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Ne hanno scritto tutti e sono state ben viste le diverse sfaccettature:
- il dovuto rispetto alla cultura ospitante;
- il valore comunicativo della bellezza, ponte fra le diversità;
- l'opportunismo politico e il piegarsi al potente e al ricco;
- lo scaricabarile delle responsabilità (giochetto caro a tante autorità);
- la mancanza di una visione diplomatica globale, capace di cogliere il valore di simboli e gesti.
Dichiaro la mia ingenuità: credo che - al di là e oltre quanto è stato fatto e l'intenzione reale con cui è stato fatto - questo gesto possa anche sorgere da un cuore gentile che tenta di mettere in pratica lo spirito con cui Gesù ha detto: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12).
A me farebbe piacere se - spontaneamente e senza secondi fini - una persona che mi ospita non mettesse in mostra oggetti, parole, gesti... che potessero turbarmi.
Altrettanto vorrei saper fare io, come ospitante e come ospitato.
Questo vorrebbe dire che sapremmo dare una giusta gerarchia a ciò che vale: in primis sempre le persone (tutte quelle coinvolte), poi le convinzioni e le usanze.
Intuisco che c'è una differenza tra lo stile personale e i risvolti politico-sociali-diplomatici;
ma rimango convinto che questo stile sarebbe il più profondo e convincente di cultura inclusiva, abbracciante, umanizzante.
don Chisciotte Mc