2019_07_luglio
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Una volta sognai
di Alda Merini
Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante
con scheletro d’avorio
che trascinava bimbi e piccini e alghe
e rifiuti e fiori
e tutti si aggrappavano a me,
sulla mia scorza dura.
Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore,
molto lenta a capire
e svelta a benedire.
Così, figli miei,
una volta vi hanno buttato nell'acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portati in salvo
perché questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.
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Una piccola storia raccontata dallo scrittore Eduardo Galeano nel suo Il libro degli abbracci. Vi si parla di un bambino, Diego, che viaggia verso sud con il padre per vedere per la prima volta il mare. Quando, dopo molto andare, arrivano alla spiaggia, il mare è là, davanti ai suoi occhi. Era un azzurro e un’immensità ininterrotta senza parole. E il figlio, stringendosi al padre, gli chiese sottovoce: «Aiutami a guardare!».
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«Finalità del testo – spiega il direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia don Silvano Trincanato – è quello di indicare il modo concreto nella nostra Diocesi per corrispondere alla richiesta di Amoris laetitia di aiutare quanti sono in una seconda unione a iniziare un percorso di accompagnamento con la guida di preti e laici preparati, un itinerario di verità, da percorrere sotto la luce calda e amica della misericordia di Dio, sempre immeritata, incondizionata e gratuita».
Il discernimento non sarà esterno all’individuo, ad esempio «nella persona del vescovo o del prete», ma, spiega don Silvano Trincanato, «la coscienza stessa delle persone in nuova unione a cui si affiancano una o più persone, sotto la supervisione di un’equipe e la guida del vescovo». Non un’autocertificazione dunque, ma «un percorso spirituale molto esigente, che si basa sull’ascolto della Parola di Dio e il rapporto con la propria coscienza. Un passaggio non indifferente – sottolinea il direttore dell’Ufficio diocesano per la famiglia – che chiede grande correttezza e formazione, affinché la coscienza delle persone possa scegliere in verità, alla luce della Grazia».
Ogni percorso farà storia a sé, con modalità, tempi e contenuti diversi, “cuciti addosso” alle coppie in nuova unione, alla loro storia e alle loro esigenze particolari. «La scelta di un accompagnamento in equipe, grazie a un gruppo di laici e preti individuato dal vescovo – precisa don Silvano Trincanato – può sembrare macchinosa e poco attenta alla sensibilità delle persone in nuova unione. Essa sottolinea il valore dell’equipe per accompagnare in modo sapiente e non soggettivo, nonché la necessità di persone che conoscano la materia e abbiano competenza nello svolgere il ruolo di accompagnamento. Ciò non toglie che un prete o un laico significativo già coinvolto nell’accompagnamento della coppia venga inserito nell’equipe per quanto riguardo l’accompagnamento della coppia conosciuta».
https://www.difesapopolo.it/Diocesi/La-coscienza-e-la-comunita.-Nota-della-Diocesi-di-Padova-sulle-nuove-unioni-dopo-l-Amoris-Laetitia.-Tornare-in-comunita-ora-si-puo
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Essere vecchi
di José Tolentino Mendonça
Un detto americano dice: 'La vecchiaia non è divertente'. È vero. Essere vecchi è dover ripartire da zero in qualsiasi momento, e farlo molte volte, costretti a reimparare cose basilari, che avevamo anche insegnato agli altri per tutta la vita. Cose semplici (e incredibilmente complesse) come camminare, organizzare i propri spazi, occuparsi del mangiare, uscire di casa, comunicare. Ci si sveglia un giorno, e niente di tutto questo è ovvio come lo era prima. Essere vecchi è fare quel che si faceva, ma molto più lentamente. Essere vecchi è avvertire più spesso la tentazione di rinunciare; e, al tempo stesso, avere l’inspiegabile ostinazione di ricominciare quando non sembrerebbe più possibile.
Essere vecchi è mostrare, nel punto estremo della fragilità, di avere sette vite. Essere vecchi è accettare il presente, sentendo aggirarsi così vicina l’imprevedibilità, e saggiamente riderne. Essere vecchi è fare di più con meno: sapere di poter contare soltanto sulla forza di una mano o sul sostegno di una sola gamba, ma anche così insistere e continuare. Essere vecchi è capire il valore delle briciole, che sono sempre state il nostro grande nutrimento senza che ce ne rendessimo conto.
Essere vecchi è combattere per reggere una conversazione con un quinto del vocabolario, ma con gli occhi che parlano cinquanta volte di più.
in “Avvenire” del 23 giugno 2019
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Per favore, non ditemi più che le nostre autorità mettono al primo posto il valore dei Consigli pastorali e la ministerialità laicale.
Ma... senza questo, quale rinnovamento possiamo sperare?!
don Chisciotte Mc, 8 luglio 2019
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Anche stavolta, c'è chi fa la scimmia cieca, sorda e muta.
E invece c'è chi vede, sente e dice.
don Chisciotte Mc, 4.07.2019
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Non sono né il primo né l'ultimo a dirlo... ma ci sono delle persone che aprono la bocca per dire la prima cosa che pensano (senza competenza né intelligenza) e poi ce ne sono altre che parlano con la testa e la conoscenza. Io ascolto queste ultime. Per esempio, tre giorni fa (non oggi!):
“L’arresto della Rackete – spiega il senatore Gregorio De Falco, ex M5S ora gruppo misto, ad Adnkronos – è stato fatto per non essersi fermata all’alt impartito da una nave da guerra, ma la nave da guerra è altra cosa, è una nave militare che mostra i segni della nave militare e che è comandata da un ufficiale di Marina, cosa che non è il personale della Guardia di Finanza. Non ci sono gli estremi. La Sea Watch è un’ambulanza, non è tenuta a fermarsi, è un natante con a bordo un’emergenza. La nave militare avrebbe dovuto anzi scortarla a terra“.
Prosegue De Falco: “Sea Watch non avrebbe potuto andare in altri porti, il più vicino è Lampedusa e non aveva alcun titolo a chiedere ad altri, sebbene lo abbia fatto. Ha atteso tutto quello che poteva attendere finché non sono arrivati allo stremo; a quel punto il comandante ha detto basta ed è entrata per senso di responsabilità.
È perverso un ordinamento che metta un uomo, o una donna in questo caso, di fronte a un dramma di questo tipo. Quella nave aveva un’emergenza e aspettava da troppo. Fatti gli accertamenti da parte della Procura, dovrà tenersi conto del fatto che non ci sono gli estremi giuridici per tenere in stato di fermo la comandante. Dovrà essere liberata per civiltà giuridica e umana”.
Il comandante De Falco: “Carola Rackete non aveva alcun obbligo di fermarsi, deve essere liberata”
29/06/2019
https://infodifesa.it/il-comandante-de-falco-carola-rackete-non-aveva-alcun-obbligo-di-fermarsi-deve-essere-liberata/
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Immobili ecclesiastici: nuova frontiera per l’innovazione sociale
di Francesca Giani - 1 luglio 2019
Col calo della vocazioni sempre più spesso le proprietà della Chiesa rimangono sotto utilizzate o inutilizzate. Pur mantenendo, per norma canonica, il vincolo sociale. Come riqualificarli senza disperdere la vocazione per cui sono nati? Le non profit avrebbero la carta vincente...
In Italia nel 2016 sono stati chiusi 28 conventi ogni mese, per un totale di 335. Se tale andamento rimanesse costante nel 2046 si arriverebbe alla chiusura di tutti i conventi italiani. Sebbene non sia una predizione del futuro il dato rende evidente che si tratta di un fenomeno consistente. I fedeli, i preti e i consacrati della Chiesa Cattolica italiana stanno diminuendo con la conseguenza che alcuni immobili ecclesiastici risultano sotto utilizzati o inutilizzati. (...)
Oltre alla possibilità della vendita (ammessa ma scoraggiata dal CIC) e alla scelta inopportuna di lasciare inutilizzato un immobile (si ricorda in proposito sia la parabola dei talenti che vede apostrofare come malvagio il servo che non aveva usato il bene a lui conferito - Matteo 25,14-30 -, che l’evidenza che un immobile inutilizzato perde di valore procedendo inesorabilmente verso l’obsolescenza), per gli immobili ecclesiastici privi di uso è presente uno scenario di grande interesse: la valorizzazione immobiliare sociale. Questo è uno degli ambiti di lavoro della Fondazione Summa Humanitate che accompagna gli enti ecclesiastici nello studio di riusi volti al bene comune. La Fondazione cerca, seleziona, affianca nella progettazione partner del terzo settore che abbiano finalità prossime a quelle della proprietà. In termini ecclesiali si parla di dare continuità al carisma della proprietà. In relazione all’ambito immobiliare il tema è quello del riuso e della valorizzazione immobiliare sociale, ambito complesso che necessita di un approccio interdisciplinare (architettura, economia, diritto civile, diritto canonico, ecologica). Attraverso il riuso dell’immobile non si persegue il raggiungimento del massimo profitto, bensì la produzione di valore immateriale offerto dai servizi ospitati nell’immobile, che dovranno comunque avere un equilibrio economico a valere nel tempo. (continua: http://www.vita.it/it/article/2019/07/01/immobili-ecclesiastici-nuova-frontiera-per-linnovazione-sociale/152048/
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Parrocchie senza preti, sfida per i laici
di Sara Melchiori
Uscire dalla logica del 'purtroppo', dal ripiegamento in se stessi e in una nostalgia del passato o in affannose ricerche di riorganizzazioni funzionali, e guardare al «nuovo che avanza » (i cui segnali si registrano da decenni), come kairòs di un cambiamento che ha il sapore della conversione permanente all’annuncio del Regno e all’essere popolo di Dio in cammino. (...) Per il prete significa tornare a incarnare il Vangelo nella vita quotidiana (...) e per il laico: recuperare la sua corresponsabilità nella vita comunitaria, in funzione del Battesimo.
«Per le sfide di oggi – ha chiosato nelle conclusioni il vescovo Domenico Sigalini, presidente del Centro di orientamento pastorale – non occorre solo e soprattutto un prete, ma anche una comunità che veramente evangelizza». L’invito quindi a «lavorare per una forma di chiesa popolare, di parrocchia che si sente trasformata» indipendentemente dal numero dei preti, perché non è il loro numero che fa la Chiesa, «ma il popolo di Dio se, in comunione con il suo vescovo e i suoi preti, sa ridire il Vangelo alle giovani generazioni, sa confrontarsi con le nuove domande, accetta la sfida dell’ateo ribelle e dell’ateo praticante». Quindi superare le logiche difensive e conservative accogliendo l’invito forte che già 'urlò' Giovanni Paolo II: duc in altum, Chiesa prendi il largo! (...) Non si tratta allora di mera ingegneria pastorale (alias lavorare solo per accorpamento di parrocchie a fronte di calo di preti e di fedeli), ma di progettualità, non di tattica dell’emergenza ma di strategia evangelica verrebbe da semplificare: «non mettere un laico al posto del prete per clericalizzarlo; non soffocare nei laici la cura accogliente e generosa dei carismi che Dio ha dato loro per una Chiesa in uscita, riducendo il servizio a mestiere», ma gioco di squadra, sinodalità, apertura della Chiesa alla missione e sbilanciamento sulla vita delle persone. (...)
in “Avvenire” del 28 giugno 2019