Milano: quel Lezionario impredicabile


Caro direttore, vorrei segnalare il diffuso disagio del clero ambrosiano riguardo all'uso del nuovo Lezionario, da poco entrato in vigore e sul quale avevate dato notizia negli scorsi mesi (cf. Regno-att. 10,2008,310). Già il clero della diocesi era diviso sull'opportunità pastorale di differenziarsi in toto dal Lezionario romano (vedi Sacrosanctum concilium, n. 23, che dà le indicazioni sulle innovazioni «se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della Chiesa» e all'ultimo paragrafo recita: «Si evitino anche, per quanto possibile, notevoli differenze di riti tra regioni confinanti») in quanto non se ne sentiva la necessità pastorale (il Consiglio presbiterale ha approvato l'introduzione del nuovo Lezionario dopo tre controverse votazioni e con la maggioranza di 50% + 1 voto!). Avendone iniziato l'uso, le perplessità sono cresciute e non ho ancora sentito un parere positivo dai confratelli, neppure dai più «tradizionalisti». La ragione sta nel fatto che la connessione tra le prime due letture e il Vangelo è del tutto illogica. Neppure la pretesa e discussa scelta «tematica» in luogo della (parziale) lectio continua romana