Stili di vita in tempo di crisi
di Luca Rolandi
Essere cristiani è mettersi con coerenza alla sequela della Parola e in gioco rispetto a se stessi, facendo i conti con i "segni del mondo" che vive e si muove con noi. Ci è dato un tempo per vivere e testimoniare e questa è la nostra storia. Una vicenda individuale e collettiva che, come accade sempre nei periodi di passaggio d'epoca, per l'umanità in cammino, è piena di paradossi e situazioni che uniscono gioie e dolori, drammi e speranze. Vivere il cristianesimo al tempo della crisi per noi credenti del Nord ricco del mondo è una sfida. Se tutti siamo figli dello stesso Dio, perché chi sta meglio si affanna a parlare di borse, spread, miliardi, risparmi e pensioni e nel Corno d'Africa molti fratelli stentano a sopravvivere? Oppure come reagire e cercare delle soluzioni possibili per i fratelli immigrati che fuggono dai loro Paesi africani e asiatici per cercare di dare un futuro a una vita di stenti, rischiando sempre di perderla nel fondo del mare, attraccando nei porti del mediterraneo e in particolare nella nostra Sicilia? Dare risposte, oltre alla compassione e all'indignazione, è compito dei cristiani credenti. E allora come procedere per alleviare e combattere il disagio e l'emergenza, come unire la crisi delle nostre tasche e dei conti in banca sempre più miseri al grido di dolore di chi non ha nulla? Domande che meritano approfondimenti e piste di riflessione per giungere a quell'azione di carità che nel cristiano dovrebbe essere sempre il proseguimento del momento di preghiera. È il tema di sempre e che oggi ci tocca più di prima. E questi due estremi non possono essere scissi o peggio rimossi o negati, devono essere ri-uniti, ripensati alla luce del vangelo e della volontà di cambiare e camminare con l'uomo. La società del possesso produce fatalmente crisi - scriveva Claudio Risé, psicanalista e scrittore, in un fortunato saggio La crisi del dono. (...) Cambiare, dunque, lo stile di vita vuol dire con-dividere i beni, spogliarsi di ciò che è superfluo, dalle zavorre mentali e materiali a ciò che ci rende schiavi senza un perché, e ci vincola e spinge ad un insano egoismo. La crisi che colpisce indistintamente (lavoro, casa, servizi) aumenta la sindrome da accerchiamento, la paura del futuro. "Non abbiate paura", come non a caso hanno più volte ripetuto gli ultimi due Papi. La sete di possesso si nutre della cultura (assai diffusa anche in ambienti cattolici) che rileva il bisogno rispetto al dono, la penuria rispetto alle risorse, la paura rispetto alla fiducia, il malessere rispetto al piacere. (...)
Speriamo
- Dettagli