Ci viene rivelato che questo Figlio è entrato nel mondo. Ma ciò in un senso inaudito. Non solo per via psicologica, nell'animo di una persona pia profonda­mente dotata; non solo in termini spiri­tuali, nei pensieri di una grande persona­lità; realmente, storicamente invece, così da produrre l'unità personale con un es­sere umano. Dio s'è fatto uomo, figlio di una madre umana, uno di noi - ed è rimasto ciò che Egli è eternamente, Figlio del Padre nel cielo. Egli, che come Dio era in tutto, ma sempre «dall'altro lato del confine», nell'eterno riserbo, è venuto al di qua del confine, ed è stato ora pres­so di noi, con noi.


     Di questo evento parla il Natale. Que­sto è il suo contenuto, questo soltanto. Tutto il resto - la gioia per i doni, l'affet­to della famiglia, il rinvigorirsi della luce, la guarigione dall'angustia della vita - ri­ceve di là il suo senso. Quando quella consapevolezza però svanisce, tutto scivo­la sul piano meramente umano, senti­mentale, anzi brutalmente affaristico.


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