"Quando ci libereremo dal «complesso del convertire» (gli altri)? Di fare proselitismo a ogni costo? Quando smetteremo di imporre i nostri itinerari obbligati? Quando finiremo di giocare noi al Medico, al Maestro, al Salvatore, riconoscendo che uno solo è il Medico, il Maestro e il Salvatore, e noi siamo soltanto « servi inutili », e spesso ingombranti? Quando accetteremo, umilmente, di cercare insieme, di camminare insieme? Quando cesseremo di fare entrare Dio a forza in certe anime? E se fosse già entrato, silenziosamente, rispettosamente, magari per la porta di servizio, senza avvertirci, senza chiederci il permesso, senza lasciare nessuna orma visibile «fuori»?

Anche il «fare il bene» può condurre a combinare guai notevoli. Un certo tipo di fare del bene. Senza discrezione. Senza pudori. Con troppo orgoglio. Con una inconfondibile aria di superiorità. Al di fuori di un certo stile, di un certo modo insegnatoci dal Cristo.

Certa gente si illude di fare del bene a una determinata persona assediandola costantemente, asfissiandola senza misura con consigli esortazioni rimproveri minacce. Diventa una specie di persecuzione, che il più delle volte porta a risultati opposti a quelli sperati. Ognuno è custode del proprio fratello. Perfettamente d'accordo. Ma non deve essere il poliziotto del proprio fratello. Che ne spia ogni mossa, che ne studia tutti i movimenti, che ne interpreta (quasi sempre male) tutte le intenzioni.

Crediamo, poi, che per mettere sulla buona strada una persona, basti toglierle accuratamente tutte le occasioni di male, restringerle ostinatamente tutti gli spazi della libertà, tenerla continuamente sotto controllo. Dobbiamo essere testimoni, non poliziotti. Compagni di viaggio, non giudici. Amici, non spie.

Il prodigo cammina verso la Casa. Ogni tentativo di conversione può risultare una barriera. Il Padre ce l'ha già «dentro»".

Alessandro Pronzato, Vangeli scomodi, 297-298