«Sapete, è geniale questa cosa che i giorni finiscono. E’ un sistema geniale. I giorni e poi le notti. E di nuovo i giorni. Sembra scontato, ma c’è del genio. E là dove la natura decide di collocare i propri limiti, esplode lo spettacolo».
Alessandro Baricco


Vi sono persone che - con la loro presenza e il loro stile - trasformano in lucente diamante tutto ciò incontrano;
altre riducono in polvere ciò che hanno tra le mani.
don Chisciotte Mc

«La libertà è uno dei tratti caratteristici della persona matura. Vogliamo riflettere sulla libertà di Gesù: in quale forma e in che misura Gesù è stato uomo libero? La finalità della nostra riflessione è acquisire i criteri per imparare ad esercitare, come Gesù, la libertà dei figli di Dio.
Il cammino della libertà ha avuto tappe anche nell’ambito della specie umana e Gesù certamente rappresenta un momento significativo di questo processo che ha avuto momenti di involuzione o riflusso e ha registrato salti qualitativi molto decisi.
In questo tipo di riflessione è facile cadere nella idealizzazione e attribuire a Gesù tutte le qualità in modo eminente, prescindendo dalle condizioni storiche e dai limiti culturali del suo tempo, che invece devono essere tenuti presenti.
Sarebbe inutile partire da una definizione astratta di libertà per vederne le applicazioni in Cristo. La libertà ha qualità e dinamiche diverse secondo il grado a cui una persona è pervenuta e secondo lo stile della comunità di appartenenza. In questa prospettiva intendiamo esaminare alcuni aspetti dell’esperienza storica di Gesù, partendo dal presupposto della sua volontà umana».
(continua a leggere...)
di Carlo Molari
http://pietrevive.blogspot.com/2018/02/gesu-uomo-libero-di-carlo-molari.html

"Nell’aldilà non vorrei essere “solo con Dio”, ma anche insieme a quelli che ho amato e mi hanno amato, insieme agli altri, all’umanità intera di cui faccio parte e nella quale sono stato concepito e generato, sono nato e cresciuto, vivendo “mai senza l’altro”. La vecchiaia si costruisce insieme, e solo una cultura umanistica che sappia mettere al centro la persona, con le sue fragilità, può aiutare tale edificazione. Ognuno di noi è chiamato “a morire e a vivere insieme”, scrive Paolo, non da solo; quindi, anche ad attraversare la vecchiaia, non in un viaggio solitario nel deserto ma in un itinerario di persone che camminano insieme, anche se il percorso di qualcuno è più breve. Perché non è vero che “gli altri sono l’inferno”, come affermava Jean-Paul Sartre: il vecchio capisce bene che l’inferno è non amare e non essere amati. Anche nella vecchiaia l’amore è sempre da inventare, ma con gli altri, non nella solitudine".
Enzo Bianchi
https://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.com/2018/04/enzo-bianchi-la-rimozione-della.html

«Il vero profeta non è un “profeta di sventure”. Il vero profeta è un profeta di speranza» che aiuta a «risanare le radici, risanare l’appartenenza al popolo di Dio per andare avanti. Non è per ufficio un rimproveratore… No, è un uomo di speranza. Rimprovera quando è necessario e spalanca le porte guardando l’orizzonte della speranza. Ma, il vero profeta se fa bene il suo mestiere si gioca la pelle». 
«Quando il profeta arriva alla verità e tocca il cuore o il cuore si apre o il cuore diventa più pietra e si scatena la rabbia, la persecuzione...». «I profeti, sempre, hanno avuto questi problemi di persecuzione per dire la verità».
«Dirò di più: ha bisogno che tutti noi siamo dei profeti», aggiunge. «Non critici, questa è un’altra cosa. Una cosa è sempre il giudice critico al quale non piace niente, nessuna cosa gli piace: “No, questo non va bene, non va bene, non va bene, non va; questo deve essere così...”. Quello non è un profeta. Il profeta è quello che prega, guarda Dio, guarda il suo popolo, sente dolore quando il popolo sbaglia, piange – è capace di piangere sul popolo -, ma è anche capace di giocarsela bene per dire la verità».  
«Che non manchi alla Chiesa – è allora la preghiera conclusiva di Francesco - questo servizio della profezia, per andare sempre avanti».
papa Francesco, 17 aprile 2018
http://www.lastampa.it/2018/04/17/vaticaninsider/la-chiesa-ha-bisogno-di-profeti-non-di-critici-a-cui-non-piace-niente-cMVELtnHVNKtKmunlnxGzM/pagina.html

O Dio, Padre di tutti gli uomini, per te nessuno è straniero, nessuno è escluso dalla tua paternità; guarda con amore i profughi, gli esuli, le vittime della segregazione, e i bambini abbandonati e indifesi, perché sia dato a tutti il calore di una casa e di una patria, e a noi un cuore sensibile e generoso verso i poveri e gli oppressi.

O Dio, che hai voluto che il tuo Figlio donasse la vita per radunare l’umanità dispersa, accogli la nostra offerta e per questo sacrificio eucaristico, segno di unità e di pace, fa’ che tutti gli uomini si riconoscano fratelli.

O Dio, che ci hai nutriti con l’unico pane e l’unico calice, suscita in noi uno spirito nuovo di umana comprensione e di ospitalità evangelica verso i nostri fratelli lontani dalla famiglia e dalla patria, e fa’ che un giorno meritiamo di ritrovarci tutti insieme nella tua casa.

O Padre, che hai mandato il tuo Figlio a condividere le nostre fatiche e le nostre speranze e hai posto in lui il centro della vita e della storia, guarda con bontà a quanti migrano per lavoro lungo le vie del mondo, perché trovino ovunque la solidarietà fraterna che è libertà, pace e giustizia nel tuo amore.

Padre santo, che da ogni lingua e nazione hai voluto creare un solo popolo nuovo, fa’ che la comunione al corpo e al sangue del tuo Figlio ci liberi da ogni egoismo e divisione, e ci trasformi in una comunità di fratelli uniti nello stesso spirito.

«Avete soffocato l’afflato rivoluzionario di Maria di Nazareth, esaltandone il divino e mettendo da parte la sua umanità. Maria è donna, donna sola con un figlio, vedova in un tempo in cui la vedovanza era un abominio. Era un’ebrea in una terra oppressa dai Romani, rifugiata in Egitto per sfuggire alla persecuzione. Maria fu una profuga. Madre affannata, che spese la vita a seguire un Figlio che talvolta non capiva (Mc 3,21), un folle, suo figlio. Maria, donna libera, che segue per le vie della Palestina il figlio, viaggiatrice, teologa, scrutatrice. Maria donna dell’assemblea, che presiede la celebrazione della Pentecoste secondo i costumi del suo popolo. Statue e immaginette l’hanno legata, rappresentata in posa statica tra nubi e lune, lei che spese tutta la sua vita a camminare, il cui cuore non conobbe tregua. Donna dai sandali consunti per le passeggiate montane, per far visita alla sua parente, per annunciare. Ed è per questo che con tutto il cuore la chiamo “Madre!”. Come la mia mamma era una lavoratrice instancabile e donna del popolo».
mons. Oscar Arnulfo Romero

«Vi auguro di essere eretici.
Eresia viene dal greco e vuol dire scelta. 
Eretico è la persona che sceglie e,
in questo senso, è colui che ama la verità e ama anche la ricerca della verità.
E allora io ve lo auguro di cuore questo coraggio dell’eresia. 
Vi auguro l’eresia dei fatti prima che delle parole, 
l’eresia della coerenza, del coraggio, 
della gratuità, della responsabilità e dell’impegno.
Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri. 
Chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è.
Eretico è chi non si accontenta dei saperi di seconda mano,
chi studia, chi approfondisce,
chi si mette in gioco in quello che fa.
Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, 
chi non si rassegna alle ingiustizie. 
Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.
Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza.
Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio».
don Luigi Ciotti

Se l'omelia è un po' astrusa... 
di Anne Soupa 
Se l'omelia vi annoia, o se non capite bene dove vuole arrivare il predicatore, divertitevi a decriptarla. Tentate di comprendere i presupposti che si nascondono dietro un discorso tanto contorto da dissimulare le intenzioni di chi lo pronuncia. (...) Dietro la scelta delle parole, delle immagini, delle domande, si rivelano scelte teologiche che meritano di essere decriptate perché sono in rapporto con un modo di essere al mondo e a Dio. (...)
Il bisogno imperioso di certi predicarìtori di fare la morale, di far nascere sensi di colpa negli ascoltatori. Perché sminuire il proprio interlocutore, se non per esercitare un'influenza su di lui? Conosciamo bene la “pastorale della paura”, messa in luce dallo storico Jean Delumeau. Nel Medio Evo, era la paura dell'inferno quella che doveva riportare i fedeli smarriti sulla retta via dell'obbedienza. Oggi sono rari coloro che temono le fiamme dell'inferno. Ma ancora troppi sono coloro che, confusamente, si credono colpevoli e si lasciano convincere di essere cattivi, di fare tutto in modo sbagliato, di dover assolutamente “cambiare”. 
Dopo aver instillato il dubbio della colpevolezza, gli stessi predicatori vi servono il piatto dell' “obbedienza” e della “volontà del Padre”. Ripetuti all'infinito se necessario. Fino a sottolineare tratti inusuali. (...)
Ecco due “deformazioni” frequenti che è bene avere in mente. Attenzione agli intristiti che

La nuova politica urlata. E noi credenti dove eravamo?
di Daniele Rocchetti - 28.06.2018
In tanti mi chiedono cosa penso dell’attuale situazione politica del nostro Paese. Ogni volta rispondo che ciò che è avvenuto alle scorse elezioni è il risultato di uno sconquasso antropologico, uno strappo radicale in atto nelle nostre comunità da molto tempo. Bisognava essere, più o meno consapevolmente, miopi per fingere di non vederlo. Nella dialettica politica, si potrà, prima o dopo, arginare o ribaltare, a seconda dei punti di vista, il risultato elettorale. Ciò che è in gioco però è qualcosa di molto più profondo e sbaglia chi pensa che possa essere cambiato a breve. La barbarie delle parole, gli slogans urlati, le prese di posizione disumane esibite e sdoganate in cosi breve tempo, il consenso largo – anche di tanti che frequentano le eucarestie domenicali –  attorno a tutto questo,  stanno a dire di una ricucitura di un senso condiviso e una ricostruzione dell’umano che avranno bisogno di tempi molto lunghi.
I grandi assenti
Mi viene però da chiedermi: come cristiani, dove eravamo? Dove eravamo quando con sistematica cura veniva gettato il discredito sulla politica e sui politici? Dove eravamo quando si parlava di bene comune e in realtà si salvaguardano i beni personali e di famiglia? Dove eravamo quando abbiamo pensato che si poteva barattare il silenzio in cambio di favori nei nostri riguardi? Dove eravamo quando si indebolivano le istituzioni sfiduciandole o gestendole in modo personale? Dove eravamo quando questioni complesse venivano banalizzate con slogans?  Dove eravamo quando il Paese aveva bisogno di pensiero, di classi dirigenti e di sguardi lunghi?  Dove eravamo quando abbiamo permesso di ridurre le persone a numero, i volti a cifre, le vite a problemi?  Dove eravamo quando non abbiamo aiutato a comprendere la differenza tra percepito e reale? Dove eravamo quando stereotipi negativi, pregiudizi e parole razziste si insinuavano sotto traccia in modo ambiguo? Dove eravamo quando

«Quanti secoli la Chiesa ha mantenuto l'istituto della schiavitù, la guerra? Il razzismo, vive ancora in terreni cristiani, nelle scuole cattoliche. Perché abbiamo tradito il Vangelo così? Che ormai son venti secoli che è contraffatto, perché facciamo il Vangelo sulla nostra misura invece di far noi sulla misura del Vangelo. Tutta la cristianità deve testimoniare il Vangelo, così come Cristo lo ha predicato, nella su integrità, nella purezza, nella sua genuinità. Allora guardate che non c'è schiavitù, razzismo o guerra. Dobbiamo approfondire il Vangelo nella vita, nella meditazione. Non è più possibile vivere da spettatori, senza tradire il nostro battesimo».
«Ora che la messa non è più come diceva il cardinal Bevilacqua - scherzando - una schiena di prete che cambia colore di domenica in domenica, coperta ora di verde, ora di viola, ora di bianco. Almeno siamo invitati a metterci faccia a faccia col nostro popolo. E a parlare la sua lingua, non possiamo più dire "orapronobisblablablaaa.. amen!" Non possiamo più fare così. In una scuola elementare di Bologna un bimbo, disse che gli piaceva molto la nuova messa, ma il prete non sapeva leggere. E dobbiamo ormai sentire la necessità di prepararci, cioè prima di leggere un Vangelo un'epistola dobbiamo leggercela prima, non possiamo improvvisare la lettura, la celebrazione. Le forme ci chiedono una preparazione, ma guai se noi prendessimo la liturgia come un ritualismo sia pure composto sia pure decoroso, arriveremo ad essere farisei, puliti, ma non arriveremmo ad essere cristiani».
«L'evangelizzazione dei poveri - diceva Lercaro - è il segno del Messia, quindi con una povertà anche effettiva. Che non è solo povertà di denaro però, è anche una povertà di potere che la Chiesa deve cercare, deve avere. La Chiesa è tentata anche di cercare un potere terreno, una capacità di influenza, il senso della povertà nella Chiesa deve abbracciare tutto questo».
E aggiungeva: «Pensate un poco se negli ultimi decenni del secolo scorso quando gli apostoli del socialismo portavano la loro predicazione nelle nostre campagne... se il clero, avesse capito che

Domanda. Esercizi di «curiositas» 
di Nunzio Galantino 
Dal latino de-mandare (affidare o raccomandare), la domanda è un enunciato col quale si esprime il desiderio di conoscere e di sapere qualcosa fino – afferma qualcuno – a poterla dominare. Sempre comunque la domanda nasce dalla curiositas. Essa infatti è insieme desiderio di conoscenza, voglia di ricerca e bisogno di crescere in sapienza. «Potete giudicare quanto intelligente è un uomo dalle sue risposte. Potete giudicare quanto è saggio dalle sue domande» (N. Mahfouz). 
In generale la domanda presuppone un atto di fiducia verso il rispondente che si ipotizza “domini” un pezzo di conoscenza maggiore e/o a un livello più approfondito. Più autorevole è il rispondente maggiore spessore avrà la risposta e più ampio diventerà il perimetro della domanda successiva. 
Il rispondente non è sempre e comunque una persona. Alcune domande, soprattutto quelle che nascono vivendo, trovano risposta solo nella vita, innescando dinamismi virtuosi che fanno amare e non temere ciò che afferma Charlie Brown: «Quando pensi di avere tutte le risposte, la vita ti cambia tutte le domande» costringendoti – aggiungo io - a ricominciare. Lo farai però solo se sei una persona aperta e libera interiormente, capace di meraviglia di fronte al nuovo che sempre raggiunge il cuore e la mente delle persone libere. (...) Mi pare interessante sottolineare il desiderio di conoscere che caratterizza soprattutto i piccoli. Le domande infatti affiorano più facilmente quando il cervello è sgombro da preconcetti e libero da ideologie e quando il cuore è aperto alla realtà e pieno di fiducia verso il rispondente. 
Il piacere della domanda e quindi la voglia di sapere non possono farsi strada in chi pensa di dover sempre dimostrare di sapere tutto e di bastare a se stesso. La domanda è apertura di credito verso la conoscenza/esperienza dell’altro e nei confronti della sua affidabilità. (...) «La cosa importante – afferma comunque A. Einstein - è non smettere mai di domandare. La curiosità ha il suo motivo di esistere. 
Non si può fare altro che restare stupiti quando si contemplano i misteri dell’eternità, della vita e della struttura meravigliosa della realtà. È sufficiente se si cerca di comprendere soltanto un poco di questo mistero tutti i giorni. Non perdere mai una sacra curiosità».
in “Il Sole 24 Ore” del 27 maggio 2018