"
Cosa siete andati a vedere nel deserto?", domanda Gesù nel vangelo della liturgia di oggi (Lc 7,24). L'ha chiesto ad ogni generazione, lo chiede anche a noi, oggi, a dieci anni dalla morte di padre Carlo Maria Martini.

Era un deserto anche allora, per motivi apparentemente diversi dagli odierni. E ci è stata offerta dell'acqua fresca, freschissima.
"Siete andati a vedere una canna sbattuta dal vento?". No di certo.
"Siete andati a vedere un uomo vestito di porpora e di ori?". No di certo.
"Siete andati a vedere uno che batte l'aria con parole vuote?". No di certo.
"Siete andati a veder un ominicchio, un mezzo uomo?". No di certo.
Un profeta, un padre, un ministro, un servitore, un sapiente.
Un uomo, un figlio di Dio.
Sono pieno di indicibile gratitudine. La balbetto ancora una volta, ben sapendo che tu, padre Carlo Maria, non l'hai mai cercata, come invece fanno spesso quelli che si fanno chiamare fondatori e maestri.
E sento anche una incommensurabile amarezza: dal 1980 al 2012 ci è stato fatto conoscere e ci è stato reso incontrabile su questa terra un grande dono di Dio e la nostra "classe dirigente" l'ha osteggiato, snobbato, rifiutato, sfiorato solo per dovere.
Le hai passate tutte le fasi umane e spirituali della maturazione dell'uomo pensante e credente, padre Carlo Maria, e sicuramente non saresti contento di vedere le reazioni di questo tuo figlio e di tanti altri che ti hanno amato.
Ma - come mi ascoltasti e capisti a suo tempo - mi ascolterai e mi capirai anche oggi, mentre sei illuminato e reso ancora più saggio e bello dalla Parola del Vivente.
dMc, 220831

"Il miglior modo per predire il futuro è crearlo".
dal web

Ci sono degli incarichi istituzionali che vedono come (ir)responsabili sempre le stesse persone da decenni. Magari hanno fatto anche delle opere meritorie; non poche volte hanno combinato poco o niente; può essere che siano dei geni incompresi... Ma tra i segni di una sana differenza creativa, del distacco dal potere, dal lasciare spazio ad altri... non potrebbero spostarsi da lì?! E non mi riferisco principalmente agli incarichi politici o amministrativi.
don Chisciotte Mc, 220820

https://www.youtube.com/watch?v=n-p9fLEHckI

Oh come t'inganni
Se pensi che gl'anni
Non hann' da finire,
Bisogna morire
È un sogno la vita
Che par sì gradita,
E breve gioire,
Bisogna morire
Non val medicina,
Non giova la China,
Non si può guarire,
Bisogna morire
Non vaglion sberate,
Minarie, bravate
Che caglia l'ardire,
Bisogna morire
Dottrina che giova,
Parola non trova
Che plachi l'ardire,
Bisogna morire
Bisogna morire
Bisogna morire
Non si trova modo

Una parte di coloro che portano i propri cari defunti in chiesa per una celebrazione funebre religiosa lo fanno perché forse non saprebbero cosa dire se si trattasse di un luogo pubblico, all'interno di una cerimonia laica. Quando saranno stabilmente presenti anche sul nostro territorio dei "parlatori" capaci di reggere una commemorazione senza dio (certamente con brano musicali e testi profondi e commoventi), la preferiranno.
don Chisciotte Mc, 220822

E' chiaro che alla mia età siamo noi che dovremmo avere maturità, responsabilità, capacità di collegialità nella gestione degli incarichi che abbiamo e delle decisioni che dobbiamo prendere.
Però resta iscritta nella natura umana e nell'essere cristiani la dimensione del "seguire", dell'essere discepoli.
Mi meraviglia e mi disorienta quando "davanti" a me trovo un deserto sotto (quasi) tutti i punti di vista: culturale, biblico, spirituale, pastorale, relazionale, metodologico.
Allora si ringrazia per la bussola ricevuta da Altro attraverso altri e si cammina nel deserto.
don Chisciotte Mc, 220819

(...) "Era sincero, il cardinale Martini, quando diceva che avrebbe avviato in via sperimentale, solo con qualche giovane (così credeva), quella che in futuro sarebbe diventata la Scuola della Parola. Gli avevano infatti chiesto di insegnare loro a pregare con la Bibbia. Alla fine lì accontentò. Non pensava di fare nulla di particolare: semplicemente, secondo lo stile gesuitico, avrebbe aiutato quei ragazzi a leggere pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento.
In realtà, il metodo (lectio, meditatio, oratio, contemplatio, actio), all’epoca sconosciuto ai più nella Diocesi ambrosiana, conquistò non solo il popolo dei giovani credenti, ma anche tanti adulti che se ne appassionarono. Già la prima sera si presentarono in duemila e in poco tempo quel germe di iniziativa ebbe un successo al di sopra di ogni aspettativa: la sera del primo giovedì del mese, giovani provenienti da tutta la Diocesi, dall’ultima parrocchia della Bassa milanese alla comunità di Porlezza in provincia di Como, gremivano il Duomo, le panche non bastavano più, i ragazzi – anche in pieno inverno e col freddo pungente -, si sedevano per terra, nelle navate laterali, sui gradini e intorno ai confessionali, finché fu occupato l’intero presbiterio e lo stesso Arcivescovo si trovò circondato da tanti giovani.
Raccomandava di utilizzare la penna, di sottolineare il testo, le parole-chiave e di “ruminare” quella Parola che dalla mente, passando dal cuore, sarebbe diventata vita. Quando parlava, migliaia di ragazzi (arrivati a cinquemila) erano catturati dalla sua voce e dalle sue parole, e il silenzio era tangibile. Poi una musica di sottofondo accompagnava la meditazione personale. L’esperienza, iniziata nel novembre 1980, proseguì per oltre vent’anni: prima la teneva solo l’Arcivescovo in Duomo, poi si diffuse in tutte le Zone pastorali, condotta da altri preti ambrosiani, mantenendo lo stesso metodo di lectio divina. I testi letti, meditati, pregati e contemplati erano diversi ogni anno: salmi, parabole, beatitudini, brani evangelici…". (...)
https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/martini-in-8-parole-parola-843277.html

Fichier:Grab-frere-roger.jpg — Wikipédia

Jesus Christ, we thank you for the life of our brother Roger on this anniversary of his death. The fire of your love dwelt in him, that love which brings all people together. May the communion between all Christians be the sign of that love. Like our brother Roger, we would like to abandon ourselves to you in trust of heart and to be women and men who prepare peace.
---
Jésus le Christ, nous te rendons grâce pour la vie de notre frère Roger en ce jour anniversaire de sa mort. Le feu de ton amour l'a habité, cet amour qui rassemble tous les humains. Que la communion entre tous les chrétiens soit le signe de cet amour. Comme notre frère Roger, nous voudrions nous abandonner à toi dans la confiance du cœur et être des femmes et des hommes qui préparent la paix.

Gesù è così umano da farci ridere
di Gianfranco Ravasi
"Umorismo evangelico. Questo aspetto della personalità di Cristo è particolarmente evidente nei Vangeli apocrifi, e ce lo rende davvero molto vicino
Quando Amos Oz, uno degli scrittori più liberi e creativi di Israele, pubblicò nell’anno della sua morte, il 2018, un romanzo dedicato a Giuda, il traditore di Cristo, rilasciò questa confessione autobiografica: «Ho letto i Vangeli e mi sono innamorato di Gesù, della sua visione, della sua tenerezza, del suo sovrano senso dell’umorismo», e continuava esaltando il fascino del suo sorprendente insegnamento. Tutto vero, anche per chi non è credente: analoghe parole d’amore, ad esempio, aveva riservato a Gesù André Gide.
Quello che, a prima vista, sembra difficile condividere è l’ammirazione per il «sovrano senso dell’umorismo» di Gesù, tant’è vero che un autore medievale, in un latino icastico, non esitava a dichiarare: "Flevisse lego, risisse numquam". Certo, Cristo ha pianto per la morte dell’amico Lazzaro, ma il verbo greco gheláô, «ridere», risuona nei Vangeli sulle sue labbra solo nelle Beatitudini in una duplice forma provocatoria: «Beati voi che ora piangete, perché riderete… Guai a voi che ora ridete perché sarete nel dolore e piangerete» (Luca 6, 21.25). Anzi, è lui ad essere «deriso» (katagheláô) in occasione dell’episodio della figlia di Giairo (Matteo 9,18-26).
Sorprende, allora, il fatto che - alle soglie della morte avvenuta nel 2020 a 80 anni - uno dei maggiori neotestamentaristi tedeschi, Klaus Berger, autore di un vero e proprio best-seller, "Gesù" (quattro edizioni italiane presso la Queriniana), abbia voluto dedicare un intero saggio all’«umorismo di Gesù». Si tratta di un testo tutt’altro che allegorico, basato su un doppio registro che intreccia l’analisi esegetica, teologica e letteraria a un’ermeneutica molto vivida e creativa, affidata in finale anche a un glossario per evitare equivoci sempre in agguato su un soggetto così mobile.
Ecco, allora, la sua definizione dell’umorismo di Gesù: «Capovolgimento di tutto ciò che è altrimenti percepito come serio, minaccioso e capace di incutere paura. È, perciò, distruzione del potere che si pavoneggia e riaffermazione della libertà». Si intuisce che all’egida di questa categoria si rubricano componenti differenti come il paradosso, l’ironia, la critica, la libertà espressiva, il rischio, l’iperbole. A quest’ultimo proposito il ventaglio s’allarga in modo impressionante, mostrando l’abile uso dell’assurdo da parte di Cristo per scompaginare gli stereotipi.
Partiamo già dal titolo del saggio ("Un cammello per la cruna di un ago? L’umorismo di Gesù") col celebre contrasto tra l’imponente cammello e il minuscolo occhiello dell’ago. Ma si potrebbe continuare a lungo con

Solo chi è capace di dire dei "SI'" convinti,
saprà arrivare ai "NO" necessari.
Solo chi sa pronunciare dei "NO" pieni di significato
potrà affermare dei gioiosi "SI'".
Questa è la caratteristica della indispensabile paternità/maternità.
don Chisciotte Mc, 220809

Se una decisione è presa senza metodo
(e soprattutto senza metodo spirituale),
quasi certamente è sbagliata.
Non c'è niente da fare:
chi ha qualsiasi forma di potere
non ama la sinodalità.
don Chisciotte Mc, 220808

Creatività. Frutto di mente aperta
di Nunzio Galantino
"Due passaggi si rendono necessari per cogliere in maniera corretta il senso della parola creatività. Bisogna prima di tutto prendere atto che il suo concetto si è modificato nel tempo. Dall’essere considerata un’attività riservata alle Divinità o, presso i Greci, alla sola arte poetica, la creatività è passata a indicare l’attitudine di chiunque riesca a concatenare idee, realtà ed emozioni in maniera virtuosa, significativa e sorprendente. Aprendosi allo sprigionarsi dell’energia e della bellezza del nuovo.
E poi, bisogna sgombrare il campo dai principali luoghi comuni che circolano intorno al nostro lemma. Innanzitutto riconoscendo che non vi è opposizione tra creatività e metodo; e che, proprio per questo, la creatività non è questione di un istante. Creatività non è lampo di genio. È piuttosto un processo reale, reso possibile da dinamismo mentale e finalizzato ad offrire qualcosa di nuovo. Può farlo solo chi, presente al suo ambiente, resta aperto ai più disparati stimoli da esso e da altri ambiti provenienti.
Questa virtuosa concatenazione fa della creatività un processo non fine a sé stesso, ma capace di alimentare innovazione e progresso. Attraverso lo sguardo spinto oltre, la scoperta di orizzonti inediti e la cura per interessi autentici, caratterizzati da gratuità interiore. Difficilmente, nella creatività, la pressione esterna può sostituire la passione, che spinge a raggruppare in combinazioni originali elementi vari, anche preesistenti. L’uomo infatti non crea ex nihilo, nonostante l’etimologia della parola creatività contenga la radice sanscrita kar, col significato appunto di fare/creare (dal niente).
Grazie alla curiositas, all’apertura di mente e alla libertà da schemi rigidi e precostituiti, la persona creativa si lascia guidare dalla visione profetica di un mondo che ancora non c’è o non gli è ancora apparso, fino a quel momento. Persone fatte così contribuiscono alla soluzione di problemi complessi nella vita e nelle relazioni. In ogni ambito". (...)
in “Il Sole 24 Ore” del 31 luglio 2022

La penitenza del papa davanti ai canadesi
di Lucetta Scaraffia
"La fatica e la sofferenza di papa Francesco, gravato da molti problemi fisici mentre affronta il viaggio in Canada, hanno trasformato visibilmente l'itinerario in un vero e proprio cammino penitenziale. Del resto il Pontefice è andato in Canada proprio per questo: a chiedere perdono per le torture e gli abusi inflitti ai bambini di origine etnica locale da parte di molte istituzioni cattoliche. La fatica e la sofferenza di Francesco sono ancora più eloquenti delle parole con cui si è rivolto ai rappresentanti di questi popoli. È un viaggio difficile, che rende evidente la dura realtà nella quale si trova oggi la Chiesa cattolica. Cioè in un momento in cui prove e testimonianze dirette degli abusi perpetrati in varie parti del mondo sui più deboli – bambini e donne – stanno incrinando la sua immagine. Abusi così gravi che quasi offuscano le tante cose buone fatte nel mondo da religiose e clero, i quali anche in questi ultimi anni hanno tanto spesso dato esempi eroici della propria fede, pagando più volte con persecuzioni se non con la vita. La scelta penitenziale fatta da Francesco è dunque opportuna e coraggiosa, e non possiamo che ammirare la sua forza di sopportazione. Ma non possiamo esimerci dal domandarci: basterà il suo sforzo a ricostituire la fiducia nell'istituzione ecclesiastica così fortemente scossa negli ultimi anni? La risposta la darà il futuro" (...).
in “La Stampa” del 29 luglio 2022

"Questo è il problema di oggi, di tanti che si dicono “tradizionali”. No, non sono tradizionali, sono “indietristi”, vanno indietro, senza radici. Sempre è stato fatto così, nel secolo scorso è stato fatto così. E l’“indietrismo” è un peccato, perché non va avanti con la Chiesa. Invece la tradizione - diceva qualcuno, credo che l’ho detto in uno dei discorsi -, la tradizione è la fede viva dei morti. Invece per questi “indietristi” che si dicono tradizionalisti è la fede morta dei viventi. La tradizione è proprio la radice di ispirazione per andare avanti nella Chiesa. E sempre questo è verticale. L’“indietrismo” è andare indietro, è sempre chiuso. È importante capire bene il ruolo della tradizione, che è sempre aperta, come le radici dell’albero, e l’albero cresce così... Un musicista aveva una frase molto bella, Gustav Mahler diceva: la tradizione in questo senso è la garanzia del futuro, è la garanzia, non è un pezzo da museo. Se tu concepisci la tradizione chiusa, questa non è la tradizione cristiana. Sempre è il succo delle radici che ti porta avanti, avanti, avanti… Per questo, per quello che tu dici, bisogna pensare e portare avanti la fede e la morale, e finché va nella direzione delle radici, del succo, va bene".
papa Francesco, 29.07.2022


Lo sappiamo bene che il vero problema non è che i preti sono pochi; il problema è quella somma di criticità che va sotto il nome di clericalismo: spirito di casta, impreparazione, mancanza di rigore nella verifica dell'operato, maladistribuzione delle forze, scarso accompagnamento, incapacità di rinnovamento. Il ministero ordinato è un servizio e il servizio si fa con criterio, dedizione, discernimento alla luce della Parola di Dio; quando diventa onorificenza, carriera, improvvisazione, rendita, narcisismo, mondanità... non è più ministero... o non lo è mai stato.

don Chisciotte Mc, 220801