(...) "Sembra di risentire Carlo Maria Martini, che amava quei luoghi: «*Ci sarà la pace quando capiremo il dolore degli altri*». Questa storia risplende, come una piccola luce nel buio.
L’orrore avvolge la Terra Santa — terra insanguinata, violata, oltraggiata — e tutto lascia pensare che non finirà presto: poveri figli di Abramo. Settimane, mesi, anni, che vanno ad aggiungersi a tanti altri anni, a qualche illusione e infinite delusioni. *I protagonisti sembrano interessati a infliggere dolore, più che a comprenderlo*. (...)
La difficoltà di capire il dolore degli altri non riguarda solo chi si trova dentro il conflitto. *Riguarda tutti noi, ed è perfino più grave perché non ha neppure l’attenuante della disperazione*. (...)
Alla base, anche qui, c’è l’incapacità di capire il dolore degli altri.
In giornate come queste, se il cuore non aiuta, la mente si perde. Diventa difficile pensare, faticoso comprendere, impossibile giudicare. A quel punto ci si muove con il vento, che soffia da ogni direzione: basta un’opinione televisiva, un’immagine in rete, una notizia sui social e ci si lancia in accuse sballate e difese grottesche. *Sarebbe più onesto limitarsi a dire, come papa Francesco: "La guerra è una sconfitta per tutti"*.
Se ci abituiamo all’orrore, finiremo per non provarlo più. Il dolore non è dispiacere. È molto più serio, più grave, più istruttivo".
Beppe Severgnini, 2.11.2023
«Ci sarà la pace quando capiremo il dolore degli altri»
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