Da House a Cettina se la fiction delira
Dopo il picco d'audience la qualità s'abbassa
di Alessandra Comazzi
MILANO - Se il dottor House parla coi morti, Cettina del Medico in famiglia, che doveva essere dispersa in mare, torna invece a casa da nonno Libero, ma con l'amnesia. In America hanno un termine tecnico per definire queste stravaganze: «jumping the shark», letteralmente, saltando lo squalo. Si usa per indicare il momento in cui una serie tv, dopo aver raggiunto il suo picco, abbassa il livello di qualità, facendo venir meno la verosimiglianza della storia. (...) Che poi le serie declinino veramente con il salto dello squalo, è ancora tutto da dimostrare. Può capitare che invece continuino, che si azzeri l'assurdo, e si ricominci con nuova linfa realistica. Oppure si va avanti così, con stranezze e successo, come continua a capitare, per esempio, in Beautiful. Certo è che in questo periodo stiamo assistendo, sia per i prodotti di importazione, sia per quelli italiani, a una radicalizzazione delle storie. I modelli continuano a riprodursi, ma in maniera sempre più schematica, estrema, irreale. Forse, al di là di Happy Days, non è da sottovalutare l'influenza dei reality show, con l'irrompere continuo sul piccolo schermo di una realtà esasperata e, alla fine, altrettanto irreale. Il paradosso è che proprio la fiction potrebbe raccontare la realtà meglio di un reality, e invece dilaga l'effetto Pretty Woman, cioè uno scenario realistico per una sostanza da favola: lo vediamo nei Cesaroni, nei Carabinieri, in Don Matteo.
Lo stesso fenomeno del Dr. House si può riscontrare negli altrettanto popolari racconti di Csi, Las Vegas, Miami e New York, dove tutto è estremo, impossibile. Le storie si complicano e gli attori, sempre meno convinti, devono sostenere una sceneggiatura non più rigorosa, e che anzi si concede sconcertanti strappi di improbabilità. (...)
«E così - aggiunge Ortoleva - per via di questa selezione darwiniana, quando le serie americane s'iniziano sono perfette, inattaccabili. Poi, una volta consolidato lo zoccolo duro del pubblico, gli sceneggiatori cominciano a sbizzarrirsi». In altre parole: se ne fregano della verosimiglianza. Saltano gli squali. Le puntate diventano collezioni di sketch, sempre più banali, e l'elemento narrativo si perde. Nella minore attenzione, si sviluppano alcune ossessioni tipicamente americane: una delle quali, fondamentale, è l'introduzione dell'elemento soprannaturale. Gregory House, e lo abbiamo visto di recente su Canale 5, non tiene più: come cantava Giorgio Gaber, «non tiene più l'elastico, di colpo fuori e dentro, lo schianto». Prima di autoricoverarsi, tristemente, in un ospedale psichiatrico mentre i suoi ex allievi ingrati Cameron e Chase si sposano, non trova di meglio che conversare a lungo con Amber, la fidanzata morta dell'amico Wilson.
Dopo il picco d'audience la qualità s'abbassa
di Alessandra Comazzi
MILANO - Se il dottor House parla coi morti, Cettina del Medico in famiglia, che doveva essere dispersa in mare, torna invece a casa da nonno Libero, ma con l'amnesia. In America hanno un termine tecnico per definire queste stravaganze: «jumping the shark», letteralmente, saltando lo squalo. Si usa per indicare il momento in cui una serie tv, dopo aver raggiunto il suo picco, abbassa il livello di qualità, facendo venir meno la verosimiglianza della storia. (...) Che poi le serie declinino veramente con il salto dello squalo, è ancora tutto da dimostrare. Può capitare che invece continuino, che si azzeri l'assurdo, e si ricominci con nuova linfa realistica. Oppure si va avanti così, con stranezze e successo, come continua a capitare, per esempio, in Beautiful. Certo è che in questo periodo stiamo assistendo, sia per i prodotti di importazione, sia per quelli italiani, a una radicalizzazione delle storie. I modelli continuano a riprodursi, ma in maniera sempre più schematica, estrema, irreale. Forse, al di là di Happy Days, non è da sottovalutare l'influenza dei reality show, con l'irrompere continuo sul piccolo schermo di una realtà esasperata e, alla fine, altrettanto irreale. Il paradosso è che proprio la fiction potrebbe raccontare la realtà meglio di un reality, e invece dilaga l'effetto Pretty Woman, cioè uno scenario realistico per una sostanza da favola: lo vediamo nei Cesaroni, nei Carabinieri, in Don Matteo.
Lo stesso fenomeno del Dr. House si può riscontrare negli altrettanto popolari racconti di Csi, Las Vegas, Miami e New York, dove tutto è estremo, impossibile. Le storie si complicano e gli attori, sempre meno convinti, devono sostenere una sceneggiatura non più rigorosa, e che anzi si concede sconcertanti strappi di improbabilità. (...)
«E così - aggiunge Ortoleva - per via di questa selezione darwiniana, quando le serie americane s'iniziano sono perfette, inattaccabili. Poi, una volta consolidato lo zoccolo duro del pubblico, gli sceneggiatori cominciano a sbizzarrirsi». In altre parole: se ne fregano della verosimiglianza. Saltano gli squali. Le puntate diventano collezioni di sketch, sempre più banali, e l'elemento narrativo si perde. Nella minore attenzione, si sviluppano alcune ossessioni tipicamente americane: una delle quali, fondamentale, è l'introduzione dell'elemento soprannaturale. Gregory House, e lo abbiamo visto di recente su Canale 5, non tiene più: come cantava Giorgio Gaber, «non tiene più l'elastico, di colpo fuori e dentro, lo schianto». Prima di autoricoverarsi, tristemente, in un ospedale psichiatrico mentre i suoi ex allievi ingrati Cameron e Chase si sposano, non trova di meglio che conversare a lungo con Amber, la fidanzata morta dell'amico Wilson.