"Quando si cambia un prete" - 4
Nella oggettiva difficoltà di scegliere il titolo di questa serie di interventi, si è alla fine scelto l'espressione "si cambia un prete".
Ecco, dovrebbe cambiare un prete... non il volto di una comunità! E neppure la stretta cerchia degli impegnati!
Precisiamo: se è una comunità che ha bisogno di cambiamento (in base al discernimento di cui abbiamo parlato nei precedenti post di questa serie), occorrerà dichiarare che questo è l'obiettivo, condividerlo con tutti i soggetti coinvolti e porre le azioni (anche impegnative e dolorose) necessarie affinché venga raggiunto nei tempi e nei modi opportuni.
Ma se non è questo l'obiettivo, la comunità deve mantenere il suo volto, i suoi punti forti, le sue ricchezze (pur in una necessaria e mai conclusa dinamica); non deve subìre il trauma di un cambiamento imposto dallo stile originale di un ministro ordinato.
Come ci ha ricordato papa Francesco, la dimensione ecclesiale ha il primato su quella individuale, perché la comunione fraterna è il grembo entro cui nasce e si sviluppa la vita.
Il bene che fa bene a tutti - anche al ministro ordinato - è il popolo di Dio che procede il più possibile in termini sereni e progressivi, e non per sbalzi, sobbalzi, invenzioni del singolo, pur ordinato che sia.
E' semmai il ministro che si lascia plasmare dalla comunità (ovviamente negli aspetti virtuosi... che - chissà perché - emergono raramente nei racconti del neo-arrivato), è lui che cambia, che progredisce nel suo essere uomo, cristiano, ministro ordinato.
don Chisciotte Mc, 3.08.2020