne il contenuto. Io le cercavo lo stesso, me ne riempivo le tasche e poi passavo ore a romperle e a gustarle. Quando non riuscivo a trovare niente e la fame era così insopportabile da picchiarmi come un martello nella mente, mi calavo fin dentro il letto del fiume e mangiavo la terra. Toglievo lo strato esterno, ancora umido, fino a quando non arrivavo alla sabbia secca e la mangiavo. Manciata dopo manciata me la infilavo in bocca, e masticavo e ma¬sticavo fino a quando non riuscivo a inghiottirne un po'. Allora me ne mettevo in bocca altra e altra ancora, fino a quando non mi sentivo male. Il problema non era il sapore - la terra, soprattutto quando è secca, non è così disgustosa - ma il mal di pancia. Avevo crampi così forti che era come se qualcuno mi afferrasse lo stomaco e ne graffiasse le pareti. Alla fine vomitavo o mi veniva la diarrea. Non era piacevole, ma era sempre meglio che dover sopportare quella continua sensazione di vuoto. Era anche meglio essere chiamata "mangia-schifezze" che non mangiare niente del tutto. "Vigliacca!" mi gridavano. "Mangi quello che sei. Sei una schifezza perché mangi schifezze!" A me però non importava. "Quale essere umano mangia la terra?" mi chiedevano. "Io" rispondevo con orgoglio, e in quei momenti mi sentivo davvero speciale".

tratto da Senait G. Mehari, Cuore di fuoco, 171-174


"Nel tempo dell'inganno universale


dire la verità


è un atto rivoluzionario"


G. Orwell

Dopo questi ennesimi dati, mi domando:

quale verifica e quale autocritica

sapranno fare i pastori della Chiesa italiana?

cosa pensiamo di aspettarci

in termini di "vivacità" spirituale e morale

da un popolo così denutrito?

Dalla serie: "Così non possiamo dirci cristiani".

don Chisciotte

 

 


Dal sito SIR (Servizio di Informazione Religiosa):

Testo ritenuto di difficile lettura ma considerato dalla maggioranza della popolazione interessante. Poco letto ed utilizzato per la preghiera personale, ma presente nelle case. E' la Bibbia, al centro di un'indagine condotta da Gfk
Il 21 febbraio 1955 Gianna scrive a Pietro:




"La casa non fonda le sue fondamenta sulla terra,

ma su una donna"


proverbio messicano

don Aldo Mei - fucilato a 32 anni

sacerdote - nato a Ruota (Lucca) il 5 marzo 1912 -.Vicario Foraneo del Vicariato di Monsagrati (Lucca) - aiuta renitenti alla leva e perseguitati politici - dà ai partigiani assistenza religiosa. Arrestato il 2 agosto 1944 nella Chiesa di Fiano, ad opera di tedeschi, subito dopo la celebrazione della Messa - tradotto a Lucca, sotto l'imputazione di avere nascosto nella propria abitazione un giornalista ebreo. Fucilato alle ore 22 del 4 agosto 1944, da plotone tedesco, fuori Porta Elisa di Lucca.

4 agosto 1944

Babbo e Mamma, state tranquilli - sono sereno in quest'ora solenne. In coscienza non ho commesso delitti: solamente ho amato come mi è stato possibile. Condanna a morte - I° per aver protetto e nascosto un giovane di cui volevo salva l'anima, 2° per aver amministrato i sacramenti ai partigiani, e cioè aver fatto il prete. Il terzo motivo non è nobile come i precedenti - aver nascosto la radio. Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell'odio io che non ho voluto vivere che per l'amore! "Deus Charitas est" e Dio non muore. Non muore l'Amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro... E' l'ora del grande perdono di Dio! Desidero avere misericordia; per questo abbraccio l'intero mondo rovinato dal peccato - in uno spirituale abbraccio di misericordia. Che il Signore accetti il sacrificio di questa piccola insignificante vita in riparazione di tanti peccati - e per la santificazione dei sacerdoti. Oh! la santificazione dei sacerdoti. Oggi stesso avrei dovuto celebrare Messa per questa intenzione - invece di offrire a Gesù - offro me a Lui, perché faccia tutti santi i suoi ministri, tutti apostoli di carità - e il mio pensiero va anche ai confratelli del Vicariato, che non ho edificato e aiutato come avrei dovuto. Gliene domando umilmente perdono. Mi ricordino tutti al Signore. (...) A tutti i parenti - a tutti i conoscenti, a tutti i Ruotesi, cosa dirò? Quello che ho ripetutamente detto ai figli di adozione, i Fianesi. Conservatevi tutti nella grazia de Signore Gesù Cristo - perché questo solamente conta quando ci si trova davanti al maestoso passo della morte - e così tutti vogliamo rivederci e starsene indissolubilmente congiunti nella gioia vera e perfetta della unione eterna con Dio in cielo. Non più carta - all'infuori di questa busta - e anche la luce sta per venir meno. Domani festa della Madonna potrò vederne il volto materno? Sono indegno di tanta fortuna. Anime buone pregate voi tutte perché mi sia concessa presto - prestissimo tanta fortuna! Anche in questo momento sono passati ad insultarmi... "Perdonali, Signore, perché non sanno quello che fanno". Signore, che venga il Vostro regno! Mi si tratta come un traditore - assassino. Non mi pare di aver voluto male a nessuno - ripeto a nessuno - mai che se per caso avessi fatto a qualcuno qualche cosa di male - io qui dalla mia prigione - in ginocchio davanti al Signore - ne domando umilmente perdono. Al sacerdote che mi avviò al Seminario D. Ugo Sorbi il mio saluto di arrivederci al cielo. Ai carissimi Superiori del Seminario, specialmente a Mons. Malfatti e al Padre Spirituale D. Giannotti - l'invito che mi assistano nel punto più decisivo della mia esistenza - la morte - mentre prego il Signore a ricompensarli centuplicatamente come sa far Lui.

http://www.storiaxxisecolo.it/documenti/documenti7.html

http://www.italia-liberazione.it/ultimelettere/ultimelettereanagrafe.php?ricerca=141&presentazione=1

Mario Bettinzoli (Adriano Grossi) - fucilato a 22 anni

perito industriale - nato a Brescia il 21 novembre 1921 - sottotenente di complemento di Artiglieria - catturato una prima volta nel settembre 1943 per resistenza armata a forze tedesche e condannato a morte, evade dalla cella ove è stato rinchiuso - rientra a Brescia - si unisce a Giacomo Perlasca nella organizzazione delle formazioni di Valle Sabbia - ne diventa il více-comandante ed è comandante della 3' Compagnia preposta alla organizzazione dei campi di lancio. Arrestato una seconda volta il 18 gennaio I944 acl opera di fascisti, in via Moretto a Brescia, mentre con il comandante Perlasca si reca al Comando Provinciale per riferire sulla situazione della zona. Processato il 14 febbraio I944 dal Tribunale Militare tedesco di Brescia, quale organizzatore di bande armate. Fucilato il 24 febbraio I944, presso la Caserma del 30° Reggiinento Artiglieria di Brescia, con Giacomo Perlasca.



Ore 21 del 23.2.1944

Miei carissimi genitori, sorelle, fratello, nonna, zii e cugini, il Signore ha deciso con i suoi imperscrutabili disegni, che io mi staccassi da voi tutti quando avrei potuto essere di aiuto alla famiglia.. Sia fatta la sua volontà santa. Non disperatevi, pregate piuttosto per me affinché Lo raggiunga presto e per voi affinché possiate sopportare il distacco. Tutta la vita è una prova, io sono giunto alla fine, ora ci sarà l'esame, purtroppo ho fatto molto poco di buono: ma almeno muoio cristianamente e questo deve essere per voi un grande conforto. Vi chiedo scusa se mi sono messo sulla pericolosa via che mi ha portato alla morte, senza chiedervi il consenso: ma spero mi perdonerete come il Signore mi ha perdonato qualche minuto fa per mezzo del suo Ministro. Domattina prima dell'esecuzione della condanna farò la Santa Comunione e poi. Ricordatemi ai Rev.Salesiani e ai giovani di A.C. affinché preghino per me. Ancora vi esorto a rassegnarvi alla volontà di Dio: che il pensiero della mia morte preceduta dai SS. Sacramenti vi sia di conforto per sempre. Immagino già le lagrime di tutti quanti quando leggerete questa mia, fate che dalle vostre labbra anziché singhiozzi escano preghiere che mi daranno la salute eterna. Del resto io dall'alto pregherà per voi. Ora, carissimi, vi saluto per l'ultima volta tutti, vi abbraccio con affetto filiale e fraterno; questo abbraccio spirituale è superiore alla morte e ci unisce tutti nel Signore. Pregate!

Vostro per sempre Mario

 http://www.storiaxxisecolo.it/documenti/documenti7.html

Armando Amprino (Armando) - fucilato a 19 anni

meccanico - nato a Coazze (Torino) il 24 maggio 1925 -. Partigiano della Brigata "Lullo Mongada", Divisione Autononia "Sergio De Vitis", partecipa agli scontri del maggio 1944 nella Valle di Susa e a numerosi colpi di mano in zona Avigliana (Torino). Catturato nel dicembre 1944 da pattuglia RAU (Reparto Arditi Ufficiali), alla Barriera di Milano in Torino - tradotto alle Carceri Nuove di Torino. Processato dal Tribunale Co.Gu. (Contro Guerriglia) di Torino. Fucilato il 22 dicembre 1944, al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino da plotone di militi della GNR, con Candido Dovis.



Dal Carcere, 22 dicembre 1944

Carissimi genitori, parenti e amici tutti,devo comunicarvi una brutta notizia. Io e Candido, tutt'e due, siamo stati condannati a morte. Fatevi coraggio, noi siamo innocenti. Ci hanno condannati solo perché siamo partigiani. Io sono sempre vicino a voi.

Dopo tante vitacce, in montagna, dover morir cosí... Ma, in Paradiso, sarò vicino a mio fratello, con la nonna, e pregherò per tutti voi. Vi sarò sempre vicino, vicino a te, caro papà, vicino a te, mammina.

Vado alla morte tranquillo assistito dal Cappellano delle Carceri che, a momenti, deve portarmi la Comunione. Andate poi da lui, vi dirà dove mi avranno seppellito.

Pregate per me. Vi chiedo perdono, se vi ho dato dei dispiaceri.

Dietro il quadro della Madonna, nella mia stanza, troverete un po' di denaro. Prendetelo e fate dire una Messa per me. La mia roba, datela ai poveri del paese. Salutatemi il Parroco ed il Teologo, e dite loro che preghino per me.

Voi fatevi coraggio. Non mettetevi in pena per me. Sono in Cielo e pregherò per voi.

Termino con mandarvi tanti baci e tanti auguri di buon Natale. Io lo passerò in Cielo. Arrivederci in Paradiso.

Vostro figlio Armando


Giovanni, soprannominato Marco, era cugino di Barnaba. Nella casa di sua madre, Maria, la comunità era raccolta in preghiera, quando ad essa Pietro venne la notte che l'angelo lo liberò dal carcere di Erode. Fu compagno di Paolo e di Barnaba nel loro primo viaggio apostolico, ma sgomento per le crescenti difficoltà fece ben presto ritorno in patria. Si unì poi a Barnaba, che all'inizio del secondo viaggio apostolico si separò da Paolo e andò a evangelizzare l'isola di Cipro. In seguito tornò a collaborare con Paolo, che lo stimò «molto utile nel  ministero»; a lui  fu di aiuto e di conforto nella sua prigionia. Fu anche discepolo e collaboratore di Pietro, del quale riprodusse la predicazione nella stesura del suo vangelo. Come dice la tradizione, su mandato di Pietro fondò la Chiesa di Alessandria in Egitto e sigillò col sangue la sua missione di annunciatore di Cristo. Il suo corpo, secondo una persuasione antichissima, è venerato a Venezia, nella basilica eretta in suo onore.

Il Presidente della Repubblica

Come ho sostenuto anche lo scorso anno a Cefalonia, credo sia importante che gli Italiani mantengano costantemente viva la memoria e consapevole la coscienza delle diverse tappe e componenti del processo di maturazione e di lotta che ha condotto il nostro Paese alla Liberazione. La Liberazione, infatti, non fu soltanto il coronamento di una luminosa rinascita, lungamente sognata durante tutto l'oscuro periodo del nazismo, del fascismo e della guerra, ma anche e forse soprattutto una promessa: la promessa di un'Italia nuova, di una vera Costituzione dei cittadini, di una democrazia reale; una promessa di sviluppo economico e sociale per tutto il Paese. E in quest'anno, in cui ricorre il 60° anniversario dell'entrata in vigore della Carta costituzionale, siamo spronati ad un impegno maggiore per mantenere quella promessa, per tenere alti i principi ed i valori che hanno ispirato la stesura del documento fondante della nostra vita democratica. Quei principi vanno vissuti quotidianamente; i valori - anche ed innanzitutto morali - che si esprimono nei diritti e nei doveri sanciti nella Costituzione vanno apprezzati e coltivati. Spinti dalla propria drammatica esperienza di vita, dalla soppressione delle libertà, dalle stragi perpetrate dal nazismo, dall'orrore delle deportazioni e dei campi di sterminio, i Costituenti conferirono giusto ed assoluto rilievo ad una serie di diritti fondamentali, sacri, che furono per questo definiti inviolabili. E su questa base, nel redigere l'articolo 11 della Carta, essi vollero giustamente ripudiare in maniera definitiva la guerra come offesa alla libertà dei popoli e delle persone e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Con equilibrio e lungimiranza, essi compresero però come il rifiuto della guerra andasse accompagnato da un corrispondente impegno, attivo e forte, dell'Italia nell'ambito delle Istituzioni che perseguono gli obiettivi di pace e di giustizia della Comunità Internazionale, accettando per questo interesse superiore e condiviso, le necessarie limitazioni alla sovranità nazionale. Purtroppo, una soddisfacente governance del sistema internazionale, a cui da allora l'Italia contribuisce con entusiasmo e generosità, non è ancora compiuta, e deve anzi confrontarsi con nuove complesse realtà e nuove sfide.(...) La storia sembra assegnare ad ogni generazione una missione. I nostri padri hanno realizzato il sogno dell'Italia unita (...) la nostra generazione ha sconfitto il nazi-fascismo e gettato le basi dell'Europa unita, fino al superamento della lunga stagione della Guerra Fredda con l'abbattimento del muro di Berlino. I giovani di oggi sono chiamati a contrastare i nuovi autoritarismi e integralismi, che rappresentano la negazione dei principi e dei valori che ispirarono la lotta per la Liberazione. (...)

di Massimo Gramellini

Molti credenti che non credono più ai dogmi, o li ignorano, o li hanno dimenticati, continuano invece a credere appassionatamente nei corpi. Nel corpo vivo del Papa, accolto ovunque da folle assai più numerose di quelle che frequentano le chiese. E nei corpi sepolti dei santi, riesumabili a richiesta come Padre Pio, che da oggi viene esposto allo sguardo dei devoti e delle televisioni. (...) Gli atei parlano con troppa superficialità di ritorno al Medioevo, mentre non esiste evento più contemporaneo di questo. L'esibizione del corpo. Non accade di continuo sui muri, per la strada e dentro i tanti schermi da cui osserviamo il mondo (e lui osserva noi)? La magia dell'allusione che evoca senza rivelare sembra essersi smarrita nei gorghi della nostra accidia esistenziale spacciata per bisogno incessante di emozioni violente e tangibili. Lo spacco appena accennato di una gonna lunga ha ceduto il passo ai fili interdentali che avvolgono le vallette televisive. Al cinema, la goccia di sangue nel vano della doccia di Psyco, che terrorizzò una generazione, è stata sostituita da scene di ordinaria macelleria che non inquietano più nessuno. E i partiti, come le imprese, si riducono sempre più spesso al culto del capo, del campione, del leader. Sono la sua faccia, i suoi vestiti e i suoi amori che vengono vivisezionati e ritenuti l'unica cosa che valga davvero la pena di comunicare. Tutto è corpo perché tutto va mostrato. Nella civiltà dell'immagine si crede solo a ciò che si vede, dato che vedere costa minor fatica rispetto a leggere, pensare, immaginare. Le due grandi disperse della nostra epoca senza sogni sono la fantasia e la logica: entrambe infatti sanno nutrirsi di suggestioni astratte e non hanno bisogno di umanizzare forsennatamente ogni concetto e ogni sensazione. E poi la forma umana allontana dal trascendente, tanto che molte religioni non la contemplano. Invece il Cristianesimo ha puntato su di essa fin dalle origini. Quando San Paolo, che tra le altre cose fu un pubblicitario strepitoso, impostò l'intero suo apostolato intorno alla resurrezione non solo delle anime ma anche dei corpi. E quanti cattolici, ancora adesso, nell'ammirare i capolavori della Cappella Sistina pensano che Dio assomigli davvero a quel vecchio signore con la barba: adorabile in quanto tale e non in quanto Dio, stato di coscienza senza forma né materia.


Noi vogliamo bene, rispettiamo, ricordiamo l'uomo...

Amnesty International ha realizzato un video in cui viene rappresentata la "waterboarding", tecnica di interrogatori che consiste nell'immobilizzare un individuo e versare acqua sulla sua faccia per simulare l'annegamento, cosa che produce il riflesso faringeo, facendo credere al soggetto che la morte sia imminente, benché non causi danni fisici permanenti. Il video, che simula le reazioni di un prigioniero a questa tecnica, è stato diffuso per chiederne la sospensione al governo americano.

Afriradio: la radio con l'Africa dentro!

Musica, informazione, intrattenimento e Missione. Un progetto dei Missionari Comboniani, dello storico mensile Nigrizia e di Nigrizia Multimedia.

AFRIRADIO si propone di sovvertire gli stereotipi che vogliono il continente sinonimo di fame, malattie, guerre e miseria, proponendo invece un'immagine positiva dell'Africa. AFRIRADIO rappresenta una fonte di informazione alternativa agli apparati mediatici che promuovono interessi economici e politici di parte. Fedele alla tradizionale linea editoriale di Nigrizia, voce dei popoli dell'Africa e del Sud del mondo. AFRIRADIO intende essere voce di chi crede in una società in cui siano promossi valori umani ed evangelici quali la solidarietà, l'accoglienza, il dialogo interculturale, l'incontro interetnico e il rispetto per le diverse tradizioni e fedi religiose.

Al volante siamo «uomini delle caverne»

Il cervello dei cacciatori-raccoglitori è all'origine dei comportamenti aggressivi

Manchester

Vorrei interrogarmi soprattutto sulla povertà del processo (a Gesù) così come è presentato da Giovanni. Mentre è più plausibile nei sinottici, nel IV vangelo è una vera farsa, una caricatura. Mi pare che Giovanni intenda probabilmente sottolineare un indice di decadenza religiosa e giuridica: Gesù viene portato davanti a chi non è autorizzato né a interrogarlo né a condannarlo e tocca a lui spiegare come andrebbe condotto il processo.

Ci troviamo davvero di fronte al crollo di una istituzione, una istituzione - notiamo - che avrebbe avuto il compito primario di riconoscere il Messia, verificandone le prove.

Sarebbe stato questo l'atto giuridico più alto di tutta la sua storia. Invece fallisce proprio lo scopo fondamentale. Certamente i sommi sacerdoti hanno molti titoli di discolpa. Possiamo comprenderlo considerando tutta la storia di Gesù e il modo con cui egli si è presentato; (...) Ciò non toglie che Giovanni ci mette di fronte a una istituzione che ha perso l'occasione provvidenziale in vista della quale era sorta.

Si pone qui un problema gravissimo, quello della possibilità che un'istituzione religiosa decada: si leggono ancora i testi sacri, però non sono più compresi, non hanno più forza, accecano invece di illuminare. Molte volte ho insistito sulla necessità di giungere a superare le tradizioni religiose quando non sono più autentiche. Solo la parola di Dio, rappresentata qui da Gesù, è normativa e capace di dare chiarezza.


C.M. Martini, Le tenebre e la luce, 76-77

40 ragioni per AVERE figli!!

L'eterno dilemma delle donne: famiglia o carriera? Se ne parla proprio in questi giorni anche grazie all'uscita di un libro “No kid”” scritto da un'autrice francese - Corinne Maier


"Ci sono uomini che usano le parole al solo scopo di nascondere i loro pensieri"

 Voltaire

«Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civilità e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupàti solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri... Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronisrsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo».

Tratto da De la démocratie en Amerique di Alexis De Tocqueville, 1840

(inviato da un lettore di Corriere.it, da Parigi)

Grazie a dAM
"Se la presenza di una persona che ci è cara opera un cambiamento sensibile nel nostro spirito e nel nostro corpo e ci riempie di una gioia e di un'allegrezza che sovente appaiono anche sul nostro volto, quale cambiamento opererà la presenza del Signore in un'anima pura quando le appare in maniera invisibile? (...) Colui che davvero ama si raffigura continuamente il volto della persona amata e lo guarda con tale gioia nel pensiero che neppure il sonno è capace di distoglierlo da quell'oggetto e il suo affetto glielo fa vedere in sogno. Nelle realtà corporali avviene lo stesso che in quelle incorporee".

Giovanni Climaco, La Scala del Paradiso V, 54.
«L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna » (Gv 4,14). Nuova specie di acqua che vive e zampilla, ma zampilla solo per chi ne è degno. Per quale motivo la grazia dello Spirito è chiamata acqua? Certamente perché tutto ha bisogno dell'acqua. L'acqua è generatrice delle erbe e degli animali. L'acqua della pioggia discende dal cielo. Scende sempre allo stesso modo e forma, ma produce effetti multiformi. Altro è l'effetto prodotto nella palma, altro nella vite e così in tutte le cose, pur essendo sempre di un'unica natura e non potendo essere diversa da se stessa. La pioggia infatti non discende diversa, non cambia se stessa, ma si adatta alle esigenze degli esseri che la ricevono e diventa per ognuno di essi quel dono provvidenziale di cui abbisognano. Allo stesso modo anche lo Spirito santo, pur essendo unico e di una sola forma e invisibile, distribuisce ad ognuno la grazia come vuole. E come un albero inaridito, ricevendo l'acqua, torna a germogliare, così l'anima peccatrice, resa degna del dono dello Spirito santo attraverso la penitenza, porta grappoli di giustizia. Lo Spirito appartiene a un'unica sostanza; però, per disposizione divina e per i meriti di Cristo, opera effetti molteplici.Infatti si serve della lingua di uno per la sapienza, illumina la mente di un altro con la profezia. A uno conferisce il potere di scacciare i demoni, a un altro largisce il dono di interpretare le divine Scritture.Rafforza la temperanza di questo, mentre a quello insegna la misericordia. Ispira a un fedele la pratica del digiuno, ad altri forme ascetiche differenti. C'è chi da lui apprende la saggezza nelle cose temporali e chi perfino riceve da lui la forza di accettare il martirio. Nell'uno lo Spirito produce un effetto, nell'altro ne produce uno diverso, pur rimanendo sempre uguale a se stesso.

san Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 16

Titolo del primo incontro: insieme per sempre


Bologna, il Comune finanzia i corsi contro il divorzio.


Affidati a un'associazione pro embrione

 Ti sposi in Comune? Adesso c'è (gratis) il corso prematrimoniale per i fidanzati che scelgono il sindaco invece del parroco. Prima lezione: «Insieme per sempre ». In sostanza, istruzioni anti divorzio in versione laica. L'idea è venuta a Lina Delli Quadri, consigliere comunale del Pd: stesso partito di Cofferati. Una cattolica impegnata nel volontariato che ha pensato: anche chi sceglie il rito civile deve avere, a cura dell'amministrazione comunale, l'opportunità di essere istruito in materia di matrimonio. Le altre lezioni sono su «Sessualità e amore», «Coppia e creatività», «Doveri e diritti nelle relazioni familiari». L'iniziativa è interessante in una Bologna dove i rapporti tra Comune e Chiesa hanno avuto anche pesanti note polemiche. La Delli Quadri spiega che il sindaco le ha dato subito via libera e che i parroci non si sentono toccati dalla concorrenza. Forse perché obiettivo comune è rendere stabili le unioni. I corsi, come scrive oggi il Corriere di Bologna, sono tenuti da specialisti dell'Ucipem, associazione milanese di matrice cattolica che, nella sua carta fondante, dichiara di riconoscere «che la persona umana è tale fin dal concepimento». La stessa Ucipem, che da tempo istruisce i fidanzati che vanno a sposarsi in chiesa, sottolinea le differenze: «Il matrimonio religioso è un sacramento, quindi comporta anche un'istruzione catechistica che non ha ragione di essere per chi sceglie il rito civile». Al primo corso si sono iscritte una ventina di coppie: tutte al primo matrimonio, solo in un caso l'uomo è al secondo. Due fidanzati hanno già seguito un corso in parrocchia perché si sposeranno in Chiesa ma hanno voluto ampliare la loro preparazione anche con l'insegnamento laico. Le lezioni (quattro serate di due ore ciascuna) si tengono in una sala comunale. Quando i cittadini si recano all'ufficio matrimoni per le pratiche ricevono anche un volantino informativo. A fine maggio partirà il secondo ciclo di incontri. Da ottobre l'iniziativa sarà strutturata in modo completo, anche sulla base dei suggerimenti delle coppie. Le impressioni dei fidanzati che stanno seguendo le lezioni, tenute da esperti in materie come psicologia, sessuologia e legislazione familiare, sono positive. «Non credevo che un Comune, con tutti i problemi che ha, potesse pensare anche a chi si sposa », ha detto un giovane alla vigilia del sì. Il consenso non stupisce la consigliera comunale. Sposata da 27 anni, provenienza Margherita, cattolica praticante, Lina Delli Quadri è convinta: «La preparazione al matrimonio può contrastare i troppi fallimenti».


Vittorio Monti - 18 aprile 2008


http://www.corriere.it/cronache/08_aprile_18/bologna_corsi_divorzio_Monti_3290cdd2-0d0b-11dd-9f4c-00144f486ba6.shtml

Scritto da: Marco Pratellesi alle 16:28

Finalmente ho capito. Dopo anni di dibattiti, articoli, convegni sul futuro dei media e “bla, bla, bla”, improvvisamente tutto è più chiaro. Sono entrato nel bagno di mia figlia attirato dalla musica. La porta era aperta. Lei stava sotto la doccia. Sul lavandino c'era il suo MacBook, collegato wi-fi, che sparava a tutto volume un video-clip da YouTube.

E' stato illuminate. Ora, uno si aspetta che in bagno si legga il giornale, un libro, una rivista. Al limite che si ascolti la radio facendosi la barba o truccandosi. Nei dibattiti sul futuro dell'informazione ho sempre sentito dire che nessuno si porterebbe un computer al cesso. Ecco, siamo tutti smentiti. A 15 anni con il computer si va anche in bagno. Capisco la Bbc che ha deciso di digitalizzare tutti i programmi televisivi per dare modo ai propri utenti di vedere quello che vogliono, dove e quando vogliono.

La generazione “in bagno con il pc” non credo si staccherà, anche in futuro, dal binomio computer-telefonino. Comunque vada a finire, questa vicenda ha un aspetto positivo: il vecchio stereo “Luxman”, reperto anni 70 ormai introvabile e prezioso per ascoltare la musica rock, non viene più maltrattato da mesi. Old media, good media: per fortuna.

 http://mediablog.corriere.it/

"La recente conoscenza scientifica si è accorta che l'argilla include la vita ed è compatibile con il racconto biblico della fabbricazione dell'Adam, suscitato da poltiglia di suolo. Sono poco sensibile ai punti di contatto tra la scienza e la scrittura sacra. Quella storia è più grande di una sua dimostrazione scientifica. Non è riducibile a verifica. È sacra, una soglia alta dell'udito che pretende ascolto come atto di amore e affidamento, per essere intesa. Bravi gli scolari che con esperimenti hanno scovato la vita in mezzo ai silicati, ma per accordarsi alla notizia sacra manca loro tutto il racconto del soffio di vita spinto con forza di sputo dalla bocca di un creatore nel corpo di un manufatto inerte. Quando dimostreranno la composizione chimica di quel fiato, allora sì che avranno aggredito, più che dimostrato, la scrittura sacra. Fino ad allora le notizie squillanti della scienza che vuole accreditarsi come revisore dei conti della narrazione sacra non tolgono né aggiungono a me lettore.Argilla clastica o no, appartengo all'inverosimile specie dell'Adam, alla sua storia bisognosa di altra spiegazione".

Erri De Luca, Alzaia, 16
Fratelli lontani, perdonateci

All'inizio della Missione (Milano, 1957) per gli adulti, il cardinale Montini rivolge un invito ai lontani

Uno scopo principale ha la Missione: quello di far ascoltare un'autentica parola religiosa ai fratelli lontani. I lontani sono legione: quelli che non vengono in Chiesa; quelli che non pregano più e che non credono più; quelli che hanno la coscienza triste per qualche peccato, o insensibile per le troppe faccende profane; quelli che disprezzano la Chiesa e che bestemmiano Dio; quelli che si credono bravi e sicuri, perché non pensano più alla religione, al paradiso e all'inferno. Quanti! Quali vuoti nella comunità dei fratelli! Quale solitudine, talvolta, nella casa di Dio. Quanta pena, quanta attesa per chi ama i lontani come figli lontani. Se una voce si potesse far loro pervenire la prima sarebbe quella di chiedere loro amichevolmente perdono. Sì, noi a loro; prima che loro a Dio.Quando si avvicina un lontano, non si può non sentire un certo rimorso. Perché questo fratello è lontano? Perché non è stato abbastanza amato. Non è stato abbastanza curato, istruito, introdotto nella gioia della fede. Perché ha giudicato la fede dalle nostre persone, che la predicano e la rappresentano; e dai nostri difetti ha imparato forse ad aver a noia, a disprezzare, a odiare la religione. Perché ha ascoltato più rimproveri, che ammonimenti ed inviti. Perché ha intravisto, forse, qualche interesse inferiore nel nostro ministero, e ne ha patito scandalo. I lontani, spesso, sono gente male impressionata di noi, ministri della religione; e ripudiano la religione, perché la religione coincide per essi con la nostra persona. Sono spesso più esigenti che cattivi. Talora il loro anticlericalismo nasconde uno sdegnato rispetto alle cose sacre, che credono in noi avvilite. Ebbene se cosi è, fratelli lontani, perdonateci. (continua)

(Il testo completo in

Risultati di una ricerca inglese

Cani come padroni, stessi vizi e malattie.

In alcune razze, il 40% ha problemi di peso.

Roma - Mangiano troppo, specie fuori pasto, stanno sempre in casa senza fare esercizio fisico e hanno le malattie tipiche associate all'obesità. Sembra il ritratto dell'uomo medio, e invece è quello del suo cane, stando a una ricerca pubblicata dal Journal of Veterinary Internal Medicine. Secondo lo studio di Craig Tatcher della statunitense Virginia Tech University un terzo degli amici dell'uomo ha problemi estremi di sovrappeso, e per alcune specie la percentuale supera il 40%. «Le ragioni che causano l'obesità sono le stesse per entrambe le specie - spiega Tatcher alla rivista Sciencedaily - poca attività fisica, la maggiore longevità, e soprattutto l' aumento delle calorie assunte». (...) Secondo l'articolo, oltre che le pessime abitudini alimentari i cani mutuano dall'uomo anche buona parte delle patologie associate. Gli animali obesi rischiano infatti di sviluppare il diabete, ma anche problemi dermatologici e immunitari, oltre che danni all'apparato muscolare e a quello scheletrico. (...) La ricetta per dimagrire sembra presa da una rivista specializzata per gli uomini: «Il veterinario è l'unico che può aiutare a dimagrire il cane - spiega Tatcher - deve preparare una dieta ben bilanciata, e far capire al padrone che deve sorvegliare che l'animale on mangi fuori pasto. Inoltre deve essere preparata una serie precisa di esercizi fisici che il cane può seguire senza sentirsi forzato. Il peso poi andrebbe monitorato ogni due settimane». (...) Per chi non volesse aspettare, il mercato farmaceutico ha già provveduto a pillole dimagranti per cani, e persino ad antidepressivi, nel caso si sentissero tristi per la dieta forzata. Oltre a cane e padrone si assomiglieranno anche i loro armadietti per i medicinali.

Milano, record di maschi depressi

È il record nazionale. Pesano carriera e famiglia, il crollo tra i 30 e i 40 anni. Il 3% degli uomini colpito dalla malattia contro il 2,5 di Roma e il 2 di Palermo. La crisi quando si lascia il guscio protettivo dei genitori. Se la situazione degenera spesso si preferisce l´automedicazione, e dallo psichiatra si arriva a patologia avanzata

di
Laura Asnaghi

Andrea, trent´anni, una carriera da manager, non ci voleva credere. «Io depresso? Vi sbagliate. È solo stress. Mi prendo un weekend di pausa e torno come prima». Ma il fine settimana al mare non è servito a migliorare l´umore di Andrea. Lui, che era sempre stato uno studente modello della Bocconi, dopo qualche anno di lavoro ai vertici di grandi aziende multinazionali si era logorato. Perdeva la calma per un nonnulla, tirava pugni sulla scrivania e, in auto, diventava una belva se qualcuno davanti a lui andava troppo lento.La storia di Andrea, che oggi è in cura al Fatebenefratelli, è quella che accomuna molti giovani milanesi travolti dalla depressione, malattia che, di solito, si pensa sia solo un dramma che riguarda le donne. Ma non è così. Secondo le ultime statistiche mediche a Milano il "male di vivere" colpisce almeno 60mila donne mentre gli uomini depressi sono più di 26mila. «Certo le donne sono più numerose ma l´incidenza della depressione tra i maschi è in forte crescita» spiega Claudio Mencacci, primario di psichiatria al Fatebenefratelli. La depressione in chiave maschile sarà uno dei temi centrali di un convegno, "La prevenzione in psichiatria", che si tiene a Sondrio, in Valtellina, da oggi fino a domenica. Milano guida la classifica delle città italiane più esposte al rischio di depressione tra i maschi con il 3 per cento dei malati, pari a 26 mila casi. Al secondo posto c´è Torino con il 2,8 per cento e 21.500 pazienti, al terzo posto si colloca Roma con il 2,5 per cento e 47.500 depressi. Seguono Napoli con il 2,4 per cento di malati (pari a 20mila casi) e Palermo con il 2 per cento (14mila casi).Ma perché Milano detiene il primato? «Qui ci sono condizioni ambientali che rendono la vita più dura - spiega Mencacci - spesso si pretende dai maschi di essere dei professionisti Superman, brillanti e capaci. Ma oltre alla carriera si richiedono performance d´alto livello anche sul fronte familiare. Non tutti reggono la sfida». Così l´ansia cresce e la paura di non essere all´altezza della situazione si traduce prima in disagio e poi in malattia vera e propria. Chi ne soffre di più sono i maschi, dai 30 ai 40 anni, nel pieno della loro carriera. «Per alcuni uomini riuscire a fronteggiare tutte queste sfide diventa uno sforzo intollerabile - spiega Mencacci - molti diventano cupi, irascibili e il loro malumore spesso degenera in quello che noi medici definiamo "la caduta della performance" che significa difficoltà a concentrarsi nel lavoro e disinteresse verso la famiglia e la vita». Ma i maschi, a differenza delle femmine, non ricorrono subito ai medici. Anzi, se ne tengono ben alla larga. «Prima di trovare il coraggio di farsi curare passano mesi - ricorda Mencacci - c´è chi si auto-prescrive farmaci contro l´ansia, chi si rifugia nell´alcol e chi non trova più neanche la forza di uscire di casa». Risultato: quando i maschi si arrendono all´evidenza e bussano alla porta di uno psichiatra la loro malattia è a uno stadio avanzato. «Le cure sono a base di farmaci, psicoterapia e, se possibile, sport - conclude Mencacci - perché il calcio, il tennis o lo sci aiutano a ritrovare la voglia di vivere. Dalla depressione si esce ma il cammino è lungo. Soprattutto per i maschi: proprio perché fanno di tutto per evitare di ammettere di aver bisogno d´aiuto». (10 aprile 2008)

Pasqua, festa dei macigni rotolati.


Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. E' la festa del terremoto. La mattina di Pasqua le donne, giunte nell'orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro. Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all'imboccatura dell'anima che non lascia filtrare l'ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l'altro. E' il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell'odio, della disperazione, del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte. Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l'inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo.

don Tonino Bello


"C'è un aspetto della vita familiare che fa particolarmente bene a un prete celibe: la testimonianza dell'assoluta concretezza dell'amore. Nella vita familiare occuparsi di qualcuno è fisicamente... occuparsi di qualcuno; nella vita familiare i conflitti e le preoccupazioni non rimangono fuori dalla porta di casa, ma nella tua casa e dormono perfino accanto a te; nella vita familiare capisci che coloro che ami li hai sempre interiormente con te e questo fa tanto bene, ma è anche tanto gravoso da portare, soprattutto quando qualcosa gira storto, per la salute, il lavoro, la casa; nella vita familiare la relazione sessuale non è soltanto il sogno a luci rosse, ma un'esperienza che va anche mantenuta e accompagnata nel tempo, con le esuberanze giovanili e l'evoluzione o il declino della adultità.Il prete come cristiano vive dell'amore di Dio e dovrebbe dedicare la sua vita a non fare altro che annunciare quell'amore. Ma la concretezza e i costi dell'amore possono sfuggirgli se ogni tanto non li vede e non li tocca con mano. Può sfuggirgli soprattutto la dimensione particolare dell'amore che, nella logica del mistero di Cristo, è già «assoluto nel frammento». Gli farà bene avere due sposi come amici: con loro potrà condividere quella concretezza, perché se vuoi bene a un amico, sai gioire e soffrire con lui. (...)Pure a quella coppia di sposi farà un gran bene avere un amico prete. Se a un prete fa molto bene sperimentare il concreto dell'assoluto, a una coppia di sposi fa altrettanto bene sperimentare l'assoluto del concreto. Perché loro nella concretezza possono perfino naufragare; perché, a un certo punto, nella vita di coppia può accadere che tu veda di tua moglie o di tuo marito soprattutto il limite, la parzialità, l'imperfezione. E allora: come la mettiamo se in quella relazione ti sei giocato tutto?L'amico prete può dirti che la relazione è buona per¬ché è parte di una storia della salvezza che la contiene - per questo è un sacramento -, perché il suo bene è in Cristo, che ha divinizzato il limite, il frammento, l'imperfezione. Però l'amico prete non ti dirà tutto questo con una dotta conferenza, ma con la sua vita. Lui vive la relazione in assoluto più limitata e limitante, più imperfetta di qualunque relazione di coppia: quella in cui l'altro semplicemente non c'è. Ma la vive in Cristo. Dunque, in lui cosa vedi?"


S. Guarinelli, Il celibato dei preti. Perché sceglierlo ancora?, 121-123.

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L'allarme Fao: "Lo sviluppo affama"

Prezzi dei cereali alle stelle, scorte mai così basse dal 1980

Le rivolte per il pane, causate dall'inarrestabile impennata dei prezzi, non si fermeranno se i Paesi ricchi non «faranno un passo indietro di almeno vent'anni per correggere politiche di sviluppo errate». Un'accusa senza appello che è stata lanciata oggi dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf. «L'inflazione globale non dipende solo da elementi contingenti, ma da fattori strutturali» e «se il cosiddetto Nord del mondo non cambierà modello di sviluppo, la bolletta per i cereali nei Paesi poveri continuerà a crescere e le rivolte popolari e sociali che oggi colpiscono Egitto, Tunisia, Senegal, Burkina Faso, Camerun, Guinea, Haiti e tanti altri Paesi poveri, dilagheranno», ha detto in una conferenza internazionale a Roma. Diouf ha parlato di una «situazione critica», perchè le scorte hanno raggiunto il livello più basso dal 1980 (già a inizio 2008 sono il 5 per cento in meno rispetto al 2007) e la domanda continua a crescere, «soprattutto», ha spiegato Diouf, «in Paesi come Cina e India, dove si registra una crescita del Pil dell'8-10 per cento l'anno, con una popolazione di 2,2 miliardi». Dopo l'appello lanciato ieri dal premier britannico Gordon Brown per un'azione globale contro l'inflazione, anche la Banca mondiale oggi lancia un'allarme e avverte che l'aumento dei prezzi dei beni alimentari, raddoppiati o addirittura triplicati in certi casi negli ultimi tre anni, rischia di far diventare ancora più poveri 100 milioni di persone che vivono nei Paesi a basso reddito e di rialzare dal 3 per cento al 5 per cento il tasso di povertà della popolazione mondiale. Ne ha parlato Marcelo Giugale, direttore responsabile per l'America Latina e i paesi caraibici della World Bank. Dal 2005 al 2007 i prezzi del grano sono saliti del 70 per cento, quelli dei cereali dell'80 per cento e i prodotti caseari del 90 per cento. (...)

L'impresa di vivere da soli. Sfida dei nuovi consumatori.

I single sono 6 milioni. E il mercato si adegua.

Il trentenne yuppie di ritorno, entusiasta della novità del sushi mono-porzione al supermercato (il 43,6% degli uomini soli ha meno di 45 anni). La donna che con il lavoro colma l'assenza di una famiglia, cliente-tipo dei villaggi per single con abbattimento incorporato dell'annoso «supplemento singola» (il 15,8%). Il divorziato (27,1%) e la separata (11,1%), senza figli. Ma anche le decine di migliaia di pensionati e vedove, uomini (27,8%) e moltissime donne (il 66,6% ha oltre i 65 anni: la maggiore longevità femminile ha aperto una forbice enorme con l'altra metà del cielo), a caccia dei 25 grammi di parmigiano monodose, dello yogurt in vasetto spaiato e delle pentole da una porzione, perché è inutile (e costoso) cuocere gli spaghetti a occhio per poi buttarne via tre quarti. Sempre più soli. La carica dei single in Italia, 5 milioni e 977 mila «unità unipersonali» come li chiama freddamente l'Istat nell'ultimo censimento, non accenna ad arrestarsi. Un incremento percentuale del 98,8% dagli Anni 70 agli Anni 90, una crescita progressiva fino al 2001 (quando i single erano un quarto delle famiglie italiane), 1,7 milioni in più nel 2007, segnale di una rivoluzione socio- culturale profonda, soggetta a due variabili fondamentali: il livello di reddito, che condiziona consumi e stile di vita, e l'età. «La grande rivoluzione è demografica: l'aumento della longevità e dell'instabilità coniugale, in un contesto in cui il ciclo della famiglia tradizionale si accorcia e si trasforma, hanno provocato il boom delle persone sole
"Il Vangelo, oltre al resto, è il libro che trasmette la memoria delle persone che non contano, dei gesti "sbagliati" secondo la logica dei benpensanti, delle storie trascurabili, delle realtà disprezzate. Il Vangelo conserva ciò che pare non meriti attenzione, ciò che si vorrebbe andasse perduto. Oserei dire che il Vangelo è un libro messo insieme con le dimenticanze, con i dimenticati. Allo stesso modo che le sue vie non sono le nostre vie, i nostri pensieri non sono i suoi pensieri, così la memoria di Dio non è la memoria degli uomini. Si direbbe che la memoria di Dio sono le dimenticanze degli uomini. Anche noi, tutte le volte che compiamo un'azione come risposta all'amore di Cristo, diventiamo un frammento del vangelo di Dio.

«Ha compiuto una bella azione verso di me» (cfr Mc 14, 1-11). Salta così un'ultima contrapposizione: quella tra bello e buono. "Kalon ergon" si può tradurre sia con azione buona che azione bella. Sorge il sospetto che se i cristiani si preoccupassero maggiormente di fare "qualcosa di bello", nel mondo non mancherebbe mai "qualcosa di buono". Proprio come nei giorni della creazione".

A. Pronzato, Le donne che hanno incontrato Gesù, 146
Desidero dunque sono

Il lusso si è democratizzato: serve a promuovere la propria immagine, non l'appartenenza di classe

Marco Belpoliti - L'unica realtà contemporanea che non sembra subire la recessione è l'industria del lusso. Dieci anni fa in Europa il suo fatturato era valutato in circa 90 miliardi di euro. Oggi dovrebbe essere quasi raddoppiato. (...) Intesa non solo come abbigliamento, ma come immagine, meglio, forma, la moda è il centro della nuova civiltà contemporanea, quella che Gilles Lipovetsky, docente universitario e saggista, definisce la «civiltà del desiderio». (...) Le società democratiche hanno fatto del lusso - elemento destinato nel passato solo alle élite economiche e politiche - il perno centrale della nuova società che Lipovetsky stima dedita all'iperconsumo. Il nuovo sistema ha celebrato senza intoppi il matrimonio tra lusso e individualismo liberale. E se agli occhi delle vecchie generazioni il lusso faceva «vecchio», ora appare assolutamente contemporaneo. (...) Nonostante la critica che il cristianesimo ha opposto al lusso - in particolare alla moda e all'evoluzione del costume -, questo ha finito per imporsi quale elemento di trasformazione sociale. (...) L'esplosione dei costi per la pubblicità e l'inflazione nel lancio di nuovi prodotti, scrive Lipovetsky, hanno accorciato la vita dei prodotti e nel contempo costretto al recupero delle immagini più durevoli del passato: marche, oggetti, comportamenti. Il lusso postmoderno si fonda su tre aspetti: individualismo, emozione, democrazia. L'esibizione della ricchezza oggi non svolge più una funzione sociale, serve piuttosto alla «soddisfazione di sé», base del neo-narcisismo: godere di se stessi e di quello che si fa. Più tutto diventa accessibile, democratico, acquistabile e consumabile, più appare necessario distinguersi dagli altri. Se si osservano le pubblicità dei prodotti di lusso presenti nei settimanali o nelle riviste patinate ad alta tiratura, ci si accorge che la molla segreta è proprio l'immagine di sé. L'oggetto serve a questo: promuovere la propria immagine personale e non più l'appartenenza di classe. Un lusso individualista e libero, rispetto al passato, da obblighi sociali e regole collettive. Oggi il lusso funziona in presenza di un individualismo fondato sulle emozioni e sulle sensazioni personali. La festa non appare dunque più un rito collettivo bensì privato: la festa dei propri sensi. (...) Lipovetsky parla di effeminazione del lusso, ovvero del passaggio del lusso, dalla sfera maschile delle società premoderne e moderne, alla sfera femminile del postmoderno. (...)


 

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"Così per anni mi sono nutrito del pane della vita e del calice della salvezza. Quando sono stato arrestato, ho dovuto andarmene subito, a mani vuote. L'indomani, mi è stato permesso di scrivere ai miei per chiedere le cose più necessarie: vestiti, dentifricio... Ho scritto: «Per favore, mandatemi un po' di vino, come medicina contro il mal di stomaco». I fedeli subito hanno capito. Mi hanno mandato una piccola bottiglia di vino per la Messa, con l'etichetta: «Medicina contro il mal di stomaco», e delle ostie nascoste in una fiaccola contro l'umidità. (...) Non potrò mai esprimere la mia grande gioia: ogni giorno, con tre gocce di vino e una goccia d'acqua nel palmo della mano, ho celebrato la messa. Era questo il mio altare ed era questa la mia cattedrale! Era la vera medicina dell'anima e del corpo. (...) Erano le più belle Messe la mia vita!"

card. Van Thuan, Testimoni della speranza, 167-8


 "Nel campo di rieducazione, eravamo divisi in gruppi di 50 persone; dormivamo su un letto comune, ciascuno aveva diritto a 50 cm. Siamo riusciti a far sì che ci fossero cinque cattolici con me. Alle 21.30 bisognava spegnere la luce e tutti dovevano andare a dormire. In quel momento mi curvavo sul letto per celebrare la Messa, a memoria, e distribuivo la comunione passando la mano sotto la zanzariera. Abbiamo perfino fabbricato sacchettini con la carta dei pacchetti di sigarette, per conservare il Santissimo Sacramento e portarlo agli altri. Gesù Eucaristia era sempre con me nella tasca della camicia. Ogni settimana aveva luogo una sessione di indottrinamento, a cui doveva partecipare tutto il campo. Al momento della pausa, con i miei compagni cattolici, approfittavamo per passare un sacchettino a ciascuno degli altri quattro gruppi di prigionieri: tutti sapevano che Gesù era in mezzo a loro. La notte, i prigionieri si alternavano in turni di adorazione. Gesù eucaristico aiutava in modo inimmaginabile con la sua presenza silenziosa".


card. Van Thuan, Testimoni della speranza, 170

grazie a dfra
"Si tratta di un contesto - quello europeo e italiano - che non convince nell'insieme. Pur se in realtà c'è di fondo molta ansietà e paura, in superficie sembra dominare giocosità, verbosità, litigiosità un po' gratuite, diciamo quasi volute ad arte. La situazione in cui vivo [Gerusalemme] è molto diversa, in un certo senso molto più seria e profonda, naturalmente anche in quanto drammaticamente segnata dal costante "a fronte" di vita e morte. Qui [in Terra Santa] l'immagine [delle società occidentali] creata dai media, in particolare dalla televisione, è quella di una società che si diverte, che fa le notti bianche, con migliaia di attrazioni per tutti i desideri. Una società di questo tipo certamente non ha facilità a entrare nel mistero della Risurrezione, un mistero che si vive giorno dopo giorno, ma che richiede grande profondità".

C.M. Martini, Le tenebre e la luce, 140



 

 

Milano Fiera-City 11-13 aprile 2008

Il business dei turisti bambini

Vecchie colonie addio, l'estate dei piccoli diventa frenetica

Franco Giubilei - Modena - Bambini italiani in vacanza, da soli, persino all'estero. Se non è l'inizio della fine del mammismo, è un piccolo segnale che anche da noi la barriera protettiva della famiglia intorno ai figli sta mostrando qualche crepa. E così, sempre più spesso, d'estate i ragazzini partono per conto loro, spediti dai genitori a imparare una lingua, a perfezionarsi in uno sport, o a seguire corsi di mini-trekking in montagna. (...) un mercato vasto - ogni anno oltre il 60% dei bambini fino a 14 anni va in vacanza almeno una volta - e in rapido mutamento: infatti se da un lato i bimbi di quell'età hanno tre mesi da riempire tutte le estati, dall'altro cala parallelamente il tempo a disposizione dei genitori, che mediamente hanno 15-20 giorni di ferie. Mettiamoci anche le abitudini provenienti dal resto d'Europa, per cui i figli piccoli da soli in vacanza non sono niente di scandaloso, ed ecco che i mini-viaggiatori crescono anche da noi.Soli è un modo di dire, perché con i bambini c'è sempre personale specializzato. Ma il concetto di vacanza lontano da casa è comunque realtà. «Ci sono tre tipologie principali - spiega Luigi Belluzzi di Studio Lobo, organizzatore del salone - il club soggiorno per apprendere una lingua straniera, che per i più piccoli è in Italia e per i più grandi è all'estero; i Camp sportivi dove s'impara o ci si perfeziona in una disciplina; e l'abbinamento fra soggiorno e parco-natura, dove i ragazzi si trovano in un contesto avventuroso e sono guidati al rispetto per l'ambiente».

(...)

I CAMP - Tre modi d'imparare divertendosi:

ISTRUZIONE - Imparare una lingua giocando, è la ricetta alla base dei Camp dove i bambini passano soggiorni della durata media di una settimana. Sono strutture dove i piccoli sbrigano le faccende quotidiane usando l'idioma che devono imparare. Ci sono insegnanti madrelingua, nelle attività di tutti i giorni domande e risposte vengono poste nella lingua straniera. La quota soggiorno si aggira intorno ai 350 euro alla settimana. Ce ne sono all'estero ma sono indicati per i ragazzi più grandi, 10-14 anni. I più piccoli vengono iscritti a villaggi in Italia.

SPORT - I Camp sportivi, fra i più richiesti, sono soggiorni dove i bambini imparano o si perfezionano in una disciplina. Normalmente si trovano in località di media montagna, e offrono una gamma ampia di soluzioni. In cima ai gusti dei maschi ci sono le scuole di calcio, seguite da basket, pallavolo e atletica. Fra le bambine vanno forte l'atletica, la ginnastica ritmica e il pattinaggio, ma nelle discipline emergenti non ci sono differenze di sesso: ai Camp di karate, tae-kwon-do e altre arti marziali si iscrivono sia ragazzi sia ragazze.

AVVENTURA - A fare scuola per i parchi d'avventura sono stati i francesi, poi i Camp naturali sono arrivati in Alto Adige, ora la tendenza va diffondendosi nelle zone appenniniche, sia al Nord che al Sud. È un tipo di vacanza che trova un seguito notevole fra i bambini: per periodi anche brevi, gli iscritti ai soggiorni avventura-natura imparano a muoversi lungo percorsi particolari, sospesi fra i rami e immersi nella natura. Ai ragazzi viene insegnato il rispetto per l'ambiente. Di centri del genere ne esistono in Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Calabria.

"Allora ho detto, ecco sono venuto: in un rotolo di libro è scritto su di me." Questa è la bella sorpresa di Davide nel suo salmo (40, 8): nel libro sacro ci sono parole che riguardano proprio me. Ogni lettore delle storie sacre ha fatto l'esperienza di Davide; di sentirsi nominare da qualche passo di quel libro. È l'emozione di Natanaele (Giovanni 1, 47 sgg.) che si sente chiamato da Gesù, quando gli dichiara di averlo visto steso sotto il fico. Il suo scatto di fede verso Gesù non viene dall'averlo visto, ma dall'essere stato visto da lui. Leggere i libri sacri dà a volte la sorpresa di trovare se stessi in certi versi. Allora ci si sente raggiunti come d'estate dal frammento di cometa che s'incendia proprio davanti ai nostri occhi spalancati al buio.

Qualcosa del genere su scala minore avviene con le opere della letteratura. Cerco nei libri la lettera, anche solo la frase che è stata scritta per me e che perciò sottolineo, ricopio, estraggo e porto via. Non mi basta che il libro sia avvincente, celebrato, né che sia un classico: se non sono anch'io un pezzo dell'idiota di Dostoevskij, la mia lettura è vana. Perché il libro, anche il sacro, appartiene a chi lo legge e non per il diritto ottenuto con l'acquisto. Perché ogni lettore pretende che in un rotolo di libro ci sia qualcosa scritto su di lui.

Erri De Luca, Alzaia, 117
Può insegnare qualcosa il caso Luciani?

Credo che, aldilà della topica su Waterloo che ha fatto il giro della blogosfera e oltre, la vicenda di Luca Luciani e del suo discorso meriti, più a freddo, qualche considerazione in più, anche sullo stimolo dei molti commenti che sono arrivati su questo e su altri blog). L'azienda totale. Non so quanti di voi abbiano mai partecipato a una convention aziendale. Non sono tutte uguali, d'accordo, ma spesso il clima è quello che traspare dal video su Luciani. Un dirigente strapagato, a volte tanto ignorante quanto arrogante, che cerca di stimolare la truppa con un discorso di sapore militare. Luciani ha incarnato perfettamente questo stereotipo, al punto che molti commentatori dei blog hanno dubitato della sua veridicità. Luciani - come tanti suoi colleghi che ho visto con i miei occhi in passato - ha usato tutti i luoghi più comuni del genere: la sindrome di accerchiamento (le cinque potenze nemiche che però verranno sconfitte da Napoleone), la metafora calcistica (voi segnerete e dagli spalti finalmente applaudiranno), l'attacco ai giornali nemici (che scrivono tutti cazzate). Questo arroccamento aziendalistico - noi contro il resto del mondo, noi che stringiamo i denti per fargliela vedere ai cattivoni là fuori - ha qualcosa della setta religiosa e va nella direzione esattamente contraria ai modelli più avanzati di aziende trasparenti, che si confrontano e si contaminano con l'esterno. Non è la topica su Napoleone che fa pensare a quanto è messa male Telecom: è la subcultura di chiusura (tanto più grave in un'azienda moderna di comunicazioni) che sta dietro a tutto il delirante discorso di Luciani.

2) La trasparenza inevitabile. (...)

3) La censura di YouTube. Onestamente, non so che cosa avrei fatto io se l'altro ieri mi fossi trovato nelle condizioni di Luciani. Probabilmente però avrei fatto qualcosa tipo un post su un blog o un video su YouTube, se possibile un po' autoironico e scherzoso, per sdrammatizzare il più possibile. Tipo: okay, ho detto una cazzata, non sarà né la prima nè l'ultima, alle medie tiravo palline di carta con la cerbottana e mi sono distratto durante la lezione di storia. Magari il video l'avrei fatto pure con il cappellino da asino, sorridendo, davanti a una riproduzione del famoso quadro di Napoleone ad Austerlitz. Credo che tutti avremmo simpatizzato per uno capace di non prendersi sul serio. Invece Luciani e la sua azienda si sono comportati come il ministero dell'informazione nordcoreano e hanno fatto rimuovere il video. Ottenendo così un doppio effetto: primo, confermarsi un'azienda totalitaria e premoderna; secondo: non cancellare davvero il video, che continua a circolare come prima. Una scelta censoria è quasi sempre deprecabile, ma nel 2008 (con tutti i blog e i siti che hanno ripreso il discorso di Luciani fino a farlo ritornare su YouTube) è assolutamente inutile e controproducente.

4) Il comportamento dei giornali. (...)

Alessandro Gilioli

"Molti hanno creduto che un buon matrimonio fosse la mutua promessa che nulla più sarebbe successo né per l'uno né per l'altra.

Una mini-dépendance del museo Grévin, per la quale non è escluso che si possano ricevere sovvenzioni dallo stato - con tre o quattro spuntini di compleanno, infatti, e qualche giorno di festa di fine d'anno, l'affluenza dei visitatori è troppo ridotta perché la cosa possa autofinanziarsi.

Soprattutto non muoversi, non respirare, non guardare né a destra né a sinistra, e l'effetto sarà perfetto. Esistono degli sposi-fossili, come esistono dei credenti-fossili. Sono coloro che aspettano dall'istituto del matrimonio come dall'istituzione della chiesa, che li proteggano dai disordini dell'amore e della fede. Questo tentativo disperato di tenere in vita la luce originaria del lampo, disinnescandone il pericolo mortale, avrebbe un che di quasi commovente se non avesse la pretesa di riuscirvi davvero!

L'istituzione che mantiene il lampo sotto una campana, lo custodisce fissato dentro un reliquario, lo difende come un bottino di rapina, si rende colpevole verso la vita. La speranza che lo stesso bagliore possa conservarsi è la radice del dramma. Come se il fuoco del cielo si potesse tenere sotto un coperchio di tabernacolo! E sotto un globo di vetro, come una corona di sposa, la fiaccola dell'amore. Come se potessero perdurare in altro luogo che non sia il cuore acceso degli uomini e delle donne viventi!

Quando il matrimonio non lascia che i venti folli della vita e del rinnovamento lo scuotano, quando la chiesa non si lascia spettinare dai sismi salutari dell'esperienza mistica, essi diventano regni dei morti. Consegnato corpo e anima all'istituzione, il matrimonio perde il filtro mortale e il nettare. Spogliato, disinfettato, vaccinato, messo sotto vuoto, non fermenterà, non conoscerà l'alto processo di distillazione che attraverso i mosti e le melasse raggiunge, all'altra estremità dell'alambicco, l'oro di distillati preziosi.

Se l'istituzione è anche ferocemente mortifera, è perché teme il cambiamento, lotta contro di esso, e con ciò agisce contro la natura della vita che è incessante metamorfosi. Ogni istituzione finisce, presto o tardi, per affogare il figlio dell'amore nell'acqua sporca del bagno. La sola maniera che abbiamo di onorare la vita è di osare affrontarla di nuovo ogni giorno, senza gravarla delle nostre attese - osare l'unicità del giorno nuovo!

Infatti il disastro non deriva forse dal nostro attaccamento a questa o a quella forma che l'amore ha assunto in un dato momento della nostra vita - il più delle volte al suo inizio - e dal nostro desiderio di conservarlo tale a ogni costo? Ma lo spirito è pura fluidità. Non smette di passare da una forma all'altra, sparisce di là, risorge qui, imprevisto, argento vivo, dove noi non l'aspettiamo - e le vecchie forme alle quali ci attacchiamo sono proprio quelle che lui ha abbandonato da tempo!

E magari aspettiamo tutta una vita in piedi davanti alla casa abbandonata dall'(dalla) amato(a), quando, qualche via più in là, lei (lui) ci attende invano, ogni giorno, a un nuovo balcone.

Pietà per coloro che si sposano per essere felici.

Pietà per coloro che, per disgrazia, saranno troppo a lungo contenti di quella felicità anodina che si è loro augurata nel giorno delle nozze - troppo a lungo amanti dell'amore inoffensivo delle lune di miele!

Pietà per coloro che saranno troppo a lungo fotogenici e presentabili come il giorno delle nozze!

Sono fredde le gabbie di vetro, quando la luce delle vetrine si spegne!

Il matrimonio ha per noi altre ambizioni.

Il matrimonio non ci vuole presentabili, ci vuole vivi! - e ci farà perdere la faccia fino a che, sotto le nostre maschere, appariranno i nostri veri volti".

Christiane Singer, Elogio del matrimonio, del vincolo e altre follie, 38-40

La gente canta, quando il "contesto" non è asfittico, bensì VIVO!!


 


Con lo sguardo oltre il 13 aprile

Il comunicato della Presidenza dell'Azione cattolica ambrosiana

alla vigilia del prossimo appuntamento elettorale del 13 e 14 aprile

 Il contesto nel quale ci troviamo è estremamente ambiguo e poco definito. Ogni opinione e il suo contrario trovano legittimità nel dibattito pubblico: anche i programmi politici tendono a convergere ed ad assomigliarsi tra di loro. Inoltre si va a votare con quella stessa legge elettorale insoddisfacente che nella passata legislatura non ha permesso né agli elettori di scegliere i propri candidati né al sistema politico di ottenere una sicura stabilità di governo. In un tale contesto, grande è la delusione nei confronti della politica e la voglia di “astensionismo“. Altrettanto evidente è la curiosità di molti nei confronti del mutato scenario politico che si è venuto a determinare con la discesa in campo di nuovi soggetti politici. Alla luce di tali elementi, ci sentiamo di ricordare che in ogni caso il voto è un diritto - dovere di ciascuno cittadino, chiamato a concorrere all'edificazione della città di tutti e a quel bene comune da costruire anche con faticose azioni di discernimento e di scelta. Votare, affermavano appena due anni fa i vescovi lombardi, è un diritto - dovere radicato nella dignità della persona. La partecipazione al voto per il credente è anche motivata dalla fede ed è espressione di carità. In quest'ottica manifestiamo stima verso coloro che con impegno e serietà si sono messi nuovamente in gioco, per garantire il governo del Paese.

Alla luce dell'attuale campagna elettorale, nella quale i cattolici sembrano essere corteggiati da più parti, ma non propriamente valorizzati - come si evince dalle scelte dei candidati - , come cattolici avvertiamo l'esigenza di affermare che ciò che attira il nostro interesse non è la citazione dell'etichetta “cattolico”, ma la capacità di pensare in grande, di guardare lontano, di esercitare la capacità di “voler bene al futuro del proprio Paese”, come ha recentemente affermato il cardinal Bagnasco, presidente della Cei. Se politica è “visione dell'interesse lontano” riteniamo che i cittadini debbano non solo votare, ma anche informarsi e cercare tra i vari partiti quelli più capaci di gettare le basi di un futuro prossimo e remoto, ben oltre la ricerca di un tornaconto immediato o limitato ad una prospettiva quinquennale. Siamo chiamati, con un esercizio di profezia, a riconoscere e promuovere chi sa guardare lontano. Chiedere alla politica progetti lungimiranti è un esercizio di vigilanza a cui oggi siamo tenuti.

Cosa costruisce il domani?

- La cura dei piccoli e dei giovani, sia all'interno che all'esterno delle istituzioni scolastiche per la loro piena maturazione umana;

- la cura della famiglia e delle condizioni che ne permettano una crescita serena (casa, lavoro stabile) e una tutela della vita dal concepimento alla morte naturale;

- la riflessione riguardo allo scenario internazionale con le sue risorse e i suoi problemi;

- la cura dell'ambiente, quale casa unica che abbiamo per abitare nel cosmo, e la cura oculata e previdente delle risorse economiche e finanziarie per l'oggi e per le future generazioni;

- la costruzione di una società che inevitabilmente sarà contrassegnata dalla multiculturalità, la quale rischia di essere “subita” se non viene sostenuta da un progetto che abbia al centro l'uomo e la sua dignità.

Un progetto pensato e costruito all'insegna dell'integrazione tra diversi, e capace di assumere le grandi questioni etiche.

Un impegno a determinarsi contro ogni tipo di associazione illegale e di organizzazioni di tipo mafioso.

Questi temi non sembrano essere tutti attualmente al centro del dibattito politico.

Il nostro domani ha bisogno fin da ora di una rinnovata capacità di pensiero, che sia frutto di un lavoro condiviso, di una nuova sintesi culturale, dentro la quale, come cattolici, possiamo e dobbiamo esercitare con competenza un ruolo alto di riflessione e di dedizione riguardo al quel bene che è comune ad ogni uomo. Auspichiamo che nascano luoghi di riflessione prepolitica sia nell'ambito ecclesiale sia in quello civile, dove possa ripartire un laboratorio culturale di alto profilo, terreno fecondo per una politica a servizio del bene del paese. Questo auspicio sta a segnalare che, come credenti e cittadini, cerchiamo di guardare lontano, attraverso e oltre il 13 aprile.


Milano, 19 marzo 2008

La sigla originale in versione italiana!


 


A trent'anni dalla comparsa di Goldrake, una rivisitazione nostalgica!


 


Finalmente non sono più l'unico a dire in pubblico certe cose!

«I programmi della De Filippi? Sono brutti»

Gli strali di Aldo Grasso contro «Amici»

L'Agenzia stampa NEV ha intervistato la presidente dell'UCEBI, la pastora Anna Maffei.

I battisti italiani da tempo stanno portando avanti una campagna per diffondere il pensiero di Martin Luther King in Italia. Quali sono i vostri obbiettivi?

Rilanciare Martin Luther King, la sua figura, il suo messaggio in questi quasi due anni di mobilitazione ha avuto almeno tre scopi fondamentali. Il primo, quello di far conoscere meglio uno dei protagonisti del '900 al di là della retorica del sogno. King fu certamente un visionario nel senso più alto del termine, ma seppe anche guidare un movimento che aveva obiettivi concreti nell'affermazione dei diritti della minoranza afro-americana, molti dei quali furono raggiunti nella breve parabola della sua attività politica. Il secondo scopo è quello di richiamare l'attenzione sui diritti delle minoranze oggi in Italia. Fra questi il diritto ad una legislazione più giusta e rispettosa nel campo dell'immigrazione e del diritto d'asilo. Il terzo scopo è contribuire ad una riflessione, simile a quella che avviò King nella sua epoca, sulle connessioni esistenti fra povertà, militarismo e razzismo in un mondo in cui il divario fra ricchi e poveri è spaventosamente aumentato e le guerre per la supremazia assumono oggi linguaggi da crociata.

Qual è l'attualità di Martin Luther King oggi?

King è attuale perché le strutture di pensiero che soggiacciono alle ideologie razziste sono le stesse per ogni generazione. King le ha analizzate e svelate. La sua articolata riflessione può aiutare anche noi quando il demone del razzismo dalle molte facce si affaccia nel nostro tempo e nel nostro paese. Noi non ne siamo immuni. King è attuale perché ancora si contrabbanda la violenza militare quale mezzo per risolvere controversie internazionali mentendo sui veri scopi delle guerre. La sciagurata avventura irachena è il Vietnam di 40 anni dopo. King è attuale perché anche noi crediamo che l'amore per il nemico, cuore del messaggio evangelico, possa avere una dimensione politica e abbia capacità di radicale trasformazione. Ma c'è bisogno di un popolo internazionale, multiidentitario e coraggioso disposto a spendersi per questo.

L'articolo completo si trova sul Portale delle Chiese evangeliche battiste italiane:

E' morto negli Usa Dith Pran. Illuminò con il proprio coraggio i "killing fields" di Pol Pot

In un libro e in un film premio Oscar la battaglia al fianco dell'inviato del NYT Schanberg

Cambogia, addio al fotografo delle "Urla del silenzio"

dal nostro inviato Vittorio Zucconi - WASHINGTON - La malattia lo aveva ridotto come soltanto Pol Pot era riuscito a fare, una foglia secca d'uomo posata sulle lenzuola di un ospedale del New Jersey che i suoi 35 chili neppure increspavano. Dith Pran, il fotografo cambogiano che illuminò con il proprio coraggio quasi incomprensibile i "campi della morte" dei khmer rossi, è volato via ieri a 65 anni, con un solo grande rimpianto, quello di non avere visto Pol Pot processato e chiamato a rispondere dei due milioni di innocenti, a volte colpevoli soltanto di possedere un orologio da polso o un diploma di scuola media, segni di sfacciata ricchezza borghese e di acculturazione occidentale. Di quegli anni, e di quest'uomo, il mondo che aveva guardato e letto con sbigottimento l'odissea disumana per sopravvivere ai 5 anni di follia omicida polpottiana, si era largamente dimenticato, distratto da altre follie e dall'accavallarsi instancabile di altre ondate di sangue. Dith Pran non lavorava più da tempo, corroso da un tumore al pancreas. Ma senza di lui, senza il collega americano Sydney Schanberg che lo aveva assunto a Phnom Penh e non aveva mai rinunciato a ricordarlo, anche l'olocausto polpottiano sarebbe rimasto oscuro. E i due milioni di morti sarebbero stati licenziati come una montatura anticomunista, secondo la stessa legge del revisionismo che oggi minimizza o nega addirittura la shoah ebraica. Era l'aprile del 1975, 33 anni or sono che sembrano un altro millennio, quando i Khmer Rouge di Saloth Sar, alias Pol Pot, alias "Il Grande Zio", alias "Il Primogenito", presero il controllo della Cambogia, da lui ribattezzata Kampuchea, e proclamarono quell'anno "l'Anno Zero" della costruzione di un comunismo rurale e primitivista, capace di purgare tutte le influenza tossiche dell'Occidente che la guerra fra il vicino Vietnam e gli Stati Uniti avevano iniettato in una terra dolce e mite come fino alla guerra la Cambogia era. Dith, che aveva assistito Schanberg nelle sue corrispondenze dalla capitale Phnom Penh e aveva salutato sul New York Times il ritiro degli americani nel 1973 come "l'avvento di un tempo di libertà e di pace per questa regione" dovette constatare direttamente di quale pace e libertà fossero portatori i primitivisti del "Grande Zio". Mentre migliaia, e poi milioni, di cambogiani, venivano tradotti in marce forzate, verso le risaie, i campi, i gulag dove sarebbe stato rieducati a colpi di bambù, di esecuzioni sommarie, di lavoro manuale 24 ore al giorno e diete a base di una ciotola di acqua della bollitura del riso con qualche chicco di grano sparso dentro, il giornalista del Times riuscì a partire. Ma non il suo assistente e fotografo, Dith Pran, macchiato indelebilmente dalla collaborazione con un "imperialista" e quindi sospetto di essere un uomo della Cia, o del Kgb, perché la paranoia di Pol Pot non risparmiava - come vedremo a ragione - neppure i traditori sovietici. Per 5 anni, osservando lo sterminio di un popolo senza altra colpa che di essersi trovato come la noce nella morsa dello schiaccianoci della Guerra Fredda divenuta laggiù rovente, l'ometto che arrivò a pesare 40 chili, sopravvisse, documentò, registrò. E portò in Thailandia, dopo una marcia di mesi nella giungla tropicale, il ricordo di quei killing fields, come lui li battezzò, dei campi della morte dove un terzo della popolazione cambogiana lasciò la vita. Ne uscirono un libro, un film divenuto giustamente famoso, e un premio Pulitzer per Schanberg, che anni dopo sarà licenziato con rabbia dal New York Times che lo aveva confinato al city desk, alla cronaca locale, dove lui fremeva, nell'incurabile sofferenza e irrequietezza del reduce disadattato. Lui stesso vinse importanti premi giornalistici e fotografici, divenne ambasciatore di buona volontà per l'Onu, battendosi per ricordare quella e altre tragedie delle ideologie, dei fondamentalismi di tutte le religioni militanti e dell'odio. Ma soprattutto, Dith Pran, che vide un proprio collega sopravvissuto ai "campi" ucciso in una rapina nel Bronx e fu lui stesso aggredito e derubato uscendo dopo un turno di notte al servizio fotografico del Times (la direzione lo ricollocò nel lavoro di giorno, per evitarsi l'imbarazzo del survivor dei campi della morte ammazzato a Times Square), fu uno dei più devastanti colpi inferti a quei miti del "comunismo asiatico" che prima le Guardie Rosse di Mao e poi i Vietcong di Ho Chi Minh avevano creato, in chi non li doveva vivere di persona. Furono proprio le truppe del Vietnam ormai riunificato sotto il controllo del Nord, spinto da Mosca, a intervenire a spazzare via Pol Pot e i Khmer nel 1978, mentre l'ometto che aveva aperto la gabbia di bambù e svelato il massacro si sposava a New York, aveva tre figli e una decina di nipoti, si vedeva onorato e riconosciuto per quello che era, un eroe modesto della virtù più difficile, la testimonianza giornalistica in prima persona. Nessuno saprà mai esattamente quanti innocenti esseri umani siano stati annientati dalle allucinazioni egalitariste e primitiviste dei Khmer. Si va dai 2 milioni e 300 mila calcolati dal francese Francois Ponchaud agli 800 mila dati dallo stesso Pol Pot. "Noi cambogiani - dirà il fotografo che demolì un silenzio - sappiamo che il corpo è soltanto una scatoletta di legno fradicia, dalla quale l'anima prima o poi volerà via come un uccello finalmente libera" e la sua ultima foto ce lo mostra ormai consunto, ma ancora sorridente. "Mi addolora soltanto non avere mai potuto vedere Pol Pot processato davanti al mondo". Non si era mai considerato un eroe, un martire, forse neppure un giornalista chiamato a chissà quali missioni di verità, ma soltanto uno di quelli che sopravvivono sempre anche al più sistematico e puntiglioso degli stermini. Dith era l'incubo di despoti e dei massacratori attraverso la storia: quello che torna da loro inferno per raccontarci come è fatto.

(31 marzo 2008)


"Caro don Chisciotte, ha proprio ragione Compay Segundo: “El amor de las mujeres no tiene comparasion”! C'è solo un amore che “tiene comparazione” con quello delle vere donne: quello di Dio! Ovviamente perché sono imparentate con Lui!! Per questo le ha create per ultime: perché l'uomo, guardandole, potesse gioire. Le donne che amano hanno un solo desiderio: vederti felice. E per questo si dedicano “tutte”: Gesù direbbe “tutta l'anima, tutta la mente, tutto le forze”; aggiungiamo pure: “tutto il corpo”. Quando ti vedono felice, indossano un sorriso che ripaga al mille per cento. Quando ti sentono infelice, si fanno in otto per sollevarti, e spesso ci rimettono. Lo si vede anche coi figli: quando si dedicano, sembra che non esista più nulla al mondo; e i figli (piccoli!) li ricambiano con uno sguardo speciale, riservato solo a loro. Fortunato l'uomo che ha una donna così: gusta la gioia di essere sorgente di gioia per la persona che ama. Noi maschi non capiamo del tutto certe cose; speriamo almeno di avere la “furbizia” di lasciarci amare! Ed imparare da questo amore incomparabile!"



grazie a S.I.

Mai pensato a un bel tatuaggio?!


E se la mamma non vuole? Un bel soggetto religioso!!

 




 

“Parlare di Risurrezione significa entrare in un campo in cui tutte le parole iniziano a tremare. Sapendo di non sapere nulla, ciò mi risulta ancor più prezioso!”

"Si può capire ancora meglio la parola del Vangelo se si verifica l'elenco dei Dodici che Gesù ha chiamato (Mc 3,13-19): ci si accorge così che essi non sono i migliori, né quelli più garantiti in partenza, ma sono uomini semplici, «normali», eterogenei. A questo episodio della scelta dei Dodici è inevitabile accostare il racconto della parabola del grano e della zizzania (cf Mt 13,24-30). Gesù accetta nel proprio gruppo il «grano» e la «zizzania», accosta il buono e il cattivo per farli convivere insieme. Anche nella nostra vita - come nella storia - c'è una promiscuità di intenti e di risultati, un intreccio che è difficile da accettare e spesso anche da districare. Il bene e il male crescono insieme come il grano e la zizzania: Dio appare come il grande paziente che sa aspettare ed accetta che il grano e la zizzania crescano insieme l'uno accanto all'altra."Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. [...] Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza" (Benedetto XVI). Occorre accettare che questa mescolanza sia presente a tutti i livelli, nella società, nelle relazioni e, in particolare, dentro di noi. Dunque la scelta di Giuda appare come una metafora forte della condizione umana e della sua evoluzione individuale e storica. Il nostro cuore è un terreno di grande ambiguità, dove si trovano appunto tanto il grano quanto la zizzania; entrambi sono destinati a germogliare insieme nel cuore di un'unica persona e separarli è un'impresa impossibile. Meglio: è Dio stesso ad invitarci alla prudenza e alla pazienza; ci consiglia di stare bene attenti a non sradicare l'erba buona con la cattiva, ad aspettare la loro maturazione finale. A ben vedere, l'impazienza è generata probabilmente dall'orgoglio, quello che impedisce di accettare la propria debolezza o i propri limiti, inducendo a perseguire una perfezione terrena che è impossibile. La via della pazienza è comunque difficile: richiede, senza dubbio, amore e costanza, un amore in grado di sconfiggere il male in virtù di un abbraccio onnicomprensivo che supera l'umana concezione del tempo. La prima condizione in cui si sviluppa l'efficacia della pazienza, infatti, è la capacità di attesa; la dilatazione dell'attesa si ha nella speranza, nella fiducia e quindi, in definitiva, nella capacità di amare persino la miseria, il limite. È vero dunque che il regno di Dio cresce, ma non come si desidera, bensì con una logica diversa dalla nostra, una logica sconcertante: la zizzania non va strappata (così come Gesù non ha rifiutato Giuda dal gruppo dei Dodici), anche perché potrebbe diventare grano buono sino all'ultimo istante, proprio in virtù di quell'attesa totale e piena di amore che non esclude mai la svolta, la sorpresa; il male resta male, ma le persone possono cambiare anche all'ultimo istante della loro esistenza; anche quella parte dell'uomo che si chiama zizzania, con la grazia di Dio, potrebbe cambiare radicalmente, in virtù della pazienza divina associata alla libera scelta dell'uomo".

 

S. Stevan, Giuda, 20-21


Faccio parte di quella minoranza (e te pareva!) che non crede

che ci sarà quel "miracolo a Milano" in vista dell'Expo 2015.

Non è stato così per i Mondiali del '90, né per i vari G8 (o G7 o G9), né per il ponte sullo stretto, né per Malpensa, né per la Fiera di Rho-Pero.

Volessero promuovere una città e fare il bene comune,

costruirebbero case popolari, scuole decenti, ospedali pubblici efficienti,

mezzi di trasporto funzionanti, parchi puliti,

oratori e centri di aggregazione per giovani, vecchi e famiglie.

La mia è demagogia? Populismo?

Forse sarebbe meglio sapere quanto e chi ha guadagnato da una guerra che dura da sei anni, e che ha senz'altro fruttato ben più di quanto si è speso

(nessuno, tranne Gesù, è un benefattore a fondo perduto).

Saranno sette anni di "guerra" di mattoni e cemento, impalcature e appalti;

con le rispettive vittime.

Magari così rivitalizzano Malpensa... i privati, però!

Dopo il 2015, quando le strutture andranno ad ammalorarsi,

non ci resta che sperare che diano a Milano le Olimpiadi del 2020.

Per un nuovo miracolo,

che - per sua definizione - non è raggiungibile dalle forze dell'uomo.