La diocesi di Milano celebra oggi la festa della Sacra Famiglia. Come negli anni scorsi, anche oggi ho già sentito espressioni retoriche, formali, melense, sia riguardo la Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, sia riguardo le famiglie d'oggi. Uno dei paradigmi di astrattezza e di "mistificazione" è il prefazio ambrosiano:
"Nella casa di Nazaret regna l'amore coniugale intenso e casto; rifulge la docile obbedienza del Figlio di Dio alla vergine Madre e a Giuseppe, l'uomo giusto a lei sposo; e la concordia dei reciproci affetti accompagna la vicenda di giorni operosi e sereni".
Non assomiglia ad uno spot della "famiglia Mulino Bianco"?!
Poco prima lo stesso prefazio ci fa pregare:
"Il tuo unico Figlio, venendo ad assumere la nostra condizione di uomini, volle far parte di una famiglia".
Aggiungerei: una famiglia normale. Di persone profonde, sensibili, devote, di carattere. In questo sono nella fede di Israele. Fin qui ci è testimoniato dalla Sacra Scrittura.
Ma tutto il resto... perché dobbiamo inventarlo e indicarlo ad esempio ("modello sublime di vita familiare", dice l'orazione all'inizio della Messa) tratteggiandolo con delle espressioni che si avvicinano più alle fiabe che al vissuto delle famiglie di duemila anni fa e della nostra epoca?! Saranno stati in disaccordo anche Maria e Giuseppe? Ci saranno stati i giorni poco operosi e qualche difficoltà a tirare la fine del mese? Si saranno scoraggiati a dover scappare in Egitto? Avranno avuto male ai piedi, influenze, morti di persone care, disaccordi coi vicini? Qualche pagina della Torah e qualche atteggiamento del figlio saranno stati incomprensibili anche per loro? Avranno dovuto trovare un modo equilibrato (e a volte faticoso e "di compromesso") per vivere i gesti della loro intimità?
Altrimenti scatterebbe una dinamica che definirei perlomeno "poco rispettosa" dell'Incarnazione e della Redenzione: il Figlio, invece, assume tutta la realtà (anche con le sue ordinarie stanchezze e difficoltà), affinché tutta sia redenta.
Mi sembrerebbe anche poco rispettosa della vita ordinaria degli uomini e delle donne di ogni epoca (cristiani e non): le vie difficoltose e spesso deraglianti che posto hanno agli occhi di Dio, se Lui le avesse schivate?
E che dire del rispetto verso Maria e Giuseppe? Non avevano essi stessi bisogno di salvezza? Non desideravano anche loro una vita più bella, più felice, più amorevole?
Chiudo con una citazione di Evdokimov, che sembrerà forte e irriverente:
"Com'è sintomatica di uno stadio ancora pre-teologico del matrimonio la mancanza di un archetipo dell'essere coniugale! Rifarsi al matrimonio di s. Giuseppe e di Maria non è sufficiente a questo scopo" (P. Evdokimov, Sacramento dell'amore, 156).
Direi che non è che l'archetipo ci manchi: è che l'abbiamo interpretato e proposto in un modo decisamente parziale e culturalmente datato. E' tempo che le famiglie siano messe in grado di trovare nella Sacra Famiglia e nelle famiglie cristiane dei "sacramenti" incarnati e portatori di salvezza per le relazioni coniugali così come storicamente le incontriamo ogni giorno.
"Nella casa di Nazaret regna l'amore coniugale intenso e casto; rifulge la docile obbedienza del Figlio di Dio alla vergine Madre e a Giuseppe, l'uomo giusto a lei sposo; e la concordia dei reciproci affetti accompagna la vicenda di giorni operosi e sereni".
Non assomiglia ad uno spot della "famiglia Mulino Bianco"?!
Poco prima lo stesso prefazio ci fa pregare:
"Il tuo unico Figlio, venendo ad assumere la nostra condizione di uomini, volle far parte di una famiglia".
Aggiungerei: una famiglia normale. Di persone profonde, sensibili, devote, di carattere. In questo sono nella fede di Israele. Fin qui ci è testimoniato dalla Sacra Scrittura.
Ma tutto il resto... perché dobbiamo inventarlo e indicarlo ad esempio ("modello sublime di vita familiare", dice l'orazione all'inizio della Messa) tratteggiandolo con delle espressioni che si avvicinano più alle fiabe che al vissuto delle famiglie di duemila anni fa e della nostra epoca?! Saranno stati in disaccordo anche Maria e Giuseppe? Ci saranno stati i giorni poco operosi e qualche difficoltà a tirare la fine del mese? Si saranno scoraggiati a dover scappare in Egitto? Avranno avuto male ai piedi, influenze, morti di persone care, disaccordi coi vicini? Qualche pagina della Torah e qualche atteggiamento del figlio saranno stati incomprensibili anche per loro? Avranno dovuto trovare un modo equilibrato (e a volte faticoso e "di compromesso") per vivere i gesti della loro intimità?
Altrimenti scatterebbe una dinamica che definirei perlomeno "poco rispettosa" dell'Incarnazione e della Redenzione: il Figlio, invece, assume tutta la realtà (anche con le sue ordinarie stanchezze e difficoltà), affinché tutta sia redenta.
Mi sembrerebbe anche poco rispettosa della vita ordinaria degli uomini e delle donne di ogni epoca (cristiani e non): le vie difficoltose e spesso deraglianti che posto hanno agli occhi di Dio, se Lui le avesse schivate?
E che dire del rispetto verso Maria e Giuseppe? Non avevano essi stessi bisogno di salvezza? Non desideravano anche loro una vita più bella, più felice, più amorevole?
Chiudo con una citazione di Evdokimov, che sembrerà forte e irriverente:
"Com'è sintomatica di uno stadio ancora pre-teologico del matrimonio la mancanza di un archetipo dell'essere coniugale! Rifarsi al matrimonio di s. Giuseppe e di Maria non è sufficiente a questo scopo" (P. Evdokimov, Sacramento dell'amore, 156).
Direi che non è che l'archetipo ci manchi: è che l'abbiamo interpretato e proposto in un modo decisamente parziale e culturalmente datato. E' tempo che le famiglie siano messe in grado di trovare nella Sacra Famiglia e nelle famiglie cristiane dei "sacramenti" incarnati e portatori di salvezza per le relazioni coniugali così come storicamente le incontriamo ogni giorno.
don Chisciotte