*Il sociale riscopra la spiritualità per tornare a cambiare il mondo*

Riccardo Bonacina intervista don Virginio Colmegna, 27.08.2020

Abbiamo una rivoluzione culturale da fare, dobbiamo recuperare il gusto di una politica radicata nell'etica e nel futuro. Ci sono due partite fondamentali su cui impegnarsi: salute ed educazione.

‘*Don Virginio Colmegna* da tempo sta meditando ogni mattina un paragrafo dell’enciclica di papa Francesco “Laudato si’” che quest’anno compie cinque anni. «È un’enciclica che ci offre anche un’invasione dei sentimenti oggi così corroborante perché il Covid rischia di farci inaridire. *Siamo tutti rannicchiati a difendere l’esistente senza capire che dobbiamo riaprirci, dobbiamo aprire le finestre della nostra anima, del nostro cuore e della nostra mente*. L’enciclica sin dalla prima pagina, se non siamo come zombie, ci fa sobbalzare con questa frase “La nostra casa comune è come una sorella con la quale condividiamo l’esistenza e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia”. Una frase che mi ripeto spesso». (…)

«È il fermento etico e spirituale che ci rende insopportabile l’ingiustizia e che ci mobilita per perseguirla. È questo fermento che ha dato vita anche alla grande innovazione del Terzo settore a metà anni Ottanta, non dimentichiamolo. Un Terzo settore che oggi rischia di schiacciarsi sulla gestione dei servizi, con tutta la tensione e pesantezza della sopravvivenza che ci spinge ad essere rete per resistere. Occorre invece *l’impeto della profezia che ha le sue radici, sempre, nella dimensione spirituale*. La radice spirituale è il presupposto non solo per una vita personale piena e una vita collettiva felice, ma anche per costruire anche una dinamica sociale e politica. È, mi pare un invito a finirla con la cultura dell’individualismo compiuto e con il paradigma tecnocratico. (…)

«Il valore della *gratuità sia elemento fondamentale capace di disegnare nuovi equilibri anche sociali*. Ora, il rischio è quello di essere spinti nell’angolo dei testimoni, testimoni di bontà; ci danno premi e pacche sulle spalle, dopo di che sembra che siamo incapaci di prendere in mano le istituzioni rigenerandole, per loro chiusura e nostre timidezze. Non possiamo neppure diventare gestori dell’emergenza. Il sociale, invece, deve sfidare la politica, con il suo sguardo sul futuro, con le sue utopie, con il senso del limite che la pratica sociale ti fa imparare. Ogni giorno

medito la “Laudato si’” e mi pare che tutta la tensione etica che nasce da quelle parole vada tradotta in *capacità di generare nuova politica e nuove istituzioni*; è triste vedere in questo periodo come tutto si rannicchia e si tende a diventare tutti indifferenti, pensiamo ai morti nel Mediterraneo. La nuova politica deve essere paziente, competente, sapiente come la carità. Bisogna far nascere una nuova classe dirigente. (…)

«Queste realtà hanno questa carica etica ed evangelica che va alimentata nella *contemplazione*, nella capacità di riflessione. Nella “Laudato si’” c’è questo invito che è *invito all’economia della bellezza*. È il criterio della bellezza che ci deve animare, solo così potremo cambiare il mondo. Bellezza dobbiamo proporre soprattutto ai giovani preda della preoccupazione per il futuro che logora e mangia la loro speranza. La pandemia che stiamo vivendo è in sostanza una domanda di senso. Sentire i talk show della sera annoiati, pesanti, volgari, fa capire come ci sia una *deprivazione di speranza* che uccide la vera politica, si mettono in scena solo misere occupazioni di spazio. (…)

«Abbiamo una *rivoluzione culturale da fare*, ma riusciremo a farla se riusciremo a custodire e coltivare i sentimenti più veri, e riusciremo a custodirli se saremo capaci di silenzio, di contemplazione. Ci vogliono dei *veri esercizi spirituali* perché occorre fare i conti con se stessi; l’interiorità non è intimismo è scoperta e difesa della vita. Niente ci è indifferente, ma non ne usciamo rispondendo a Musumeci, ne usciamo solo se avremo un pensiero e una visione diversa e capace di attrattiva. Dobbiamo recuperare il gusto della politica. (…)

«Bisogna che il territorio pulluli di *integrazione tra sociale e sanitario*, pulluli di iniziative che nascano dal basso, dalla pratica della cura. Tutti oggi dicono che manca la medicina territoriale, vero, ma innanzitutto manca che il territorio sia una comunità capace di prendersi cura. Per questo la più grande partita è quella dell’*educazione*. (…) La scienza ci dice che *i determinanti sociali sono decisivi per la salute*, ma i determinanti sociali non sono cose generiche o astratte, sono *i valoro della comunità locale*, i valori che una comunità decide di condividere. La comunità locale deve pullulare di fraternità, di accoglienza. Il sud è più vivo da questo punto di vista. Tutto questo movimento che c’è e che vediamo si disperde nella sola testimonianza oppure, scossi come siamo dall’emergenza, si muove nell’ottica del cambiamento e dell’innovazione? Queste sfide hanno bisogno di una soggettività nuova, anche politica.

Martini diceva che *la carità avvolge la giustizia*, per questo la comunità che accoglie è il pilastro del nuovo welfare e dell’innovazione. E, in un dialogo che non dimenticherò mai, mi fece questo invito: *“Fai parlare la gratuità”*, ovvero bisogna andare oltre il servizio per *abbracciare l’altro*, non solo il suo bisogno. (…)

http://www.vita.it/it/interview/2020/08/27/il-sociale-riscopra-la-spiritualita-per-tornare-a-cambiare-il-mondo/361/