(...) "Se viviamo bene la dinamica degli Esercizi, questa assimilazione, nelle nostre concrete esistenze umane, della vita di Cristo avverrà spontaneamente. La nostra contemplazione sarà, secondo la felice espressione del teologo americano Walter Burghardt, «un lungo sguardo amoroso al reale»[14]. Ci accosteremo ai misteri della vita di Cristo e alle nostre esperienze con lo stesso sguardo contemplativo. Avrà luogo così una sorta di reciprocità, per cui osserveremo l’esperienza esistenziale di Cristo attraverso la lente della nostra, e la nostra esperienza vitale attraverso la lente di Cristo.

Questa è la conditio sine qua non per una buona e sana elezione. Il nostro mondo e la nostra vita sono la materia prima di ogni elezione, mentre Cristo, la sua vita e il suo insegnamento ne costituiscono il paradigma e la norma. Queste due realtà devono andare insieme e devono interagire. Questo è il compito della contemplazione: lo sguardo compassionevole e amoroso che abbraccia al tempo stesso Dio rivelato in Cristo e noi stessi, fatti a immagine e somiglianza di Dio. Una simile contemplazione è l’unica via che conduce a far sì che la nostra decisione finale venga presa sotto la guida dello Spirito, unendoci più strettamente a Cristo e vivendo così la nostra vita in armonia con la volontà di Dio.
(...) Questo è l’orizzonte che ci attira. Per Ignazio, trovare Dio in tutte le cose non è il punto di partenza, ma il risultato di una vita spesa alla ricerca di Dio, una vita di misticismo quotidiano. Trovare Dio in tutte le cose non è il punto di partenza nemmeno per noi, ma il nostro obiettivo. Questa grazia richiede in noi molta purificazione, illuminazione e, quasi certamente, sofferenza, prima di divenire capaci di riceverla. Se affermiamo prematuramente di riuscire a trovare Dio in tutte le cose, è più probabile che non stiamo trovando Dio, ma noi stessi. O, in altre parole, troviamo un dio fatto a nostra immagine piuttosto che il Dio trascendente rivelato in Gesù Cristo. Questa esperienza allora è demoniaca, piuttosto che divina[18]. Di qui l’esigenza cruciale del discernimento.
(...)
L’interiorità, o misticismo quotidiano, non è una fuga dal nostro ambiente culturale e dagli aspetti dannosi dell’influsso che esso ha su di noi. L’interiorità non è solipsistica e nemmeno egocentrica. Al contrario, essa è il prerequisito per il nostro inserimento nel mondo delle relazioni, della cittadinanza attiva e della pastorale cristiana. Determina la qualità della nostra presenza nel mondo, la fecondità e l’efficacia dell’influsso che possiamo esercitarvi. Ricordiamo che il cardinale Martini parla dell’interiorità come dell’ambito del cuore, delle intenzioni profonde, delle decisioni che partono dal di dentro. Ha in mente le persone che attraversano una vita umana piena con tutte le sue fatiche e le sue sfide, ma la vivono nel profondo del proprio io, assumendosi la responsabilità delle proprie scelte, portando i valori del Vangelo nella società, facendosi guidare dallo Spirito che abita in loro.
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Il noto aforisma di Karl Rahner, secondo cui «il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà neppure cristiano»[22], giunge qui a proposito. Dovrebbero tenerlo presente non soltanto quanti cercano Dio, ma tutti coloro che si stanno impegnando per rinnovare la Chiesa e per migliorare il mondo".
p. Brian O'Leary, gesuita, articolo su "La Civiltà Cattolica" anno 2022
https://www.laciviltacattolica.it/articolo/mistica-quotidiana-e-cultura-contemporanea-ignazio-di-loyola/?fbclid=IwY2xjawEXFNlleHRuA2FlbQIxMQABHV2HejoBYoiJtyKKdYo2jOZfl2rLYE-OoR51_OIg_8g7j7oZzpMY_dBZhQ_aem_Dj6Ded3ySEfZBCZc_ST93w