2018_06_giugno
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« (...) Non di rado coloro che hanno qualcosa da rimproverare al re, ai principi, ai profeti e al popolo vengono definiti «traditori» dalla maggioranza della propria gente e da chi la governa. Data una rapida occhiata a quella categoria lì, di quelli che sono sempre pronti a puntare il dito, nella Gerusalemme di duemila anni fa e più, di coloro che ce l’avevano con il profeta Geremia, mi sono sentito proprio a casa…
"Chi è il traditore?" è una domanda che mi turba sin da quando ero bambino. Sono stato chiamato "traditore" tante di quelle volte, in vita mia. La prima è successo quando avevo appena otto anni, l’ultima spero che debba ancora venire. "Chi è il traditore?" mi domando. (...) Talvolta, agli occhi di coloro che non cambiano e non sopportano il cambiamento, che non capiscono il cambiamento, che hanno una paura tremenda del cambiamento, che odiano coloro che cambiano, il traditore è semplicemente la persona che cambia, che è capace di cambiare. (...)
Ogni tanto, solo ogni tanto, il traditore è colui che ama veramente. "Fedeli sono le ferite di chi vuol bene" (Proverbi 27, 6)».
Amos Oz, La Stampa 21.06.2018 - leggi tutto l'articolo:
http://www.agenziacomunica.net/2018/06/22/amos-oz-elogio-dei-traditori-spesso-vengono-chiamati-cosi-gli-uomini-che-sono-capaci-di-cambiare/
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“Mi piace una Chiesa inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta con il volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà”.
Papa Francesco, Discorso all'incontro con i rappresentanti del V Convegno nazionale della Chiesa italiana, 10/11/2015, Firenze
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Concordia. Cuori ed emozioni in sintonia
di Nunzio Galantino
La parola italiana e latina concordia deriva, nel suo significato, da concors (cum “con” e cor “cuore”). Essa - attraverso il riferimento al cuore – certifica la conformità/corrispondenza profonda di voleri e di sentimenti e di obiettivi tra realtà, situazioni e soprattutto persone, nelle loro scelte e nei loro progetti. (...) È corrispondenza che permette ai pensieri, alle emozioni, alle abitudini, anche ai difetti - delle persone concordi - di intrecciarsi fino a non potersi più separare.
La dea Concordia nella mitologia romana (corrispondente ad Armonia nella mitologia greca) viene rappresentata come donna seduta tra due uomini nel gesto di agevolarne la stretta di mano. (...)
La concordia, conservando il suo significato, diventa “concordanza” quando la si applica a una lingua, scritta o parlata. Senza le norme che regolano le parti di un discorso (articolo, nome, aggettivo, pronome, verbo) rendendolo armonioso e comprensibile, non ci si capirebbe. La singola parola pronunziata o il singolo strumento che suona rendono certamente meno di quanto rendono insieme ad altre parole e ad altri strumenti. Insieme esprimono significati più completi e costruiscono armonie più ricche. (...)
in “Il Sole 24 Ore” del 24 giugno 2018
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«Noi facciamo di tutto per non accettare qualcosa che ci appare scandaloso nella sua immensità. Meglio distogliere lo sguardo, meglio non prestare ascolto al grido terribile del mondo. Finché non abbiamo il coraggio di sentire e vedere, però, nessuna mediazione è possibile. Prevale così la paura, che è principalmente paura della pace. Le società contemporanee sono costruite sull’angoscia, che è ormai divenuta un sentimento planetario e, quindi, una minaccia per la nostra stessa sopravvivenza. Se vogliamo vivere, dobbiamo imparare a mediare, anzitutto accettando il paradosso che sta alla radice della mediazione: partire dal conflitto per arrivare alla pace. È un cammino di conversione e, in quanto tale, ci chiede di credere nella possibilità che anche il male si trasformi in bene. La mediazione è un atto di speranza, che trae la sua forza dalla consapevolezza di essere sempre più vicini al fondo dell’abisso. Potrà sembrare strano, ma è proprio mentre si precipita che si aprono gli occhi, scoprendo la bellezza di uno sguardo nuovo. (...) La giustizia retributiva, di norma, non prevede alcun elemento relazionale e proprio per questo è inadatta ad affrontare i cambiamenti di cui siamo testimoni. Presto o tardi, una giustizia che abbia nella legge la sua unica espressione si trova a disumanizzare l’altro».
Jacqueline Morineau, su "Avvenire" del 27.05.2018
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Prossimo.Chi condivide il nostro destino
di Nunzio Galantino
Prossimo è sostantivo, ma anche aggettivo. In entrambi i casi conserva il significato derivante dal latino proximus ( forma contratta di propissimus, superlativo dell’avverbio prope), con il significato di vicinissimo. Una vicinanza non solo di carattere spazio-temporale, come può essere qualcosa che sta a breve distanza da qualche altra cosa, o un evento destinato a realizzarsi nell’immediato futuro.
La parola prossimo può riferirsi e di fatto si riferisce anche ad altro. (...)
Vivere la prossimità allarga gli orizzonti, crea situazioni nuove e relazioni impreviste. «Guardandoti dentro – scrive lo scrittore peruviano S. Bambarén - puoi scoprire la gioia, ma è soltanto aiutando il prossimo che conoscerai la vera felicità».
La “prossimità” che va al di là della vicinanza fisica o parentale può essere intercettata e vissuta solo da chi è disponibile a farsi carico dell’altro che, per il fatto stesso di esistere e di incrociare la sua con la mia storia, interpella.
A volte il prossimo è portatore di un bisogno materiale. Molte altre volte è portatore di desideri o di voglia di partecipazione. Spesso il prossimo esprime il bisogno di condividere un comune destino.
Sempre comunque pone domande di senso, anche silenziose, per la propria e per la vita di chi lo riconosce come prossimo e gli fa spazio dentro di sé. (...)
Questi uomini e donne, benché fisicamente lontani, sono “prossimo” che interpella perché, come recita un proverbio del Sud Africa: «Siamo ciò che siamo anche grazie agli altri».
in “Il Sole 24 Ore” del 10 giugno 2018
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Il vescovo di Leiria-Fátima, António Marto, recentemente insignito della porpora cardinalizia, ha scritto una lettera pastorale dal titolo “Il Signore è vicino a coloro che hanno il cuore ferito” (Sal 34,19). In essa sono definite le “Linee guida per una maggiore integrazione ecclesiale dei fedeli divorziati nel vivere la nuova unione”. Il neoporporato richiamata i contenuti di fondo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia – in particolare il capitolo VIII –, declinati soprattutto sul versante pastorale. Alla lettera mons. Marto ha allegato una “Guida pratica per l’accompagnamento nel cammino di discernimento” allo scopo di sostenere le persone o le coppie e i pastori che le accompagneranno. E avverte che, nello stilare queste linee, si è ispirato alla lettera pastorale dell’arcivescovo di Braga, Jorge Ortiga.
Qui l'articolo: http://www.settimananews.it/pastorale/divorziati-risposati-vi-propongo-cammino/
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«Non si può amare un’idea se non si è amata prima una persona.
Non si può.
È proprio impossibile».
Luciana Castellina
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«Mi chiedo a mia volta pubblicamente come si potrebbero allora definire certe critiche asfissianti e senza fondamento, certi enfatizzati “dubbi” che su media vecchi e nuovi vengono agitati senza carità e senza verità, certi attacchi persino volgari che – anche usando le parole di quella sua intervista a tutt’oggi non smentita – vengono portati contro Francesco, che della Chiesa è il Papa. Chi si scuserà per aver alimentato, anche attraverso una «rete “arcigna e ciarliera”» distesa attraverso internet, confusione e divisione nella Chiesa e contro il Successore di Pietro? Chi riparerà, e come?».
Marco Tarquinio
Qui la richiesta del card. Burke e la risposta del diretttore di Avvenire: https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/una-protesta-del-cardinal-burke-e-sue-parole-mal-usate-e-non-smentite
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Quanto sono lontani i punti S, D, V, N dal centro? La distanza è identica.
Certe posizioni, sia che provengano da Sinistra che da Destra, dal Vecchio che dal Nuovo, sono sempre lontane-vicine da quel Gesù che ci è stato rivelato dai Vangeli.
don Chisciotte Mc
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Una pubblicità efficace: le note del volo del calabrone... dopo l'utilizzo dello spray!
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Immagini di preti novelli della nostra diocesi + un simpatico gruppo di giovani canonici.
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Ieri la rassegna dei post dei miei "amici di FB" ha visto casualmente affiancati - nell'ordine cronologico di due amici diversi - i volti di un bambino e di una donna in una posa praticamente identica, ma con due mondi interiori ed esteriori completamente diversi. Così è la vita.
don Chisciotte Mc
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«L’unica ragione per cui la Bibbia non inserisce le chat dei genitori tra i flagelli divini — in ordine alfabetico vengono subito dopo le cavallette — è che neanche gli estensori di quel testo pur così ispirato potevano immaginare che gli esseri umani si sarebbero spinti tanto in là».
Massimo Gramellini, La Stampa, 9.06.2018
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«Mio padre mi diceva sempre che se è vero quello che qualcuno ti vuol dire, lo si vedrà dal fatto che te lo dirà con amore e, quando te lo dirà, sperimenterai un rapporto bello con quella persona».
M. I. Rupnik, "L'autoritratto della Chiesa", 19
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Che meraviglia: sembra fermo ma in realtà si muove, si srotola... fino a trovare la sua posizione! Quella articolata con gli altri petali!
don Chisciotte Mc
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«Non c'è nessun luogo in cui i volti delle persone sono così inespressivi come in chiesa durante le prediche!».
François Mauriac
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Il primato della parola e dell'ascolto
di Enzo Bianchi
Quando cerchiamo di leggere la relazione tra parola di Dio e popolo di Dio ci risulta evidente che, oggi, tale legame è garantito quasi esclusivamente dalla liturgia eucaristica domenicale, in cui la proclamazione della Parola e l'omelia del presbitero che presiede l'assemblea raggiungono gli orecchi dei fedeli ascoltatori.
Nonostante la fine dell'esilio della Bibbia dalla comunità cristiana avvenuta con il concilio Vaticano II, non è ancora maturata l'assiduità personale con la parola di Dio, tramite la lettura o la lectio divina al di fuori del contesto liturgico. Restano pochi quelli che, ogni giorno, attingono al Vangelo per nutrire la loro vita di fede e per orientare il loro agire nella storia e nel mondo. In pochissime comunità la lectio divina comunitaria settimanale e l'omelia nella liturgia eucaristica sono articolate come due momenti distinti, con una propria forma, un proprio stile, un'adeguata collocazione nel ritmo liturgico.
È importante interrogarsi su come l'omelia è fatta e recepita, essendo un atto decisivo, la cui efficacia e ricezione plasmano la fede e la vita dei battezzati. Che cosa ci sembra urgente precisare? Oggi — va riconosciuto — quasi tutte le omelie vogliono essere ispirate dalle letture liturgiche, in particolare dal Vangelo, e tuttavia poche sono realmente capaci di essere euanghélion, buona e bella notizia per gli uomini e le donne del nostro tempo.
E' vero: è sempre meno attestata un'omelia segnata dal letteralismo, dove cioè la lettera del testo è ridetta senza la fatica dell'interpretazione e del discernimento. È ugualmente rara l'omelia che attraversa i testi come siti archeologici, fermandosi in modo noioso alla redazione o all'analisi storico-critica. Si è, però, ancora lontani dall'assunzione della parola di Dio comprensibile solo nella storia e nell'ascolto del mondo. Il predicatore deve, innanzitutto, essere un ascoltatore non solo del Signore che parla nelle Scritture ma anche del popolo destinatario della Parola, qui e ora.
Nell'Evangelli gaudium papa Francesco ha dedicato un'ampia sezione all'omelia (135-175), talmente ampia da sembrare sproporzionata rispetto all'intera Esortazione, ma l'ha fatto nella consapevolezza del cambiamento necessario in questa diaconia della Parola. Tutto il suo insegnamento ruota attorno alla necessità che il predicatore, evangelizzato dalla Parola, sia un evangelizzatore capace di esortare il popolo. Francesco fornisce anche indicazioni molto pratiche sia per la preparazione, sia per il linguaggio e lo stile da adottare.
Ma ciò che mi pare più rilevante nella sua Esortazione sull'omelia è una duplice urgenza: primato della Parola e primato dell'ascolto concreto, quotidiano. Ascolto sia della comunità che è "profetica", capace di sensus fidei, sia dell'umanità che attende una parola in grado di rendere sensata la vita di ciascuno.
Cosa occorre, dunque, affinché
Leggi tutto: "Se non c'è buona notizia, non c'è Vangelo, anche se si predica sul Vangelo!"
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Quando il santo «fa ridere». Il buonumore apre il cielo
di Riccardo Maccioni
Forse la sintesi migliore è nel benvenuto di Domenico Savio a un nuovo amico d’oratorio. «Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nel fare bene il nostro dovere». Se una qualità non può mancare nel “bagaglio” del cristiano, questa è la gioia, di cui il buonumore è specchio, marchio di riconoscimento, immagine esteriore. (...) Non si tratta tanto di ridere delle difficoltà ma, ed è più difficile, di affrontare le prove con la sapienza, con il giusto distacco di chi vive nel mondo senza essere schiavo delle sue logiche. Il santo – scrive papa Francesco nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate «è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo. Senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza». Un atteggiamento che si impara frequentando la scuola della leggerezza, impegnandosi nello sforzo, a volte davvero eroico, di limitare le ingombranti esigenze del proprio io, le pesantezze dell’egocentrismo. «Gli angeli possono volare perché prendono se stessi con leggerezza», recita una folgorante riflessione di Gilbert Keith Chesterton, che aggiunge: «È facile essere pesanti e difficile essere leggeri. Satana è caduto per la forza di gravità». (...) Il santo è per così dire uno specialista nell’arte, ardua e impopolare, del togliere, del levare, del liberare spazi occupati dalle certezze effimere, per lasciare posto alla vita dello Spirito. È un profeta del ritorno all’essenziale, uno speleologo nelle profondità dell’uomo, alla ricerca di ciò che conta davvero. E questa capacità di andare oltre, gli consente di cogliere i semi di eternità già quaggiù, di vivere con il cuore proiettato a quello che ci attende dopo. Immerso nel presente sì, ma senza farsene travolgere, nella consapevolezza che ciascuno è una parte del mondo senza esserne il centro. Non a caso “umiltà” e “umorismo” hanno un’origine comune, vengono entrambi da “humus”, terra. Chi non si fa condizionare dalla superbia, chi non ne diventa ostaggio capisce che esiste qualcosa di più grande di lui, e del suo io. Di cui anzi impara a sorridere. Il buonumore dei santi nasce proprio dalla capacità di non prendersi troppo sul serio, il loro pensare positivo dal sapere che ci attende un destino da risorti. (...)
in “Avvenire” del 27 maggio 2018
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Sinodalità, nel Dna della Chiesa
di Stefania Falasca
«L’attuazione della sinodalità esige che alcuni paradigmi spesso ancora presenti nella cultura ecclesiastica siano superati, perché esprimono una comprensione della Chiesa non rinnovata dalla ecclesiologia di comunione». È quanto afferma l’ultimo documento dato alle stampe dalla Commissione teologica internazionale - «La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa» - approvato dal Papa e dalla Congregazione per la dottrina della fede. Un testo che considerando a tutto tondo la sinodalità come «dimensione costitutiva della Chiesa» intende offrire alcune linee utili all’approfondimento teologico insieme a qualche orientamento pastorale riguardo alle implicazioni che ne derivano per la missione della Chiesa.
«Sinodo – precisa il documento – è parola antica e veneranda nella Tradizione della Chiesa» e si dispiega sin dall’inizio della sua storia «quale garanzia e incarnazione della fedeltà creativa della Chiesa alla sua origine apostolica e alla sua vocazione cattolica». La sinodalità indica perciò lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice.
E se in conformità all’insegnamento della Lumen gentium papa Francesco ha rimarcato in particolare che la sinodalità «ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico» e che, in base alla dottrina del sensus fidei fidelium, tutti i membri della Chiesa sono soggetti attivi di evangelizzazione», ne consegue che la messa in atto di una Chiesa sinodale è presupposto indispensabile per un nuovo slancio missionario che coinvolga l’intero popolo di Dio. Ma a oltre cinquant’anni di distanza, molti - precisa il testo - restano i passi da compiere nella direzione tracciata dal Concilio. Oggi, anzi, «la spinta a realizzare una pertinente figura sinodale di Chiesa, benché sia ampiamente condivisa e abbia sperimentato positive forme di attuazione, appare bisognosa di
Leggi tutto: Superare finalmente un vecchio modo di pensare la Chiesa