Di corsa verso l'incontro
«Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino» (v. 1).
Possiamo immaginare il suo passo. È quello tipico di chi si reca al cimitero. Non si corre di certo quando si ha un appuntamento con la morte. Così come non si corre allorché si è intruppati in un corteo che segue una bara. Non si corre quando uno va a versare lacrime sulla tomba di Colui nel quale si erano investite tutte le proprie speranze, che si era amato più di tutto e di tutti.
L'andatura di Maria Maddalena verso il sepolcro è quella, pesante, faticosa, dolente, rassegnata, di una che si è vista strappare via l'amore, l'avvenire, e si porta addosso soltanto i ricordi e i rimpianti del passato.
Ma ecco che diventa all'improvviso testimone di un incidente. L'incidente più incredibile che si possa immaginare.
«... Vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro» (v. 1).
Ecco l'imprevisto, l'incidente inatteso. Quello che cambia tutto.
Se questa pietra, che sigilla una tomba, non sta al suo posto, più niente è al suo posto. Se non c'è ordine neppure in un cimitero, allora davvero ogni cosa è sconvolta. Se perfino i segni intoccabili della morte sono stati manomessi, non ci si ritrova più da nessuna parte.
Le cosiddette "pulizie di Pasqua" sono diventate una scadenza ineludibile. Anche per la nostra anima. Ma la Pasqua, così come viene descritta dal Vangelo, non è elemento di ordine, bensì di disordine. La Risurrezione del Signore è "perturbatrice" dell'ordine così come l'abbiamo stabilito noi. Ha ragione il mio amico A. Maillot: «La Pasqua è Anarchia».
La Pasqua getta lo scompiglio in tutto, confonde, sconvolge ogni cosa: gioia, tristezza, ragionevolezza, speranza, possibilità.
«Né la morte né la vita sono più quello che sono state finora. Nessuna persona è semplicemente quello che vediamo. E io stesso non sono più io» (A. Maillot).
Il mattino di Pasqua si realizza un capovolgimento generale, uno sconquasso, uno scombussolamento totale: abitudini, tradizioni, leggi, necessità, esigenze. Inutile vogliamo riprendere il controllo della situazione secondo i moduli collaudati. Dobbiamo accettare il disordine di Pasqua.
Se una pietra tombale non è più al suo posto, se nemmeno un cadavere sta più là dove era stato sistemato, se Maria di Magdala ha la sensazione di perdere due volte (da vivo e da morto) Colui che ama, allora l'unica maniera per essere ragionevoli è quella di perdere la testa.
La Maddalena perde la testa. In seguito all'incidente di cui è la prima testimone, si lancia in una corsa frenetica, che contagerà anche altri.
Sì, il mattino di Pasqua si va all'incontro con Gesù... di corsa. Maria di Magdala corre verso la casa dove stanno gli amici del Maestro.
«Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!"» (v. 2).
A loro volta, Pietro e Giovanni, informati dell'incidente, si mettono a correre in quella direzione.
Tutti corrono, si incrociano, fanno perfino un po' di confusione, come quando succede una disgrazia, cercano di rendersi utili in qualche modo. Ma qui una disgrazia irreparabile è toccata alla Morte, dopo essersi azzuffata con la Vita: «Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello...» (Sequenza del giorno di Pasqua).
Ed è successo qualche cosa di grave, di irreparabile, alla Morte. Proprio a lei, che sembrava padrona assoluta del campo, dominatrice incontrastata da sempre, abituata ad avere immancabilmente l'ultima parola.
In chiesa, come a un funerale
Amico lettore, per caso hai disimparato a correre?
Ti vergogni, adducendo come pretesto il fatto che non sei più un ragazzino, e che certe cose sono disdicevoli per un uomo posato?
Sei diventato anche tu saggio, prudente, controllato, come chi sa che non vale la pena affannarsi, che bisogna abituarsi alla morte?
Anche tu vai in chiesa col tuo passo abituale, tranquillo, un po' legnoso, disposto ad assistere a una calma liturgia, ad ascoltare un sermone rassicurante?
C'è gente che va a "fare Pasqua", o si reca abitualmente in chiesa, magari tutti i giorni, come si va a un funerale. Con una certa compostezza, compunzione, cercando di darsi un certo contegno, assumere una certa aria perbene, apparire cortese, garbata.
Non succede niente. Tutto in ordine, previsto, regolamentato. Nessuna sorpresa.
Lasciarsi portare via Dio
«Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto...» (v. 13).
Maria di Magdala deve accettare, prima di tutto, di perdere il suo Signore. Paradossalmente, per trovare veramente Dio, bisogna perderlo.
Amico, lasciati portare via il tuo Dio triste. Non contribuire anche tu a mettere in circolazione l'immagine di un Dio triste, di una Chiesa cupa e severa, di un cristiano mesto e annoiato.
Lascia che altri vadano a trovarlo, con passo lento e ritmato, al cimitero... Tu, come Maria di Magdala, apriti alla sorpresa di un Dio "irriconoscibile" rispetto a quello del passato.
La voce non tradisce
Ma sottolineiamo il momento e, soprattutto, il modo del "riconoscimento".
Maria di Magdala, allorché si affida al "vedere", si sente autorizzata a piangere - di fatto, accanto al sepolcro, ha gli occhi coi lucciconi -, perché avverte ciò che le è stato tolto.
«Hanno portato via il mio Signore...»
Lo ritrova al suono, inconfondibile, della voce:
- Maria!
- Rabbunì! (v. 16).
Gli occhi le hanno fatto velo, non le hanno consentito di riconoscerlo. La voce, però, non tradisce. Quel timbro, quel tono, il nome pronunciato come una carezza, fanno scoccare la scintilla del "riconoscimento".
Anche lei, come le pecore nel recinto, riconosce il Pastore, l'amico, quando lo sente pronunciare il proprio nome (Gv 10,3).
In un rapporto d'amore, non soltanto il volto, ma anche la voce ha una funzione rivelatrice.
È possibile parlare di "sacramento della voce".
La voce consente la manifestazione. Stabilisce il contatto. Rende possibile l'incontro. Celebra il possesso.
A una settimana dal Triduo Santo
- Dettagli
Alessandro Pronzato, Le donne che hanno incontrato Gesù, 149-153