"Quando si cambia un prete" - 8
Quando vi è l'avvicendamento di un parroco (per un vescovo, non so), la curia avvia una visita nella parrocchia allo scopo di verificare la situazione economica.
Non altrettanto avviene per la situazione pastorale al momento del passaggio di consegne.
Il Consiglio Pastorale resta il garante della continuità della cura di questa porzione del popolo di Dio, secondo l'indispensabile progetto pastorale. Ad esso può essere richiesta la verifica "dal basso" (per quanto odiosa sia questa espressione) del servizio reso (o non reso) dal ministro ordinato che lascia. Questa parola popolare si potrà affiancare ad una necessaria e limpida (manifestata) verifica "dall'alto" da richiedersi all'autorità gerarchica.
«Ne deriva la necessità di considerare il rapporto effettivo di un pastore con una comunità, come una delle condizioni essenziali che legittimano la sua posizione particolare nella chiesa. (...) Come la mancanza di comunione di un prete con il suo vescovo non invalida il sacramento, così la mancanza di comunione di un pastore con la sua comunità e la dissoluzione di fatto dei suoi rapporti pastorali non cancellano in lui il carattere ricevuto con l’imposizione delle mani. Però, come il primo titolo di legittimità condiziona la sua posizione nella chiesa, così anche il secondo la dovrebbe condizionare. Un pastore di chiesa non può essere imposto perennemente ad una comunità, anche se di fatto non vuole o non riesce a stare in essa come principio della sua comunione, semplicemente perché è stato validamente ordinato e perché di quel compito, che non attua, è stato legittimamente investito» (Severino Dianich, Teologia del ministero ordinato, 281).
Se la verifica evidenziasse gravi irregolarità dal punto di vista economico, il ministro ordinato dovrebbe essere chiamato a porre rimedio, prima di assumere un altro incarico; lo stesso dicasi se si evidenziassero gravi carenze dal punto di vista pastorale.
don Chisciotte Mc, 12.08.2020
2020_08_agosto
"Quando si cambia un prete" - 8
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