L'egoismo fa male alla democrazia
di Nadia Urbinati
Anticipiamo parte del prologo del libro "Liberi e uguali" di Nadia Urbinati, in uscita in questi giorni da Laterza.
L'identificazione dell'individualismo con una visione della vita che si rispecchia nella massima «me ne frego» è quasi un luogo comune nel nostro paese. Ma si tratta di un'identificazione sbagliata benché straordinariamente popolare. L'individualismo è il fondamento politico e ideale della democrazia e non è identico né a egoismo antisociale né a indifferenza verso gli altri e la politica. Questo rende la distinzione tra forme di individualismo un esercizio tutt'altro che scolastico e inutile. Secondo i critici e gli storici del costume, la massima del «me ne frego» rifletterebbe la componente più longeva del nostro «carattere nazionale», quella che resiste ai mutamenti di regime e sopravvive inossidata alle più diverse stagioni politiche. L'individualismo che in questi anni recenti si è ripresentato con una prepotenza e una volgarità che non cessano di stupire è proprio di una società moderna che è strutturalmente individualista, fatta di cittadini che sottostanno a regole sociali e politiche basate sul principio delle eguali libertà e opportunità, che cioè condividono la cultura dei diritti. Questo individualismo possessivo e conformista, litigioso e docile, facilmente disposto a manipolare le norme e subire il dominio dispotico della logica consumistica, si interseca con l'immagine di una società priva di un centro di valori etici che fungano da forza di gravità, come il rispetto per gli altri, siano essi cittadini e non; l'eguaglianza di cittadinanza ma anche di umanità; la solidarietà come amicizia tra cittadini, ma anche come empatia tra esseri umani. Senza queste forze etiche a un tempo dell'individuo e del cittadino, la libertà individuale che i diritti civili garantiscono ed esaltano può trovarsi di fronte a due rischi: essere sentita come normalità dai molti, poiché avere diritti significa anche poter vivere il proprio quotidiano con una certa sicurezza e senza quasi accorgersi di essi; e diventare un privilegio di alcuni, così da essere erroneamente identificata con i particolari diritti goduti da chi è maggioranza su un territorio per voto, opinione o tradizione. Questa inversione di significato, che ha spesso effetti nella pratica quotidiana e perfino amministrativa, segnala un'incrinatura del legame tra eguaglianza e libertà. È lo specchio di una profonda trasformazione della cultura etica e dell'educazione dei sentimenti che ha facilitato una torsione dell'individualismo democratico in individualismo antisociale e tirannico, oppure apatico e indifferente verso i destini della comunità umana più larga, nazionale o universale. Studiare l'individualismo è importante per vedere e comprendere criticamente questo inquietante fenomeno di ridefinizione della libertà secondo la logica del possesso (individuale e/o collettivo), e di rilettura della democrazia in chiave di regime della maggioranza. La strada che propongo di seguire è quella suggerita dall'analisi sociopolitica di Alexis de Tocqueville nel suo libro-indagine La democrazia in America (1835-1840). Tocqueville proponeva di trattare l'individualismo come una categoria politica, non morale; come un «sentimento ragionato» di cittadini che vivono insieme secondo regole e principi democratici, e di individui che operano in un'economia di mercato secondo calcoli di interesse. Di qui occorre partire quando lo si voglia analizzare criticamente. Perché è importante procedere da questa premessa politica? Lo è per due ragioni tra loro legate: innanzitutto perché avendo chiaro il carattere dell'individualismo democratico è possibile sottoporre l'individualismo ad una analisi critica coerente; e in secondo luogo per impedire che la critica dell'ideologia individualista si traduca in soluzioni antindividualiste, esterne o contrarie all'ordine democratico. Ora, se ci soffermiamo sui fenomeni che più colpiscono la nostra immaginazione
di Nadia Urbinati
Anticipiamo parte del prologo del libro "Liberi e uguali" di Nadia Urbinati, in uscita in questi giorni da Laterza.
L'identificazione dell'individualismo con una visione della vita che si rispecchia nella massima «me ne frego» è quasi un luogo comune nel nostro paese. Ma si tratta di un'identificazione sbagliata benché straordinariamente popolare. L'individualismo è il fondamento politico e ideale della democrazia e non è identico né a egoismo antisociale né a indifferenza verso gli altri e la politica. Questo rende la distinzione tra forme di individualismo un esercizio tutt'altro che scolastico e inutile. Secondo i critici e gli storici del costume, la massima del «me ne frego» rifletterebbe la componente più longeva del nostro «carattere nazionale», quella che resiste ai mutamenti di regime e sopravvive inossidata alle più diverse stagioni politiche. L'individualismo che in questi anni recenti si è ripresentato con una prepotenza e una volgarità che non cessano di stupire è proprio di una società moderna che è strutturalmente individualista, fatta di cittadini che sottostanno a regole sociali e politiche basate sul principio delle eguali libertà e opportunità, che cioè condividono la cultura dei diritti. Questo individualismo possessivo e conformista, litigioso e docile, facilmente disposto a manipolare le norme e subire il dominio dispotico della logica consumistica, si interseca con l'immagine di una società priva di un centro di valori etici che fungano da forza di gravità, come il rispetto per gli altri, siano essi cittadini e non; l'eguaglianza di cittadinanza ma anche di umanità; la solidarietà come amicizia tra cittadini, ma anche come empatia tra esseri umani. Senza queste forze etiche a un tempo dell'individuo e del cittadino, la libertà individuale che i diritti civili garantiscono ed esaltano può trovarsi di fronte a due rischi: essere sentita come normalità dai molti, poiché avere diritti significa anche poter vivere il proprio quotidiano con una certa sicurezza e senza quasi accorgersi di essi; e diventare un privilegio di alcuni, così da essere erroneamente identificata con i particolari diritti goduti da chi è maggioranza su un territorio per voto, opinione o tradizione. Questa inversione di significato, che ha spesso effetti nella pratica quotidiana e perfino amministrativa, segnala un'incrinatura del legame tra eguaglianza e libertà. È lo specchio di una profonda trasformazione della cultura etica e dell'educazione dei sentimenti che ha facilitato una torsione dell'individualismo democratico in individualismo antisociale e tirannico, oppure apatico e indifferente verso i destini della comunità umana più larga, nazionale o universale. Studiare l'individualismo è importante per vedere e comprendere criticamente questo inquietante fenomeno di ridefinizione della libertà secondo la logica del possesso (individuale e/o collettivo), e di rilettura della democrazia in chiave di regime della maggioranza. La strada che propongo di seguire è quella suggerita dall'analisi sociopolitica di Alexis de Tocqueville nel suo libro-indagine La democrazia in America (1835-1840). Tocqueville proponeva di trattare l'individualismo come una categoria politica, non morale; come un «sentimento ragionato» di cittadini che vivono insieme secondo regole e principi democratici, e di individui che operano in un'economia di mercato secondo calcoli di interesse. Di qui occorre partire quando lo si voglia analizzare criticamente. Perché è importante procedere da questa premessa politica? Lo è per due ragioni tra loro legate: innanzitutto perché avendo chiaro il carattere dell'individualismo democratico è possibile sottoporre l'individualismo ad una analisi critica coerente; e in secondo luogo per impedire che la critica dell'ideologia individualista si traduca in soluzioni antindividualiste, esterne o contrarie all'ordine democratico. Ora, se ci soffermiamo sui fenomeni che più colpiscono la nostra immaginazione