Imprecazioni sì, ma bibliche 
di Gianfranco Ravasi 
(...) Passiamo ora a un caso che provoca sempre sconcerto: la violenza sacra che intride molti racconti biblici e che stria di sangue decine di pagine soprattutto dell’Antico Testamento. La cosa non dovrebbe, però, stupire se si considera la qualità storica della religione biblica a cui sopra accennavamo. Se Dio non è un «motore immobile» aristotelico relegato nella sua trascendenza dorata, ma è un interlocutore in dialogo con l’umanità e in azione all’interno di eventi contingenti, è inevitabile che la sua parola e la sua stessa presenza si rivelino attraverso e all’interno di quel groviglio storico e di linguaggi che sono datati letterariamente, socialmente e culturalmente. 
Il caso che proponiamo è quello dei Salmi imprecatori che – proprio per la loro carica violenta («O Dio, spezza loro i denti in bocca... Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra!», e così via inveendo) – sono stati espulsi dalla liturgia cristiana. Questi Salmi censurati sono indagati e sottoposti a ermeneutica (che sarebbe necessaria per altro anche ai passi violenti del Corano) da un noto esegeta francese, André Wénin, in un viaggio testuale accidentato, ma significativo.
E sempre a proposito di pagine sacre difficili, quanto eros è stato versato sulla figura evangelica di Maria di Magdala che è stata trasformata senza fondamento testuale in prostituta, per essere poi esaltata come testimone del Cristo risorto, resa quasi evanescente come ipostasi gnostica della Sapienza divina, trasfigurata in sposa, regina e persino essere divino, strattonata da Dan Brown e altro ancora. Edmondo Lupieri, docente alla Loyola University di Chicago, grande esperto di alcune figure e testi neotestamentari (il Battista e l’Apocalisse), ha ricomposto i lineamenti evangelici autentici della Maddalena, ha convocato una dozzina di colleghi/e, lanciandoli all’inseguimento delle metamorfosi di quel volto, dall’antichità fino al post-moderno. (...)
André Wénin, Salmi censurati, Dehoniane, Bologna, pagg. 126.
Edmondo Lupieri (a cura di), Una sposa per Gesù. Maria Maddalena tra antichità e postmoderno, Carocci, Roma, pagg. 342.
in “Il Sole 24 Ore” del 25 novembre 2018





«E non dobbiamo avere paura nemmeno della morte, guardate che è più rischioso nascere che morire eh! Non bisogna avere paura di morire, ma di non cominciare mai a vivere davvero. Saltate dentro l'esistenza ora, qui, perché se non trovate niente ora, non troverete niente mai più, è qui l'eternità, e allora dobbiamo dire "SI” alla vita, dobbiamo dire un SI talmente pieno alla vita che sia capace di arginare tutti i no, perché alla fine di queste due serate insieme, abbiamo capito che non sappiamo niente e che non ci si capisce niente, e si capisce solo che c'è un gran mistero che bisogna prenderlo come è e lasciarlo stare, e che la cosa che fa più impressione al mondo è la vita che va avanti e non si capisce come faccia; "Ma come fa? Come fa a resistere? Ma come fa a durare così?"... è un altro mistero, e nessuno lo ha mai capito, perché la vita e molto più di quello che possiamo capire noi, per questo devi resistere. Se la vita fosse solo quello che capiamo noi, sarebbe finita da tanto, tanto tempo, e noi lo sentiamo, lo sentiamo che da un momento all'altro ci potrebbe capitare qualcosa di infinito, e allora ad ognuno di noi non rimane che una cosa da fare: inchinarsi».
Roberto Benigni, I Dieci Comandamenti, Rai 1, 15 dicembre 2014


«Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 42-45).


"La personalità di Ignazio di Loyola è fatta di contrasti, la cui unità si realizza grazie all'equilibrio dell’azione. Rigore della ragione e gusto delle «grandi cose»; fermezza e tenerezza; «determinazione fissa e immutabile come un chiodo vigorosamente piantato» ed estrema flessibilità davanti alle situazioni e alle persone; sguardo sempre rivolto verso ciò che è più universale, e passione quasi scrupolosa per il particolare apparentemente infimo. Il teologo gesuita Hugo Rahner ha affermato che «non possiamo mai parlare correttamente di Ignazio se non per opposizioni dialettiche»".
La via di Ignazio di Loyola. Un ritratto spirituale di «opposizioni dialettiche», di Maurice Giuliani - Quaderno di Civiltà Cattolica 4045 pag. 71 - 83 Anno 2019


«Tutti insieme ci mettiamo in ascolto dello Spirito Santo e con docilità alla Sua guida ascoltiamo il grido dei piccoli che chiedono giustizia. Grava sul nostro incontro il peso della responsabilità pastorale ed ecclesiale che ci obbliga a discutere insieme, in maniera sinodale, sincera e approfondita su come affrontare questo male che affligge la Chiesa e l’umanità. Il santo Popolo di Dio ci guarda e attende da noi non semplici e scontate condanne, ma misure concrete ed efficaci da predisporre. Ci vuole concretezza.
Iniziamo, dunque, il nostro percorso armati della fede e dello spirito di massima parresia, di coraggio e concretezza».
papa Francesco, Incontro "La protezione dei minori nella Chiesa", 21.02.2019

"Non dimenticare che dare gioia dà anche gioia".
Friedrich Nietzsche

«E' difficile riconoscere ad un primo sguardo un cercatore di bellezza. Si nasconde tra i volti della gente comune, si confonde tra di loro anche perché a distinguerlo dagli altri è la propria interiorità.
Il cercatore di bellezza, così come suggerisce la definizione stessa, aspira sempre e costantemente alla bellezza, o meglio ai suoi canoni di bellezza, bellezza che non si esplicita soltanto in un concetto estetico ma che assume molteplici significati. A seconda della circostanza, il concetto si avvicina a quello di ordine, di serenità, di pace, di euforia, di completezza...assume diverse declinazioni anche a seconda della personalità del cercatore e a come si approccia alla vita.
Essi, nella loro diversità, hanno però dei tratti comuni.
Hanno lo stesso sguardo rivolto verso il cielo quando sentono che tutto ciò che hanno intorno li costringe.
Hanno gli stessi occhi che si posano su qualsiasi specchio che incontrino, non per vanità, ma per accertarsi, che ciò che di loro vedono da fuori, corrisponda all'immagine che hanno dentro. Guai se così non fosse.
Questa ricerca costante li porta irrimediabilmente ad approdare all'arte. Che sia


Dio vide tutto quello che aveva fatto e allora creò l’umorismo ebraico
di Elena Loewenthal
Tutto cominciò con una sghignazzata. Breve, sommessa, con una mano che dobbiamo immaginare avvizzita e costellata di macchie scure di vecchiaia davanti alla bocca, nel vano tentativo di passare sotto silenzio quello sfogo di ilarità. Quando infatti, tramite dei viandanti per il deserto che nella realtà del testo sacro sono angeli, l’Altissimo annuncia al patriarca Abramo che sta per dargli un figlio con Sara, che intende cioè aprirle finalmente l’utero tristemente occluso, quella povera donna che in novant’anni suonati di vita ne aveva già viste tante di quelle tante, scoppia a ridere. «Ma figuriamoci!», «Questa è buona!», «Che scherzo di cattivo gusto», e tanto altro dice il sottotesto della prima risata di tutta la Bibbia, frutto della disillusione e dell’amarezza di una donna che non è riuscita a procreare sino a quel momento ed è ormai certa che non ci riuscirà mai più. Altissimo o non Altissimo. Di lì a nove mesi, nello stupore generale, Sara metterà al mondo Isacco, il cui nome in ebraico significa per l’appunto riderà. Dalla tenda di Abramo e Sara in poi, ridere è per i figli d’Israele una faccenda alquanto seria: «Metropolitana di New York. Un nero sta leggendo un giornale in yiddish. Qualcuno si ferma e gli domanda: - Lei è ebreo? -. Oy gevalt (tipica esclamazione di sconforto in yiddish) – risponde – mi ci manca solo quello». (continua)
in “La Stampa” del 9 febbraio 2019

Ci sono temi sui quali è obbligatorio prendere posizione. Come la tratta di persone. Non si può essere neutrali. Se non si è contrari, se non si fa qualcosa contro di essa, si sta contribuendo al fatto che questa tremenda ingiustizia continui ad esistere. Apri gli occhi alla realtà. Apri il tuo cuore alle vittime. “Anche se cerchiamo di ignorarlo, la schiavitù non è qualcosa di altri tempi. Di fronte a questa realtà tragica, nessuno può lavarsi le mani se non vuole essere, in qualche modo, complice di questo crimine contro l’umanità. Non possiamo ignorare che oggi esiste la schiavitù nel mondo, tanto o forse più di prima. Preghiamo per l’accoglienza generosa delle vittime della tratta delle persone, della prostituzione forzata e della violenza”.


“Sperare equivale a vivere: l’uomo, infatti, vive in quanto spera e la definizione del suo esistere è collegata alla definizione dell’ambito delle sue speranze”.
Carlo Maria Martini, Piccolo manuale della speranza. Vivere con fiducia il nostro tempo, 16

L’invenzione del biliardino? Una storia commovente: Alejandro Finisterre guardava i bambini mutilati durante la guerra civile e pensando tristemente che non avrebbero più potuto giocare a calcio…
Alejandro Finisterre nasce nella città di Finisterre – dalla quale prende il cognome – nella regione spagnola della Galizia nel 1919. All’età di 15 anni si sposta a Madrid per studiare. Per potersi pagare la scuola fa ogni tipo di lavoro. 
Pochi mesi dopo l’inizio della Guerra Civile spagnola (1936) rimarrà vittima di uno dei tanti bombardamenti che subì la capitale spagnola. Travolto dalle rovine dell’edificio nel quale si trovava, rimase ferito e venne trasferito in ospedale. Qui, insieme ai numerosi feriti provenienti dal fronte, erano presenti molti bambini colpiti nel corso dei bombardamenti. Molti avevano ferite gravi e, spesso, erano mutilati alle gambe. Alejandro penso che non avrebbero più potuto fare molte cose, come giocare a calcio. Fu allora che gli venne l’idea, prendendo spunto dal ping-pong: creare un gioco di calcio “da tavolo” che potesse essere usato facilmente anche da chi aveva subito gravi mutilazioni. Nacque così il biliardino.

“Svelaci, ti preghiamo, il segreto della tua linea. Innamoraci del tuo esprit de finesse. Preservaci da quelle cadute di stile che mettono così spesso a nudo la nostra volgarità. Donaci un ritaglio del tuo velo di sposa. E facci scoprire nello splendore della natura e dell’ arte i segni dell’ eleganza di Dio.

Santa Maria, donna elegante, liberaci da quello spirito rozzo che ci portiamo dentro, nonostante i vestiti raffinati che ci portiamo addosso, e che esplode tante volte in termini di violenza verbale nei confronti del prossimo.

Come siamo lontani dalla tua eleganza spirituale! Indossiamo abiti con la firma di Trussardi, ma i gesti del rapporto umano rimangono sgraziati. Ci spalmiamo la pelle con i profumi di Versace, ma il volto trasuda ambiguità. Ci mettiamo in bocca i più ricercati dentifrici, ma il linguaggio che ne esce è da trivio. Il vocabolario si è fatto greve. L’insulto è divenuto costume. Le buone creanze sono in ribasso. Anzi, se in certi spettacoli televisivi mancano gli ingredienti del turpiloquio, sembra che cali perfino l’indice di ascolto.”
don Tonino Bello


"Siamo tutti dei migranti, sin da quando il genere umano giunse in Europa 40.000 anni fa, provenendo dal continente africano, dove non soltanto ha avuto le sue origini, ma anche compiuto il suo processo di evoluzione per 100.000 anni. Anche la Bibbia si rivela non a caso una biblioteca infinita di storie di migranti scritte per un popolo migrante, il popolo di Dio, da Adamo fino a Gesù e agli apostoli. Adamo ed Eva devono lasciare la loro prima dimora, il Paradiso. Il resto del libro della Genesi pullula di episodi di fuga e di migrazione. Le grandi storie della Bibbia, come quelle di Giuseppe e i suoi fratelli e di Noemi e Rut, si sviluppano su palcoscenici stranieri. È mentre sono in fuga o in viaggio che Giacobbe, Elia e Giona incontrano Dio. In mezzo ai pericoli del viaggio Tobia sperimenta la protezione dell’angelo Raffaele. Nell’Esodo – mito fondatore ed ethos fondamentale – la fuga attraverso il mare dei Giunchi conduce, di fatto, alla nascita di un popolo. Quale enorme contrasto esiste tra la storia piena di speranza della liberazione dal mare dei Giunchi e

«In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.
In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.
In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.
In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.
In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.
In nome della» fratellanza umana «che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.
In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.
In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.
In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.
In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.
In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio». (continua a leggere:

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/travels/2019/outside/documents/papa-francesco_20190204_documento-fratellanza-umana.html


Il nome sul giornale 
di Gianfranco Ravasi 
«C’è al mondo una cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di sé». Mordace come spesso gli accadeva, Oscar Wilde colpisce un inconfessato desiderio celato nel cuore, quello dell’essere in qualche modo conosciuti, evocati, citati. Ci sono persone che sprecano cifre notevoli per vedere stampato il loro nome sulla copertina di un libro, rassegnati poi a doverlo regalare perché nessuno si sogna di acquistarlo. Qualcuno è pronto persino a sopportare che si sparli di lui, purché se ne parli. 
E forse costui non esiterebbe a ripetere un’altra battuta dello scrittore inglese: «È davvero mostruoso che la gente vada in giro dicendo alle nostre spalle cose assolutamente vere»! Aveva ragione la grande e antica tradizione morale quando metteva in capo alla lista dei vizi capitali la superbia in tutta la gamma delle sue sindromi. Raccontava un edicolante di paese che un uomo veniva tutti i giorni a vedere se il suo nome appariva in qualche giornale locale. Ma, l’unica volta in cui il suo nome campeggiava in un riquadro non si era presentato. Era l’annuncio funebre della sua morte.
in “Il Sole 24 Ore” del 3 febbraio 2019


«Io credo che non ci basti provare ogni tanto un poco di gioia, ma dobbiamo provare gioia nel vivere.
E accanto alla gioia penso anche alla bellezza. Ci fa bene, ci e` necessario assaporare un po’ di bellezza.
I monaci, i bambini e gli innamorati possono farci da maestri per capire cio` che conta davvero. E per dare una direzione alla nostra vita al centro della quale non ci sia la domanda “Chi sei?” ma “Che cosa lasci passare attraverso di te?”, nella speranza di essere strumenti di vita e di amore.
I monaci: ogni giorno dovremmo dedicare mezz’ora alla mente, magari leggere qualcosa, mezz’ora al corpo e almeno camminare, mezz’ora all’anima e starsene un po’ in silenzio e in ascolto. Se non riunifichi mente, corpo e anima ti perdi. Una disciplina interiore ci e` indispensabile.
I bambini: perché i bambini ascoltano con gli occhi, non con gli orecchi. Dobbiamo ricominciare a guardare le persone come fanno i bambini.
Infine gli innamorati: da innamorati si ascolta tutto, si ascoltano i pensieri, i sospiri, i vuoti. Si e` ricettivi su tutto».
don Luigi Verdi