Che fatica quel Messale

di Maria Teresa Pontara Pederiva

(...)[Se si tiene conto di come viene vissuta la celebrazione eucaristica negli USA] il contrasto con la Nuova Traduzione del Messale inglese, che dovrebbe "entrare" con la 1° domenica di Avvento, è totale. La vicenda del Nuovo Messale è esplosa da pochi mesi e sembra davvero costituire una sfida sulla "tenuta" delle comunità, già ampiamente provate dalla vicenda della pedofilia tra le file del clero, tanto che i giorni scorsi il cardinale di Boston ha deciso di pubblicare sul sito diocesano la lista di tutti i preti accusati, condannati e ridotti allo stato laicale. Per molti uno shock. Ma il Nuovo Messale ha una lunga storia. Occorre tornare all'Anno del Giubileo del 2000 quando papa Giovanni Paolo II diede il primo annuncio della Terza revisione della traduzione del Messale in lingua inglese. L'anno successivo la Congregazione per il culto emanava l'Istruzione Liturgiam Autenticam, contenente i principi base per le traduzioni. E' seguita la costituzione della Commissione ICEL composta da vescovi di lingua inglese e Vox Clara, dove lavoravano anche degli esperti. Logica voleva che fossero soprattutto le conferenze episcopali nazionali e le comunità locali a dire la loro, ma non è stato così. L'ultima versione approvata dai vescovi è stata ulteriormente modificata a Roma nell'autunno scorso, tanto che alcune conferenze episcopali non l'hanno neppure formalmente approvata. Ma passa così. La versione è in corso di stampa - ci sono già i prezzi dei volumi in prenotazione - e l'introduzione annunciata per il prossimo novembre. Le voci ufficiali parlano attraverso i siti web delle conferenze episcopali che hanno inserito materiali esplicativi quanto basta. Ma non basta, a quanto sembra. Le reazioni di questi mesi non si sono fatte attendere: i preti irlandesi hanno proclamato un boicottaggio, liturgisti di fama si sono dissociati dall'operazione, i giornali cattolici dei paesi di lingua inglese continuano ad ospitare commenti contrari accanto a rarissime voci favorevoli e "istituzionali", come il vescovo di Durban che si chiede sul Tablet "dov'è finita l'obbedienza in Europa?". Viene sempre più spesso ricordato come al rifiuto dei vescovi di area tedesca di procedere a nuove traduzioni, da Roma nessuno abbia insistito oltre. Ma sono due essenzialmente gli elementi di contestazione da parte di teologi religiosi e laici, preti e comunità. Il primo riguarda la questione della collegialità e l'autorità dei vescovi locali. Non occorrono citazioni dal Magistero per verificarne la veridicità e anche quel primato del vescovo di Roma acquisito più dalla storia che dal Vangelo. Così la contestazione riguarda quel processo che viene definito "imperfetto" attraverso cui si è giunti al nuovo testo, senza alcun coinvolgimento di vescovi e autorità locali, ma dall'alto. Il secondo riguarda il linguaggio utilizzato. E questo, purtroppo, deriva dai criteri stabiliti in precedenza, criteri diametralmente opposti a qualsiasi idea di traduzione com'è intesa oggi a livello linguistico internazionale. Il risultato è che nessuno finora riesce a dar spiegazione ai fedeli - in qualche parte, come in Scozia, ci sono delle "sperimentazioni" - dei cambiamenti. Perché l'unica spiegazione convincente è quella di una maggior fedeltà al testo latino della messa. (...) Come potranno accogliere questo linguaggio così diverso dal loro proprio quei giovani, inglesi, irlandesi, americani, australiani che a Madrid si sono sentiti chiamare in prima persona come parte integrante della Chiesa tanti adulti se lo chiedono, soprattutto preti e parroci che vivono a contatto con le comunità. E se lo chiede anche padre Kevin Kelly, teologo morale di nuovo dalle colonne dell'ultimo Tablet che dedica ancora un Editoriale al nuovo Messale. Kelly chiede ai vescovi maggior sincerità: non usare toni elogiativi - e istituzionali - in pubblico e poi esprimere dubbi e sconforto in privato. Le persone vanno trattate da adulte. Se non esiste altra spiegazione che una latinizzazione del linguaggio, diciamolo e basta. Ma la domanda andrà oltre. Perché il latino, se per tre secoli la messa veniva celebrata in greco? E se la prima costituzione conciliare, del 1963, è stata proprio sulla Sacra liturgia e parlava di lingue nazionali, perché utilizzare un linguaggio che diventa una caricatura? E non tiene conto della cultura e della vita reale della gente? O dobbiamo re-imparare cosa significa "celebrare"? La sfida ora sarà proprio su come verrà intesa l'"obbedienza" alla nuova messa e non ci resta che aspettare novembre.